lunedì 9 dicembre 2013

Renzi: ora i fatti, ché di altre parole gli Italiani non hanno bisogno

Il risultato delle primarie del PD sembra indicare senza alcun dubbio che il partito ha finalmente voltato pagina. Senza dimenticare che Renzi rappresenta la scelta di circa 1.7 milioni di elettori su una popolazione di oltre 60 milioni, la speranza, che questo partito trovi finalmente un'unità interna tale da fargli compiere le scelte coraggiose che fino ad oggi si è guardato bene dal proporre, è oggi più realistica. Purché il sindaco dalla parlata facile sia in grado di far seguire alle parole i fatti .
La grane da affrontare in ordine di priorità?
  • Riforma del sistema elettorale
  • Riforma istituzionale, con separazione di ruoli tra Camera e Senato e dimezzamento del numero dei Parlamentari e dei costi dell'istituzione, ruolo del Premier 
  • Riforma del sistema pensionistico (ancora, per raddrizzare le evidenti storture della riforma Fornero, senza riguardo per i così detti diritti acquisiti, un insulto al buon senso)
  • Riforma del sistema fiscale, con l'eliminazione delle moltissime zone grige che consentono evasione ed elusione 
  • Riforma del sistema giudiziario, civile prima che penale, per rendere il diritto un bene stabile e di incentivo a intraprendere
Si potrebbe proseguire, ma penso possa bastare. Senza pregiudiziali contro, ma cercando la collaborazione di chi ha intenti comuni, a prescindere dalla giacca ideologica vera o presunta che indossa.

venerdì 22 novembre 2013

Le soluzioni sbagliate

C'è bisogno di soldi, per la ripresa: è un mantra che sentiamo ripetere. Altri soldi all'ipertrofico bilancio dello Stato? La soluzione semmai è il contrario: eliminare il superfluo, come da qualche anno fanno le famiglie italiane, costrette a far bene i conti. Perché dunque la macchina dello Stato non fa altrettanto? Possibile che su un bilancio di circa 800 miliardi non se ne possano risparmiare 3-4? Possibile che non si riesca neppure a toccare gli iniqui privilegi che vedono un parlamentare che ha "lavorato" 5 anni percepire una pensione che equivale a 5 volte quanto "abbiamo" versato noi di contribuiti per lui, lasciandogli comunque uno stipendio superiore a quello di un qualsiasi pari-ruolo in Europa? Possibile che ancora oggi il nostro Parlamento continui a costare ai cittadini il doppio di quello Francese ed il triplo di quello Inglese?
Discutere di rilancio dell'economia e della mancanza di soldi per incentivarlo sembra sempre più una beffa crudele.

Fonte: http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Focus/IBL_Focus_186_Rocca.pdf

giovedì 26 settembre 2013

Quo usque tandem

Pur comprendendo l'amarezza personale di Berlusconi, che si vede franare sotto i piedi tutti i traguardi raggiunti con mezzi non sempre limpidi, non capisco i parlamentari del PDL, che minacciano dimissioni in massa, se verrà confermata in Parlamento la decadenza del leader, cosa che in un Paese normale sarebbe automatica, al momento della condanna definitiva. In Italia tuttavia nulla è molto normale, tanto meno la giustizia, che, interpretata con pregiudiziali politiche, dà adito a chi se lo può permettere, di non sottostare al suo giudizio, ma anzi rilanciare, aprendo una crisi istituzionale dopo l'altra. Fino a quando dunque, o nostrani Catilina, abuserete della nostra pazienza? Volete davvero che la gente scenda in piazza e vi spazzi via dalla scena, come se l'Italia fosse una dittatura mediorientale? Mentre l'economia rimane stagnante e le buone idee per uscire dalla crisi restano chiuse nei cassetti, per mancanza di risorse, ci si indigna perché le nostre aziende vengono comprate da capitali stranieri, senza chiedersi perché non siamo capaci di tenercele. Fare intrapresa oggi in Italia è puro masochismo, ma per scelta o per mancanza di alternative, molti sono ancora disposti a farlo, se politica e banche gli ne danno l'opportunità. L'alternativa è il caos e la legge della giungla.

lunedì 9 settembre 2013

Perché la storia non insegna

Di nuovo, si prospetta un intervento armato, che nelle intenzioni di chi lo vuole ad ogni costo, dovrebbe porre rimedio alla situazione drammatica in Siria. Come se le vicende in Iraq, Afganistan, Libia ed Egitto, per citare solo gli esempi più recenti, non fossero mai accadute e non avessero inequivocabilmente dimostrato che la forza delle armi, per quanto sofisticate, nulla può contro la determinazione della gente, sia a farsi male che a resistere all'oppressione. Senza entrare nel dettaglio del travaglio attraverso cui sta passando il mondo Islamico, travaglio che dovrebbe in ogni caso avere l'effetto di separare la religione (l'Islam) dalle conseguenze politiche e sociali della sua espressione temporale attuale, che alcuni (fondamentalisti) vorrebbero discendere come conseguenza dall'insegnamento del Profeta, giova considerare che l'apparente idealismo degli interventisti occidentali e medio-orientali può nascondere interessi meno confessabili, tanto più che situazioni di repressione altrettanto drammatiche in altre parti del mondo vengono ignorate sia dai media che da questi stessi paladini della democrazia.
La delusione rappresentata dal primo presidente USA nero è ancor più acuita dal fatto che gli sia stato attribuito il Nobel per la pace sulla fiducia che la sua politica estera fosse finalmente orientata al raggiungimento di una stabilità globale, con la diplomazia e con il dialogo. Purtroppo, gli intenti suoi e dei tanti che hanno creduto in lui si sono persi  per strada, sacrificati alla logica degli interessi commerciali e strategici. La voce di Papa Francesco, anche per chi non crede, è l'unica ragionevole speranza per salvare il mondo da uno scenario che potrebbe assumere tinte molto più drammatiche di quanto ci vanno spiegando gli esperti di guerra lampo tecnologica.
Anche solo basandosi sulla fisica, non è possibile che la distruzione possa arricchire l'umanità, ma solo un piccola parte di privilegiati e cinici, mentre per tutti gli altri c'è impoverimento. Lo sa anche uno studente delle superiori.
Meglio quindi leggere dietro le righe dell'indignazione di coloro che gridano allo scandalo dell'uso di armi di distruzione di massa, per giustificare l'uso di mezzi altrettanto distruttivi, se non nelle intenzioni, nelle reali conseguenze. Per non parlare dell'incognita di quel che succede dopo aver distrutto un regime (Iraq, Libia ed Egitto docent).

martedì 27 agosto 2013

Ideali (proclamati) e Tattiche (spicciole)

L'improvviso desiderio di Grillo di andare ad elezioni con l'attuale sistema elettorale, definito fino a ieri una porcata, trova una sua logica nella constatazione che molto difficilmente si potrebbe di nuovo concretizzare un'alleanza sia a destra che a sinistra in grado di scippare al suo movimento la palma di primo partito e nella conseguente convinzione di poter arraffare dunque il sostanzioso premio di maggioranza previsto dal meccanismo alla Camera. Sono calcoli tattici che da un lato danno ragione del fatto che Grillo ed i suoi strateghi non sono affatto diversi dai politici di professione, privilegiando un ipotetico vantaggio per la propria parte, anche a scapito di ciò che è utile per il Paese. Dall'altro, ritengo che l'ex-comico non abbia valutato a fondo l'effetto della sua caparbietà nel non voler partecipare alla politica attiva in Parlamento. Una parte consistente dei suoi eletti e dei suoi elettori potrebbe non sostenerlo la prossima volta, facendo naufragare nelle urne i suoi sogni di gloria. E' già successo a molti altri, più furbi e navigati di lui.

