martedì 7 agosto 2012

La democrazia non è un optional

La recente intervista di Mario Monti a Der Spiegel ha suscitato un vespaio in Germania, per una frase che, se interpretata letteralmente, ha l'inequivocabile significato di definire i Parlamenti nazionali, gli unici depositari della volontà popolare, d'ostacolo ad una maggiore integrazione Europea.
Ammesso e concesso che questa sia una necessità per l'Europa e per ciascuno degli Stati membri, il processo di integrazione è inevitabilmente soggetto ai tempi decisi dai singoli popoli e dunque dai loro Parlamenti democraticamente eletti.
Affermare che essi sono un fattore di disgregazione può solo essere interpretata come la posizione del tecnocrate illuminato, che vorrebbe che il suo pensiero, apoditticamente perfetto, fosse condiviso e sostenuto da tutti, senza tentennamenti e contraddittorio. Monti per una volta ha detto quello che pensa veramente e non vi è dubbio che fosse consapevole del significato. Non si tratta di una gaffe in un dibattito in diretta: il testo da pubblicare gli è stato di certo sottoposto per l'approvazione.
Dunque di questo si tratta: un altro che pensa di poter far meglio, un altro che ritiene la democrazia un sistema fallimentare, incapace di prendere le decisioni operative giuste nei tempi necessari al mondo sempre più veloce di oggi. Potrebbe avere ragione, se non esistesse nelle nostre democrazie, oltre all'apparato legislativo parlamentare, l'apparato esecutivo, responsabile di svolgere operativamente il mandato popolare ricevuto al momento dell'insediamento. Quello ricevuto da Monti e dalla sua squadra di governo è il salvataggio dell'Italia dal baratro della speculazione finanziaria: su questa strada, a distanza di 9 mesi, non si vedono ancora grossi risultati. Forse dunque il Professore sta cominciando a temere di non farcela e cerca l'alibi della lentezza e delle limitazioni della democrazia. L'idea di salvare le Nazioni contre il loro stesso volere non è originale ed ha generato sempre dittature finite male. La reazione furente  e generale delle forze politiche tedesche non deve quindi stupire; semmai dovrebbe stupire il silenzio dei nostri media e dei nostri evanescenti partiti politici.