venerdì 9 agosto 2013

Tattiche da autolesionismo

Dopo alcuni giorni dalla sentenza di cassazione che ha convalidato la condanna di Berlusconi per frode fiscale, appaiono più chiare le posizioni dei partiti e delle correnti al loro interno, posizioni accomunate dal completo disinteresse per il bene della gente e del paese e dal tatticismo per guadagnare posizioni migliori in vista di una probabile nuovo ricorso alle urne.
Il PDL, dopo lo shock della condanna, vuole andare quanto prima alle elezioni, ma, per non essere tacciato di irresponsabilità, tirerà la corda fino al limite di rottura, nel tentativo di provocare la reazione inconsulta del PD o del governo, per una fine dell'attuale esperienza di Letta. Ogni argomento può essere funzionale al raggiungimento di questo obiettivo, purché non vi sia il tempo per varare una riforma del sistema elettorale e l'esito di nuove consultazioni sia quindi ancora una volta aperto a tutte le soluzioni, compresa una vittoria del centro-destra, con Berlusconi nel ruolo di martire, messo sulla graticola dai magistrati di sinistra e un PD allo sbando, lacerato da personaggi che di smisurato hanno solo l'ego, mentre latitano idee e soprattutto ideali. Lega e partiti di destra saranno pronti ad allearsi di nuovo con gli azzurri, dimenticando improvvisamente i motivi per i quali ora sono all'opposizione.
Grillo non vuole nuove elezioni, perché, con la politica cinica e miope da lui imposta e con la scadente performance dei suoi in parlamento perderebbe almeno la metà dei consensi. Il centro, allo stesso modo non vuole una nuova consultazione, in cui rischierebbe di sparire del tutto.
Napolitano, stanco e sfiduciato, potrebbe a sua volta gettare la spugna, aprendo di fatto una crisi istituzionale senza precedenti. 
Un quadro a tinte fosche, ma non troppo lontano dalla realtà.
Tutto questo, mentre l'apparato statale e le rendite di posizione continuano senza alcuna vergogna ad alimentare l'ingiustizia sociale ed i paradossi di un paese, in cui non vi è molto di normale, e che sopravvive solo grazie alla gente per bene, che, nonostante tutto, ancora crede nella giustizia, nell'equità e nel valore di aiutare gli altri.

venerdì 2 agosto 2013

E ora?

La conferma della legittimità della condanna di Berlusconi per frode fiscale apre uno scenario di ulteriore rischio per il Paese, che non ne avrebbe certo bisogno. Tutti si affannano a dire che bisogna tenere separate le vicende personali del leader PDL da quelle del partito e del governo che sostiene. Facile a dirsi, ma molti degli alleati PD non vorrebbero avere niente a che fare con coloro che considerano servi di Berlusconi e dei suoi interessi. Purtroppo, costoro non hanno mai capito che dietro l'inspiegabile (per loro) successo del Cavaliere non c'è stato solo il tornaconto personale. Milioni di persone hanno visto nel modello decisionista e propositivo di Berlusconi l'unica possibilità di far uscire l'Italia dalle paludi della burocrazia e del diritto negato, dalle pastoie che ad ogni passo il comune cittadino e l'imprenditore si trova a dover sciogliere, per sopravvivere. Gli si è imputato ed è stato condannato per un reato per il quale quasi l'intera classe imprenditoriale di questo Paese potrebbe e dovrebbe subire la stessa sorte. Ipocrisia dunque nel ritenere Berlusconi ed il suo gruppo il Male assoluto, ipocrisia nel ritenersi onesti da parte dei tanti imprenditori che hanno invece visto nel PD il treno da prendere per farsi gli affari loro. A giudicare dai risultati, la loro è stata una scelta più oculata, fatta con il cervello, ma non ci si venga a raccontare che è morto con Berlusconi condannato il malcostume e lo sfruttamento delle pieghe di una legislazione fatta apposta per i malfattori ed i loro legulei.
Il rischio più grande che ora corre il nostro Paese è che si ritenga compiuta la missione di moralizzazione della politica, lasciando che tutto resti come e peggio di prima.

sabato 27 luglio 2013

Bell'esempio di solidarietà...

La Corte Costituzionale ha di recente annullato alcuni significativi provvedimenti di emergenza, presi da governi precedenti, con la motivazione che sarebbero contrari al dettato costituzionale. Dal punto di vista formale, niente da eccepire, dal punto di vista sostanziale, qualche amara considerazione.
La prevista abolizione delle province minori, un compromesso faticosamente raggiunto tra interessi generali e locali, è stata giudicata incostituzionale, perché le province sono citate in Costituzione, quindi intoccabili senza una sua revisione, come se essa fosse, anziché una carta al servizio della Nazione, un dettato della divinità, che non può essere messo in dubbio.
La tassazione straordinaria delle pensioni oltre la soglia di 90000 €/anno, come contributo di solidarietà verso i moltissimi che hanno invece visto le loro misere pensioni perdere potere d'acquisto e persino l'adeguamento all'inflazione, è stata giudicata anch'essa incostituzionale, senza alcuna considerazione verso la giustizia intrinseca di pagare simili pensioni, mentre a centinaia di migliaia di lavoratori è stato detto dall'oggi al domani che avranno diritto al loro modesto assegno anche oltre 4 anni dopo la data prevista, questo motivato dalla necessità di far tornare i conti. E' certo più facile e redditizio far pagare a molti, anziché toccare i privilegi di pochi, ma in questo caso, la motivazione della sentenza sembra tanto assurda, da poter tranquillamente essere considerata una beffa che segue al danno.
Come si possa affermare che la carta costituzionale impone la proporzionalità tra reddito e contribuzione, e per ciò stesso un eventuale contributo di solidarietà non può riguardare che l'intera platea dei contribuenti, come se vi fosse stata e vi fosse giustizia nella distribuzione del reddito in questo Paese, è talmente ridicolo che non suscita neppure sdegno. La verità cruda e squallida è che anche gli emeriti componenti dell'Alta Corte fanno parte della nutrita schiera di coloro che hanno da decenni approfittato della loro posizione di privilegio per garantirsi una rendita a vita, a spese di tutti coloro che hanno lavorato e lavorano duramente per pagare stipendi e pensioni abnormi, secondo i canoni della decenza e dell'uso comune nei Paesi a noi assimilabili. Si tratta dunque dell'ennesima beffa ai danni del Paese, ammantata di ineccepibile correttezza formale.
Neppure uno dei privilegiati a cui l'INPS dovrà restituire il "maltolto" si è finora vergognato. Forse sarebbe il caso che i media stanassero e pubblicassero i nomi: chissà che la gogna mediatica riesca laddove a nulla è servito il buon senso e la creanza.

mercoledì 10 luglio 2013

Che tristezza...

Mentre l'associazione di cui faccio parte festeggia il 25° di attività, scopriamo che i dirigenti ANPAS Lombardia, cui aderisce anche la nostra Associazione, sarebbero dei ladri. Mi auguro che essi siano in grado di rispondere delle accuse, ma resta il danno di immagine verso tutti quanti, in silenzio e senza nulla chiedere, prestano quotidianamente il proprio tempo e professionalità, in aiuto ai più deboli, ai bisognosi, a quelli che si trovano in condizioni di emergenza. Stiamo attraversando, come Paese, una difficile fase di transizione, che sperabilmente porterà sempre più Italiani a (ri)scoprire alcuni valori fondamentali, sepolti dalla sfrenata corsa all'affermazione individuale. Il volontariato e la solidarietà sono due di questi valori, che decine di migliaia di persone di ogni ceto, professione ed orientamento politico hanno fatto propri e vivono quotidianamente. Non facciamo loro mancare il nostro sostegno, perché, come sempre, un albero che cade fa più rumore di un'intera foresta che cresce.

lunedì 24 giugno 2013

L'Italia che ce la fa

Sono reduce da una straordinaria esperienza di Volontariato applica all'assistenza sanitaria di emergenza, il Torneo Sanitario dei 3 confini di Borgo val di Taro e Albareto. Grazie, amici, per lo splendido esempio di solidarietà, competenza, allegria e sensibilità. Esempi come il vostro forse non fanno scalpore sui media, alla ricerca del sordido, del cattivo e del glamour, ma per coloro che li vivono sono occasione impagabile di miglioramento. L'Italia è grande anche per questo, per la capacità dei suoi cittadini di operare sul territorio e nella comunità, regalando il proprio tempo a chi ne ha bisogno e aggregando il tessuto sociale anche e soprattutto in momenti difficili come gli attuali. Per questo, dico che l'Italia ce la farà, perché ci sono tanti come gli amici della Pubblica che lavorano in silenzio in tutto il Paese e non mollano, né si aspettano di essere gratificati o lodati.
Bravi!!

Se volete guardare foto e video:http://www.torneosanitariodei3confini.it/auto-nel-torrente---soccorso-alpino.html

giovedì 20 giugno 2013

Ridurre, non incentivare i consumi: una necessità, non un optional

Gli anni delle proverbiali vacche magre sono ormai con noi da qualche tempo e non se ne vede la fine. Questi ciclici periodi depressivi offrono l'opportunità di cambiare anche in modo radicale alcuni stili di vita che non sono più sostenibili. Sarebbe saggio fare questi cambiamenti quando le cose vanno bene e si dispone di scorte adeguate, ma si sa che l'umanità è molto più cicala che formica e dunque deve essere costretta dalle circostanze a scelte virtuose. Da più parti si segnala la "tragedia" del probabile prossimo aumento di un punto percentuale di IVA, come se si trattasse di un fattore contrario allo sviluppo di una società più giusta. E' vero il contrario: lo spostamento graduale della tassazione dai redditi ai consumi è un fattore che oggettivamente facilita la redistribuzione e la diffusione del benessere, proporzionando il prelievo al consumo, non ai beni posseduti, che hanno già subito un'adeguata tassazione all'atto della loro creazione. Si potrebbe obiettare che in questo modo si colpiscono allo stesso modo poveri e ricchi, ma si possono individuare consumi essenziali da assoggettare ad una tassazione di garanzia o del tutto esenti (come per altro già si fa non solo in Italia). Tutto ciò che è voluttuario andrebbe tassato di più, per compensare le minori entrate fiscali. I commercianti strillino pure, ma il nostro Paese non si può permettere di continuare a vivere sopra i suoi mezzi, chiedendo soldi in prestito ad altri, tranne poi rendersi conto che siamo nelle mani dei nostri creditori, che possono imporci tassi da usura.
Quel che dobbiamo fare è individuare quali siano per noi e per le nostre future generazioni i beni essenziali, le merci ed i valori che determinano la qualità della nostra vita, che non sono certo l'ultimo modello di cellulare o l'abbonamento ad una tv a pagamento.
Farlo ora, quando, per necessità, i consumi si sono già ridotti e la maggior parte di noi controlla con attenzione come e dove spendere, può essere un'occasione irripetibile, con buona pace di chi continua a sostenere, senza il minimo fondamento e buon senso, che bisogna incentivare il consumo.

mercoledì 29 maggio 2013

Ha vinto la gente

Il cittadino comune, sia quello che si è recato alle urne per garantire al proprio Comune un'amministrazione decente, sia quello che ha deciso di averne abbastanza o di ritenere il proprio voto insignificante, manda un messaggio inequivocabile alla politica ed ai suoi sacerdoti vecchi e nuovi: decidetevi ad agire, perché non ci sarà una prossima volta, perché una consultazione democratica ha bisogno di vedere la partecipazione di tutti, per garantire che il risultato sia in favore di tutti, del Paese, non di una sua parte. Spero che l'abbia capito Grillo, anche se dalla sua prima scomposta reazione non sembra. L'idea di commiserare gli Italiani che  non hanno votato per il suo movimento è tanto grottesca quanto allarmante e dà ragione a chi aveva continuato a diffidare di un progetto politico vago e gestito senza trasparenza. Grillo è stato punito per aver cpmmesso un grave errore tattico, secondo il quale, senza i parlamentari eletti per il M5S, nessun governo sarebbe stato possibile e si sarebbe dunque dovuti tornare alle urne, senza poter toccare alcuna riforma importante, con una concreta probabilità di conquistare la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta in parlamento. Un calcolo cinico, prima ancora che sbagliato, fatto in spregio al suo significato tragico per il Paese. Molti, che hanno votato per il movimento alle politiche, pur sulla promessa vaga di cambiamento, non gli hanno perdonato di aver nei mesi successivi costretto gli eletti del M5S all'aventino parlamentare, né hanno loro perdonato la scarsa qualità e preparazione.
Spero che questo apra la strada ad un cammino, finora solo annunciato, di profonda revisione della carta costituzionale: potrebbe essere l'ultimo avviso ai naviganti.

martedì 14 maggio 2013

Il senso di Grillo per lo Stato

Leggendo ed ascoltando le recenti dichiarazioni di Grillo a proposito di quel che succederà entro la fine dell'anno, non si può che concludere che il leader del M5S è tutt'altro che l'asserito salvatore della patria. La minaccia palese di guerra civile, in caso di non vittoria alle prossime consultazioni è una vera e propria apologia di reato ed una palese istigazione, mentre gli inevitabili e prevedibili problemi interni al Movimento rischiano di logorarne il monolitismo di facciata. Grillo ha raccolto attorno a sé mille ragioni diverse per dire basta al sistema della corruzione di cui i partiti sono parte integrante, ragioni tutte legittime e condivisibili da chi ha visto per decenni sfumare ogni speranza che l'Italia diventi un Paese civile nel campo della giustizia sociale, dell'economia, del diritto. Molti hanno visto in Grillo l'ultima speranza di cambiamento non violento, ma la storia nazionale insegna che la violenza verbale suscita sempre manifestazioni di violenza reale e che l'uso spregiudicato delle piazze sfugge spesso di mano, con conseguenze tristemente prevedibili, ma raramente preventivate.
I Parlamentari eletti del M5S sono lo specchio imperfetto di queste diverse istanze, perché la scelta dei candidati non è certo avvenuta in modo trasparente e democratico. A loro, unici depositari del voto di 9 milioni di Italiani, è affidato il compito di impedire che il disegno disfattista del loro leader porti il Paese alla guerra civile, evocata da quel che è successo a Brescia.
Essi hanno il dovere di rappresentare gli elettori che li hanno mandati a Roma, senza obbedire ciecamente alle direttive del capo, ma esclusivamente allo loro coscienza civile, senza timore delle rappresaglie e del linciaggio mediatico, con la consapevolezza della coerenza tra ciò che si pensa, si dice e si fa.
A loro, ed ai Parlamentari eletti negli altri schieramenti, gli Italiani chiedono di porre seriamente mano alle modifiche costituzionali indispensabili a rendere possibile una piena democrazia.
Non abbiano timore di farlo, anche contro i piani strategici di Grillo/Casaleggio, perché il bene del Paese deve venire prima del bene del Movimento: che differenza ci sarebbe altrimenti?

mercoledì 8 maggio 2013

Fatalità o colpevole negligenza?

Mi chiedo che stia succedendo alle gloriose tradizioni marinare italiane. Dopo la tragedia del Giglio, un'altra in porto a Genova, che sembra frutto di incredibili errori umani, o, nella migliore delle ipotesi, di concomitanza di guasto e decisioni sbagliate. Forse sarebbe il caso di rivedere la selezione e la formazione del personale con responsabilità tanto grandi. Forse tagliare sulla manutenzione per risparmiare non è una buona idea. Forse la mancanza di motivazioni e di etica del lavoro porta a sottovalutare possibili, pur se improbabili, conseguenze catastrofiche dell'impreparazione e dell'ignavia a tutti i livelli. Incidenti capitano dappertutto, ma quando la loro frequenza è così alta, diventa sospetta e deve indurre a riflettere.

sabato 27 aprile 2013

Un augurio al Paese

Anziché augurare buon lavoro all'esecutivo che spero inizierà a giorni, voglio augurare all'Italia un futuro di fiducia ristabilita, perché da essa dipende il benessere della nostra gente. La qualità della vita è per sua natura soggettiva ed è la percezione che ognuno di noi ha della propria che ne determina l'entità. Mi sembra dunque che sia ora, anche da parte delle numerose cassandre mediatiche nazionali, di evidenziare i nostri punti di forza, non solo e sempre i difetti e le brutture. Ciò non significa nascondere la verità, anzi proprio il contrario, significa porre il buono ed il cattivo nel corretto equilibrio.

martedì 16 aprile 2013

Homo homini lupus

Siamo tanto assuefatti alle stragi quotidiane nei tradizionali teatri di guerra dichiarata e di fatto, da dedicare loro solo una breve e superficiale attenzione. L'attentato di ieri a Boston, durante un evento sportivo così significativo, ha certamente attirato maggiore attenzione, ma soprattutto, per quanto mi riguarda, conferma che l'odio verso il simile non è stato eliminato da millenni di civiltà, anzi il benessere raggiunto da una parte consistente di umanità è causa diretta di odio da parte di chi non gode delle stesse condizioni di privilegio. C'è purtroppo da dubitare che lo si possa eliminare in futuro, se i mezzi per fronteggiarlo sono spesso gli stessi di chi lo diffonde. Sembra una strada senza uscita, fatta di una serie infinita di attacchi e risposte di violenza, in una spirale che potrebbe essere spezzata solo con il completo annientamento di uno dei contendenti.
Cominciare a considerare tutte le vite preziose allo stesso modo ed operare per una maggiore eguaglianza potrebbe essere il primo passo per interrompere questa spirale perversa, che non fa onore al genere umano. Lo diceva già 2000 anni fa Gesù, ma anche il suo messaggio non è bastato. Forse dove non è riuscita la fede, potrebbe riuscire la necessità di sopravvivere come specie, che possiamo garantire solo con la collaborazione. Non ci restano altre alternative né molto tempo per farlo.

sabato 6 aprile 2013

Quando la disperazione uccide

La tragedia che si è consumata a Civitanova Marche è purtroppo l'ennesima provocata dalla disperazione e dalla mancanza di prospettive e fiducia nel futuro. Persone che hanno lavorato duramente tutta la vita, che pensavano di aver finalmente raggiunto il meritato riposo, sono state buttate senza alcun riguardo in un limbo nel quale non è loro permesso di continuare a lavorare, pur essendone ancora capaci, né percepire come pensione i mezzi per il proprio sostentamento. Questo pasticcio nasce innanzi tutto dalla scarsa conoscenza del mondo del lavoro, o meglio dalla sua conoscenza limitata al mondo delle grandi imprese strutturate e dei sindacati, dimenticando tutti gli altri, piccoli artigiani, loro dipendenti, professionisti per necessità, precari del lavoro. A tutti questi, privi di qualsiasi tutela, viene in sostanza detto: arrangiatevi. Se hanno avuto la lungimiranza e la fortuna di mettere da parte un po' di risparmi, se ne stanno buoni e lesinano sul quotidiano, ma anche per loro il futuro sembra sempre più incerto. Quelli invece che non hanno avuto altrettanta fortuna o capacità hanno solo due alternative: togliersi di mezzo o ribellarsi. In entrambi i casi, la società se ne deve vergognare e coloro che ancora oggi continuano a brigare e cavillare a Roma sono i diretti responsabili di queste tragedie, anche se ipocritamente vanno ai funerali.

mercoledì 3 aprile 2013

Energie pulite sporcate dalla mafia

Le notizie di stampa, circa il coinvolgimento di prestanome della mafia nei lucrosi affari dei parchi eolici e fotovoltaici nel sud Italia, non mi stupiscono affatto. L'avevo immaginato anni fa, di fronte alla proliferazione, senza una vera motivazione tecnica, delle installazioni eoliche e valutando l'eccessiva redditività dei parchi fotovoltaici speculativi, il cui profitto, con i livelli di incentivo dei primi conti energia, è assai elevato, oltre che un'ottima occasione di investimento per i proventi illeciti. Stiamo di fatto in parte finanziando con le nostre bollette energetiche alcuni mafiosi, che si stanno riciclando in affari solo apparentemente leciti.
Si poteva immaginare? Certamente. Si poteva impedire? Certamente. Perché non è stato fatto? Bella domanda. Ritengo che i primi conti energia fossero nelle intenzioni un'ottima scelta per incentivare il passaggio rapido alle energie pulite, ma, come spesso accade nel nostro Paese, non si è voluto evitare che qualche furbo ne approfittasse, non solo i mafiosi conclamati e noti, ma anche molti stimati imprenditori, che ci hanno visto un'occasione di business e, disponendo di capitali adeguati, si sono garantiti una loro ottima remunerazione per vent'anni. A meno che non si decida che gli incentivi per impianti speculativi, oltre un limite  di potenza installata ritenuto congruo, siano eccessivi. Qualcuno potrebbe obiettare che comunque l'effetto positivo degli incentivi c'è stato ed ora il fotovoltaico può quasi camminare sulle proprie gambe, ma ciò non toglie che facciano tristezza tanti buoni campi coperti dai pannelli, mentre potrebbero essere coperti da serre in cui produrre energia e cibo. Un'altra occasione sprecata per miopia o connivenza.

mercoledì 27 marzo 2013

Che aspettate?

I primi giorni di legislatura, con la novità dei Parlamentari M5S ad animare l'asfittica e deprimente classe politica nazionale, hanno purtroppo generato in molti delle false speranze di cambiamento. L'ennesimo no di stamane al tentativo, per molti versi velleitario, ma lodevole, di Bersani di formare un governo di scopo, che serva a prendere alcune decisioni non più rinviabili, pena il definitivo tracollo del Paese, mi sembra un brutto segno. Seguendo l'esempio del loro leader, gli eletti del movimento non si vogliono impegnare, se non a far le pulci agli altri, arrogandosi, non si sa bene per quale investitura, il diritto di controllare l'altrui operato, ma rifiutandosi di fare in prima persona. Appare quindi chiaro che lo scopo è di arrivare a nuove elezioni senza macchia, per conquistare possibilmente la maggioranza relativa dei consensi. Un calcolo errato per almeno due ragioni. La prima è che gli Italiani non sono stupidi, anche se vengono dipinti come tali e probabilmente punirebbero nelle urne, non premierebbero, un movimento politico che si limita alle chiacchiere e non ha il coraggio di agire, anche a rischio di sbagliare, come succede a tutti.
La seconda è che questo comportamento è cinico e di parte, non tenendo conto delle disastrose condizioni in cui versa il Paese, in totale spregio del programma sbandierato in campagna elettorale. Come potranno alla prossima tornata pensare di essere credibili con lo stesso programma, quando non hanno neppure provato ad iniziarlo in questa legislatura? Forse nel loro movimento quello che manca è proprio il principio su cui si basa la convivenza civile: la tolleranza verso le opinioni altrui e la faticosa formazione del consenso attraverso la democrazia, un sistema imperfetto, ma l'unico che ci pone al riparo dall'assolutismo dei proclami, vuoi quelli dal balcone di palazzo Venezia, vuoi quelli dal blog di Beppe Grillo.

domenica 17 marzo 2013

Toh, i 5S hanno una loro testa...

Chi si chiedeva cosa sarebbe successo agli eletti in Parlamento per il M5S, ha avuto un'eloquente risposta ieri, con l'elezione di Grasso, anche con i voti di alcuni di loro. Io me ne rallegro, perché è coerente con quanto hanno affermato in campagna elettorale, cioè che avrebbero votato secondo coscienza sui singoli provvedimenti. Forse a qualcuno, Grillo in primis, non sarà piaciuto, ma temo che ci sia poco da fare, persino per lui. Non è con le minaccie di espulsione che si convince, anzi. Il suo atteggiamento dittatoriale potrebbe innescare la prima frattura nel movimento, con una parte consistente di sostenitori che si schierano apertamente per un coinvolgimento diretto nella vita politica, contro i veti, spesso ridicoli, del capo e del suo guru.
Se questo sia anche un buon auspicio per le chance di Bersani di formare un governo, sarei invece più cauto. Temo che l'unica opzione a lui ancora aperta sia di presentarsi in Parlamento con un programma perfettamente definito, di pochi punti essenziali e chiedere sui provvedimenti già pronti la fiducia fino alla loro conversione in legge. La riforma della legge elettorale è uno di questi provvedimenti urgenti. Un secondo, irrinunciabile, è la riforma radicale della rappresentanza parlamentare e dei costi della connessa politica. A mio avviso poi, ma qui diventa più complesso, è necessario un completo ripensamento della politica economica, fiscale e sociale, con il riequilibrio delle risorse disponibili ed il rilancio dell'economia su obiettivi strategici, completamente ignorati finora. La sostenibilità a lungo termine del livello di benessere raggiunto non si può certo attuare giocando a difendere i posti di lavoro a tutti i costi, bensì immaginando nuove attività e settori da sviluppare, in sostanza un nuovo modello di società post-industriale, che sia in grado di proiettarsi in modo sostenibile nei prossimi decenni, non mesi.

sabato 9 marzo 2013

Paura di volare

Mi sembra ovvio che i risultati delle elezioni possano aver spaventato soprattutto coloro che nel M5S non se ne aspettavano la portata e le implicazioni. Comprendo anche la ritrosia a trarre da essi la conseguenza di un impegno diretto, la paura di "sporcarsi le mani" con la politica reale, entrando e mescolandosi nell'immaginario collettivo con "gli altri". Tuttavia, l'Italia ha bisogno di un governo e glielo dovete dare, con i compromessi accettabili e necessari in democrazia. I vostri elettori non vi perdonerebbero mai il rischio di anarchia o di nuovo governo dei "professori tecnici". A meno che tutto il movimento non sia un colossale bluff mediatico, abilmente orchestrato da pochi abili registi, senza contenuti dietro le quinte dell'apparenza. I tanti eletti del M5S sono sicuramente in buona fede, molti genuinamente convinti di poter fare la differenza. Spero per loro e per l'Italia che non rinuncino a crederci ed a ragionare con la propria testa, senza farsi manovrare dai burattinai, né farsi tirare per la giacca dalle sirene dei palazzi.

lunedì 4 marzo 2013

Cinque Stelle, un'opportunità

Propongo un'analisi critica del programma del M5S, così come appariva sul sito di Grillo prima delle elezioni, nella speranza di contribuire a dargli sostanza, perché allora come ora ritengo che esso sia evanescente e privo di riscontri realistici, oltre che di rigore. Ho aggiunto le mie proposte, che potranno apparire radicali, ma, anche alla luce dei risultati e delle posizioni dei protagonisti politici, mi sembrano del tutto proponibili. Mi scuso per la lunghezza del post.

Commenti al Programma Movimento 5Stelle

La parola “abolizione” è la più (ab)usata nell'intero documento: mentre sono d'accordo sul fatto che vada drasticamente ridimensionato il corpus legale ormai ingestibile, frutto dell'accumulazione per strati successivi di un un sistema legislativo (centrale e locale) bulimico, non ritengo che lo si possa fare a spot, abbattendo qua e là quelle leggi e riforme che sembrano essere controverse. Non è possibile, pena ulteriore confusione interpretativa, riformare la legislazione in vigore: molto meglio scriverne una daccapo, in 6 mesi, mettendo al lavoro non già stuoli di giuristi ed avvocati, ma persone di buon senso e di provata onestà, per ottenere una normativa finalmente a misura di cittadino, che non richieda la mediazione interpretativa delle centinaia di miglia di professionisti/esperti che ognuno di noi è costretto a pagare e che in ultima analisi sono all'origine della lentezza e dell'ingiustizia dell'amministrazione civile e penale nazionale (carceri sovraffollate, milioni di cause civili pendenti, danni economici e sociali incalcolabili, ecc.)


Stato e Cittadini

Sei mesi di lavoro con una commissione di non oltre 100 persone potrebbe svolgere il compito della completa revisione del diritto civile e penale e della revisione parziale della Carta costituzionale nei punti che sono ormai non più all'altezza dei tempi. La composizione di questa nuova Costituente dovrebbe essere rappresentativa dell'intero tessuto sociale ed economico nazionale e potrebbe essere così composta:
  • 10 membri espressione delle forze politiche parlamentari attuali
  • 20 membri dalle organizzazioni dei lavoratori (in proporzione alla loro effettiva consistenza)
  • 10 membri dalle organizzazioni imprenditoriali
  • 10 membri dalle organizzazioni artigianali e professionali
  • 10 membri dalle associazioni commerciali
  • 10 membri dalle associazioni ONLUS
  • 30 membri espressione delle realtà regionali in proporzione agli abitanti
Il frutto del lavoro della commissione, illustrato per un mese dal servizio pubblico, dovrebbe essere oggetto di modifiche/integrazioni, con suggerimenti da parte dei cittadini, ed essere approvato con referendum.
La ridefinizione dei compiti e della consistenza del Parlamento è la prima e più urgente riforma della Carta, insieme con una radicale revisione dei criteri di espressione del voto dei cittadini.
Risulta del tutto evidente che con gli attuali mezzi di comunicazione sarebbe possibile la consultazione diretta dei cittadini su gran parte degli argomenti inerenti la vita della Repubblica, sottraendo la materia alla discrezionalità della “rappresentanza” parlamentare attuale e delle molte commissioni che ad essa si affiancano senza alcuna possibilità di controllo.
Dopo l'approvazione delle modifiche costituzionali e della legge elettorale, si procederà alle elezioni contestuali di Governo e Parlamento, composto da rappresentanti delle Regioni (un ramo, con compiti di coordinamento tra il centro a la periferia) e da quelli della società (l'altro ramo, con compiti legislativi).
Tutti gli aspetti tecnici della complessa macchina dello Stato faranno capo ai rispettivi Ministeri, con la compagine governativa eletta direttamente mediante mandato quinquennale ed il Primo Ministro quale responsabile dell'attuazione del programma per il quale è stato votato. Sei mesi prima della scadenza del mandato, verranno presentati più programmi ed i relativi gabinetti ministeriali che intendono attuarli nel quinquennio successivo: debitamente illustrati ai cittadini dal servizio pubblico, essi saranno oggetto della votazione popolare. Il gabinetto eletto si insedierà immediatamente e co-governerà con quello in scadenza per 6 mesi, per consentire un corretto passaggio delle consegne. Il Primo Ministro ed i membri del gabinetto dovranno essere incensurati e rispondere civilmente di eventuali abusi nell'esercizio del loro mandato.
Garante del rispetto della Costituzione resterà il Presidente della Repubblica, il quale non avrà alcun potere di indirizzo della politica economica del Governo.
I cittadini avranno il diritto di proporre un referendum contro il gabinetto governativo, solo dopo metà del suo mandato, raccogliendo un numero congruo (almeno 1 ml) di firme (anche in forma digitale).

Energia

Manca oramai da decenni una politica energetica che da un lato tenga conto della realtà nazionale, dall'altro abbia visione strategica per un futuro possibile, basato essenzialmente su RES (Fonti Energetiche Rinnovabili), per le quali il nostro Paese può e deve essere d'esempio al resto del mondo, non potendo in alcun modo continuare a pagare una bolletta energetica che pone la nostra industria in posizione di svantaggio nei confronti dei suoi concorrenti.
L'esempio deve necessariamente partire dagli edifici/attività pubblici (edilizia, trasporti), che devono consentire di definire gli standard da seguire per i privati sia nella costruzione di nuove abitazioni/veicoli, sia nella ristrutturazione dell'esistente.
Ci dobbiamo porre obiettivi di medio e lungo periodo, per ottenere entro il 2050 la completa trasformazione dei nostri consumi energetici. La filiera di produzione delle attrezzature e dei servizi necessari a raggiungere tale obiettivo potrebbe più che compensare l'erosione di lavoro qualificato degli ultimi vent'anni, specie se si considerano le potenzialità di esportazione di beni e tecnologia.
A regime i fossili dovrebbero essere usati solo come materie prime per l'industria di trasformazione e residuali usi energetici di nicchia.
La chiave di volta della trasformazione è la possibilità per il singolo di produrre localmente buona parte o tutta l'energia di cui ha bisogno, stoccando l'eccedenza diurna per una fruizione integrale e trasformandola eventualmente in combustibile per la mobilità locale e per la stagione più fredda.
L'eventuale energia in eccesso potrà essere liberamente scambiata tra privati, senza alcun limite normativo e fiscale. Lo stato si farà esclusivamente carico di controllare la sicurezza degli impianti e di garantire la distribuzione su lunga distanza.
Non serviranno quindi altre centrali né sarà necessario potenziare la rete distributiva ad alta tensione, salvo un probabile rafforzamento della dorsale Sud-Nord. Sarà ancora invece necessario interconnettere a livello locale tutti i piccoli impianti di produzione.
L'obiettivo di ridurre la nostra dipendenza da combustibili fossili d'importazione fino a livelli fisiologici potrà essere raggiunto solo se si adotterà un modello di sviluppo delle infrastrutture distribuito e aderente alle caratteristiche climatologiche ed orografiche specifiche. E' del tutto evidente che le soluzioni RES adottate, anche in combinazione tra loro, saranno differenziate in funzione della loro relativa sostenibilità e convenienza locale.
Informazione
Se bastasse la disponibilità della conoscenza e l'accesso all'informazione per garantirne l'efficacia a la fruizione da parte di ciascun cittadino, sarebbero sufficienti le soluzioni proposte. Purtroppo il problema è invece l'approccio culturale alla lettura/comprensione della mole di informazione oggi disponibile: essa è tale che senza un'adeguata preparazione e scolarizzazione, rischiano di passare solo i messaggi di più basso livello e di facile appeal, con grave danno nel processo di formazione del consenso e possibili derive di plagio. L'informazione diverrà sempre più onnipresente nelle nostre vite, ma proprio per questo ognuno di noi dovrà essere in grado di definire i propri personali filtri culturali per ignorare la mole enorme di spam e di partecipare alla creazione di informazione utile e pertinente ai propri interessi, utilizzando strumenti tecnici adeguati a condividere la propria opinione con gli altri, nel tentativo di raccogliere attorno ad un'idea o proposta un consenso utile. Ritengo che ci si debba quindi concentrare nel fornire ai cittadini i mezzi culturali, oltre che tecnici, già per altro abbondanti, per raggiungere un'informata opinione sui problemi che li riguardano nel loro ruolo e sulle scelte necessarie in un sistema democratico che funzioni. Ecco perché va rivisto per l'ennesima volta l'intero sistema educativo, non necessariamente dedicandogli maggiori risorse finanziarie, che risultano spesso eccessive rispetto alla media dei Paesi europei, ma dedicandole finalmente ai contenuti, non in gran parte al pagamento di stipendi miserabili ad un numero enorme di cattivi maestri (circa 80% del totale).
Il rischio della concentrazione di proprietà dei media sarebbe vanificato da una capacità critica dei fruitori e diverrebbe inutile definire norme di limitazione, per altro aggirabili dai nostrani azzeccagarbugli. Meno regole, più contenuti e criteri di valutazione oggettivi dei risultati, con le scuole eccellenti in grado di attrarre maggiormente di quelle scadenti, com'è giusto che sia, indipendentemente dal loro status giuridico.
Lo Stato deve poter disporre di canali di comunicazione indipendenti ed efficaci per raggiungere l'intera popolazione in tempi brevi, sia per la consultazione permanente che per gli avvisi di pubblica utilità. Questi canali di comunicazione sono rigorosamente apolitici, indipendenti dal Governo e pagati con la fiscalità generale (senza pubblicità).

Economia

Vietare, abolire, impedire non vanno d'accordo con l'economia. Favorire, incoraggiare, indirizzare l'intraprendenza, senza distinzione di età, perché le buona idee, per trovare applicazione pratica devono ora passare attraverso una serie infinità di ostacoli, in grado di scoraggiare chiunque non faccia di essi la propria occupazione e la propria fonte di reddito. Anche in economia, la semplificazione normativa è la condizione preliminare perché nascano nuove imprese, perché dall'estero si investa in Italia, perché i nostri operatori economici non gettino la spugna e vadano altrove.
Personalmente ritengo che il nostro Paese abbia di fronte a sé un'opportunità unica di farsi promotore ed esempio di un nuovo paradigma di sviluppo economico, basato sulla qualità, in antitesi con la quantità, sul bisogno effettivo, in antitesi con il consumo compulsivo di beni spazzatura, sulla cultura del riutilizzo, dell'uso compatibile con le risorse disponibili, dell'economia del cibo e della mobilità realizzate in gran parte con risorse locali, usando in modo antico e nuovissimo le opportunità che il nostro meraviglioso territorio ci offre (clima, terreno, energia idroelettrica, solare, eolica, geotermica).
Mi piacerebbe qualche volta sentire una proposta originale per imboccare una strada nuova, un nuovo modo di porsi nei confronti dei valori della vita e del ruolo che l'uomo deve assumere nel contesto più grande dell'ecosistema, senza inutili forzature ideologiche, con approccio ad un tempo pragmatico e scientifico, con la "prudenza del buon padre di famiglia", formula il cui significato si è perso sulla strada del consumo felice e facile ad ogni costo.
Dovremmo farlo spontaneamente e per tempo, prima che siano le circostanze a costringerci con l'acqua alla gola. Questo sì, farebbe sensazione, non certo le sparate tipicamente elettorali di questi ultimi giorni, ma richiederebbe comunque tempo e duro lavoro da parte di tutti, non certo l'intervento del solito colpo di fortuna che salva l'Italia in extremis.
Il binomio crescita=benessere, ancora oggi dato per scontato dalla maggior parte degli attori e decisori pubblici e privati, mostra ogni giorno di più che la conseguenza finale del ciclo ad esso legato non può che essere il completo esaurimento delle limitate risorse disponibili nel sistema Terra, con la conseguente estinzione di gran parte della vita come noi la conosciamo.
L'unico modo di evitare una simile conclusione è quello di inaugurare quanto prima un sistema alternativo, che sia in grado di assicurare alla vita una possibilità di sviluppo in armonia con quanto disponibile, interrompendo la catena perversa di creazione di bisogni artificiali e di produzione di nuovi beni per soddisfarli. Un possibile modello alternativo è già potenzialmente presente nella realtà economica e sociale italiana, composta da micro-imprese, spesso a carattere familiare, che operano in ambito locale, producendo beni di alta qualità. Perché tale potenzialità evolva in un sistema autosufficiente è necessario un chiaro disegno strategico e politico, che non può certo essere proposto dalle forze economiche e politiche attuali, le quali non hanno alcun interesse a cambiare lo status quo, perché da esso traggono profitti a spese di tutto il resto della società.
Serve dunque una visione di lungo periodo, con la promessa di un nuovo paradigma di sostenibilità, che parte dal basso, con la riduzione, non l’aumento, dei consumi personali inutili, con la scelta volontaria di optare per qualità, non quantità, valore, non denaro, solidarietà, non egoismo, locale più che centralizzato. Un modello che parte dalla famiglia e dalla scuola e che richiede tempo per essere efficacemente applicato. Un modello che potrebbe più che compensare la costante erosione di lavoro qualificato ed offrire finalmente un'opportunità onorevole alla moltitudine di giovani in cerca di lavoro.
Un modello che può essere esportato con i necessari adattamenti alle realtà locali anche verso i Paesi in via di sviluppo, per offrire anche a quelle popolazioni un'alternativa alla conquista, anche con la violenza, dei benefici veri o presunti delle nostre civiltà opulente. E' del tutto evidente a chi abbia un minimo di cultura tecnica che lo sviluppo di un terzo dell'umanità con le stesse modalità con cui è avvenuto il nostro porterebbe l'ecosistema Terra oltre il punto di non ritorno, non tra secoli, ma tra pochi decenni.
In questo disegno il terzo settore delle innumerevoli associazioni no-profit, tanto diffuse nella nostra società, può e deve giocare un ruolo essenziale, essere il biblico lievito che trasforma dal basso la società, senza velleità, con pragmatismo e solide basi scientifiche.

Trasporti

I trasporti assorbono circa un terzo dell'energia oggi utilizzata in Italia. E' dunque evidente che il settore rappresenta una sfida formidabile per chiunque voglia trasformare la società verso un modello di sostenibilità a lungo termine. La mobilità individuale è da circa un secolo diventata il simbolo stesso della civiltà. Oggi diamo per scontata la possibilità di viaggiare tra continenti diversi in poche ore, senza neppure chiederci quante risorse insostituibili bruciamo per un semplice capriccio, solo perché è conveniente. Il conto del biglietto low-cost lo paga il resto dell'umanità, presente e futura.
La mobilità locale, che rappresenta comunque una percentuale importante del settore, può essere trasformata radicalmente con il ricorso a mezzi di peso contenuto, di autonomia e potenza limitate, ma adatte allo scopo, che utilizzano energia da RES, quali energia elettrica ed Idrogeno. La possibilità di auto-produrre in tutto o in parte questa energia è oggi realistica, così come alcune tecnologie sono ad un punto sufficiente di sviluppo per consentirne un'adozione economicamente conveniente in tempi brevi. Quella che manca ancora una volta è la visione strategica dei nostri decisori, sia a livello nazionale che locale, con alcune, purtroppo rare, eccezioni.
L'Italia ha l'invidiabile mix giusto di condizioni ambientali e sociali per fare per prima la scelta di transizione verso una civiltà che non brucia un bene insostituibile come il petrolio per permettere alla signora di andare in centro guidando un mezzo che pesa 60 volte quanto trasporta. Tanto più che non si tratta di rinunciare ad alcuna comodità, quanto di riconsiderare le proprie priorità ed avere chiaro il significato delle nostre scelte individuali, cosa esse comportano in termini di costi diretti ed occulti. Se venissero correttamente contabilizzati i veri costi della civiltà energetica basata sui combustibili fossili (costi sanitari, sociali, ambientali, ecc.), di colpo diventerebbero già convenienti senza alcun incentivo tecnologie oggi ritenute ancora fuori mercato e per questo incapaci di conquistarne rapidamente quote significative.
Anche qui giova ricordare che la presa di coscienza non può essere imposta, ma deve partire dal basso, diffondersi dal locale al centrale, non viceversa, per effetto e per la tenace azione di individui che decidono di fare, anziché aspettare di ricevere. L'unica azione richiesta alla politica è di non impedirglielo, rimuovendo i mille ostacoli normativi che ora impediscono, ad esempio, di sfruttare a fini energetici, il flusso idrico che ti passa sotto casa.
La mobilità di lungo percorso diventa risolvibile con i mezzi pubblici, un volta che a livello locale il problema del trasporto individuale è garantito e sostenibile.

Salute

L'attribuzione del presunto sfacelo della sanità pubblica alla regionalizzazione dimostra quanto sia ipocrita l'atteggiamento di chi scrive dell'argomento, senza neppure preoccuparsi di controllare i dati. La sanità da decenni è terreno fertile di clientele ed inefficienze, diffuse ma differenziate, ben prima che la delocalizzazione della funzione rendesse evidente la disparità di qualità tra i servizi eccellenti in alcune regioni e quelli da terzo mondo in altre, senza per altro apprezzabili differenze di costi, anzi spesso paradossalmente con costi maggiori laddove il servizio è peggiore. Anche nelle regioni che spendono di più a fronte di una qualità insufficiente esistono punte di eccellenza, il che sta a significare che ancora una volta la differenza la fanno le persone e che è possibile far bene anche in condizioni socio-ambientali avverse. Sarebbe ovvio cercare di uniformare le prestazioni ed i relativi costi al livello più favorevole per la collettività, ma è altrettanto ovvio che interessi privati di vario genere si intrecciano e si auto-rinforzano, a tutto danno del costo e della qualità del servizio. La clientela nelle assunzioni e nelle nomine ai vertici delle strutture sanitarie, pur minuziosamente regolamentate per legge, è ancora pratica tanto diffusa da essere percepita e subita come normale, stante la pratica diffusa di scambio dei ruoli tra valutatore e valutato, qui come in altri ambiti (ad esempio la ricerca), che vanifica ogni concetto di merito oggettivo dei candidati.
La commistione di interessi, tra le società farmaceutiche ed i produttori di attrezzature mediche da un lato ed i medici/manager della sanità dall'altro, è un problema diffuso su scala planetaria ed è al centro di aspri dibattiti anche in altri Paesi (ad esempio in USA), dove il codice etico degli operatori sanitari è ben più seguito che da noi. Mentre risulta oggettivamente difficile garantire un'assoluta obiettività nell'attribuzione di appalti ed incarichi, può essere utile avere un tariffario di riferimento a livello europeo, in modo da cercare almeno di conformarsi ai costi medi per prestazione, ovvero modalità di concorso per incarichi di responsabilità completamente online e pubbliche, per dar modo alla peer-review di svolgere correttamente il suo compito.
La ricerca in ambito medico è un esempio emblematico del conflitto di interessi tra pubblico e privato, che molto spesso non viene neppure percepito come tale o al limite considerato inevitabile, con conseguenze a volte drammatiche per medici, ricercatori e pazienti.
Particolare enfasi sulla prevenzione significa inoltre che lo Stato dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze di comportamenti e consumi ora non solo tollerati, ma sui quali il fisco lucra laute entrate (monopolio tabacchi ed alcolici, giochi e scommesse). I costi sociali e sanitari, che questo comportamento schizofrenico dello Stato comporta, non vengono analizzati se non in modo generico e senza quantificarne l'entità.
Un cambio di paradigma si impone anche nella presentazione di un modello di stile di vita che sia veramente salubre, non per necessità, ma per scelta, perché è del tutto evidente che, a differenza di un secolo fa, sono ora le fasce più povere della popolazione ad avere i maggiori problemi sanitari, specie quelli legati ad un'alimentazione non equilibrata, con apporto eccessivo di carboidrati, grassi e proteine, o ad uno stile di vita sedentario. E' dunque un problema innanzi tutto culturale, di educazione alla sana e corretta alimentazione, alla cura della salute mentale e fisica: una sfida che deve essere affrontata a livello capillare, con esempi virtuosi e con possibilità concrete e realistiche per tutti di imitarli.
Le associazioni Onlus ed i GAS possono in questo ambito svolgere un ruolo importante, se viene loro data la possibilità di diffondere le buone pratiche di cui sono promotori, senza gli infiniti vincoli normativi che di fatto le rendono impossibili al di fuori di ambiti ristretti e familiari.
La nostra società è inevitabilmente destinata a subire un progressivo invecchiamento: se il fenomeno si traduce in proporzionale aumento dei costi sanitari, la sanità pubblica è destinata al collasso. Se invece l'aumento medio della vita si traduce in un netto miglioramento della sua qualità in età avanzata, reso possibile da uno stile di vita salutare, la sanità pubblica potrà, pur con inevitabili adattamenti, continuare ad essere il modello di assistenza pubblica ed universale di cui anche la futura società potrà beneficiare appieno.

Istruzione

Si sente spesso dire, specie dagli addetti ai lavori in campo educativo, che il sistema scolastico nazionale è allo sfascio per mancanza di fondi. Da un'analisi obiettiva, come accennato sopra, (http://noisefromamerika.org/articolo/spesa-istruzione-italia), risulta invece che i nostri costi sono spesso superiori rispetto a quelli di Paesi nostri vicini, che vantano un sistema scolastico ben più performante. La differenza più eclatante tra noi e loro è la percentuale di costo che viene impiegata per i salari, da noi oltre il 16% più alta di quella della Finlandia, considerata l'eccellenza europea.
Di converso, i soldi spesi per le strutture ed i contenuti sono in pari proporzione ridotti. Significa dunque che, come per la sanità, si sono nel corso dei decenni stratificate nel sistema educativo pratiche distorte e diritti ritenuti acquisiti, che non solo costano troppo alla fiscalità generale, ma intralciano qualsiasi tentativo di modifica dello status quo e vanificano anche le proposte più ragionevoli, oltre che non preparare adeguatamente i nostri giovani all'ingresso nel mondo produttivo.
Una scuola che è auto-referenzialmente rivolta al suo interno, senza considerazione per ciò che serve alla società che la circonda, condanna il Paese alla marginalizzazione rapida, specie in un mondo dove la competizione tra chi detiene la conoscenza è sempre più serrata, e chi la deve comprare dagli altri deve pagare un prezzo sempre più alto.
L'Italia ha punte di eccellenza e scienziati che molti Paesi ci invidiano e cercano di strapparci, offrendo loro opportunità di carriera impensabili in patria. Teniamoceli stretti, perché è stolto spendere tanto nella loro preparazione e lasciare che siano i nostri concorrenti in campo globale a trarre i vantaggi del loro lavoro.
L'informatizzazione che timidamente si sta affacciando anche nel sistema educativo, fin dai primi anni, può essere una buona occasione di confronto diretto, di possibilità per le eccellenze di raggiungere una platea più vasta (esemplare il caso della Khan Academy, messa in piedi in pochi anni da una sola persona).
I nostri docenti, pur nelle contraddizioni della loro lotta quotidiana per trasmettere la conoscenza, possono oggi avvalersi di strumenti e fonti d'ispirazione che rendono il loro lavoro più interessante per chi lo fa e per chi lo riceve, in una parola più efficace. Certo, hanno essi stessi bisogno di tornare a scuola, prima come atteggiamento mentale, poi per imparare a sfruttare appieno le potenzialità dell'informatica applicata all'insegnamento. Non si può immaginare un docente che ne sa meno del suo discente sui mezzi per trovare informazioni e nozioni pertinenti. Né ci si deve aspettare che i discenti abbiano rispetto e stima di quei docenti che manifestano tanto poco interesse nei confronti del loro compito, da ritenere non valga la pena di spendere del tempo nell'apprendere le conoscenze adatte a trasmettere il loro messaggio.
La società informatizzata è certamente un problema generazionale, ma la scuola potrà ritrovare il suo ruolo di luogo dove la conoscenza viene appresa e codificata, dove avviene la maturazione da bambino a cittadino, solo se essa saprà anticipare, non seguire di malavoglia, l'evoluzione della conoscenza. A che serve infatti una scuola arretrata, avulsa dalla società, se non ad essere di peso per la collettività?
Verolanuova, 11/02/2013     Armido Cremaschi
Qualcuno può pensare che si tratti di sogni, ma io non rinuncio a sperare che tanti altri li condividano, per i nostri figli e nipoti.




martedì 26 febbraio 2013

Occasione di buon senso

Con i risultati delle elezioni ancora in divenire, sembrerebbe logico trarre la conseguenza che l'ingovernabilità è garantita, se non si supera la contrapposizione ideologica e l'ostracismo reciproco tra il centro destra e la sinistra. Saranno capaci i nostri eroi di capirlo, mettendo da parte odio, supponenza, ipocrisia, per valutare con serenità come riformare finalmente carta costituzionale, giustizia, sistema elettorale, dando voce anche ai molti che hanno espresso con il movimento 5S il loro rifiuto della politica fallimentare seguita fin qui?
In questo contesto abbiamo bisogno di persone ragionevoli, pragmatiche, paradossalmente capaci di compromesso, quando questo è funzionale a raggiungere un risultato che sia "democratico", ossia l'interpretazione del volere della maggioranza. Tremonti mi sembra l'uomo più adatto, perché è l'unico che in tempi non sospetti ha proposto un programma articolato (http://www.listalavoroliberta.it/sito/?page_id=25), in grado di portare il Paese fuori dall'influenza della finanza speculativa, usando risorse nazionali per sanare e finanziare la macchina statale, immaginando un percorso realistico di riduzione del mostruoso debito pubblico, senza ulteriori prelievi fiscali. Il ruolo di Bersani, perché certo deve averne uno, dovrebbe essere quello di dimostrare finalmente che il Paese viene prima del partito, di dare spazio alla nuova generazione di sinistra, di cui abbiamo bisogno, per valorizzare la solidarietà, le persone, rilanciando un'economia locale, fatta sul territorio, che utilizza con pienezza l'immensa risorsa rappresentata da oltre 6 milioni di volontari. L'Italia ha delle potenzialità incredibili, se solo si trova la chiave per attivarle. L'Italia è generosa, operosa, geniale: diamole una possibilità.

lunedì 25 febbraio 2013

Chiunque vinca, il Problema resta

Scrivo questo post mentre i risultati delle elezioni sono tutt'altro che consolidati, un poco per evitare lo stillicidio fastidioso delle cifre e dei commenti, spesso arbitrari, perché smentiti nel giro di minuti, di qualche esponente di secondo piano dell'una e dell'altra parte. Lo scrivo ben sapendo che nessuno dei contendenti ha ancora compreso che il Problema dell'Italia è trovare una strada nuova verso un futuro sostenibile a lungo termine, perché la sua fase industriale espansiva è definitivamente tramontata e non può in alcun modo tornare: mentono coloro che insistono che sia possibile.
Sarebbe saggio concentrare le nostre (ancora) ingenti risorse umane e finanziarie a preparare un modello nuovo di società post-industriale, dove il solo consumo di commodities è di pura sostituzione, mentre i bisogni primari di cibo, energia, abitazione e mobilità sono soddisfatti con economia legata al territorio, basata su RES (Renewable Energy Sources, Fonti Energetiche Rinnovabili). Il nostro Paese si trova nelle condizioni ideali per poterlo fare, anche se si tratta di una vera rivoluzione culturale ed economica, senza scomodare economisti, professori, banchieri e filosofi.
Dobbiamo essere noi cittadini, in mancanza di visione strategica da parte di chi ci rappresenta e rappresenterà, a pensare al futuro dei nostri figli e nipoti, facendo ognuno le scelte coerenti con l'obiettivo di una società in equilibrio con l'ambiente, costituita da piccoli nuclei abitativi, autosufficienti per cibo ed energia, capaci di esportare lavoro intellettuale e di scambiare merci e servizi a breve raggio.

mercoledì 13 febbraio 2013

Competenza e buon senso

Competenza e buon senso: due qualità che non possono essere disgiunte per chiunque intenda occuparsi di amministrazione della res publica. Con il solo incompetente buon senso si rischia infatti di non comprendere il complesso meccanismo di funzionamento della macchina amministrativa e le sue peculiarità. La sola competenza tecnica d'altro canto produce storture ed ingiustizia sociale, perché non tiene in alcun conto il fattore umano. La mancanza di entrambe, che quasi sempre è accompagnata da una certa dose di amoralità, infine, produce i disastri di cui siamo tutti testimoni e vittime in Italia.
Se condividi questi valori e desideri che chi è chiamato ad amministrare ne sia portatore, scegli chi dimostra che è possibile viverli e applicarli e, senza promettere la luna, si impegna a mantenere tali convinzioni.

Armido Cremaschi
Verolanuova, 13/02/2013

mercoledì 6 febbraio 2013

Il re è nudo

Le recenti esternazioni di Berlusconi mi lasciano di stucco, non tanto per il loro contenuto o provenienza, quanto perché vengono prese sul serio, addirittura sostenute come logiche dalla folla di gnomi che circondano un re senile e nudo.
Mi chiedo come sia possibile per questi cortigiani continuare senza vergogna alcuna nell'adulazione del personaggio, per il solo privilegio di raccogliere le sostanziose briciole che cadono dalla sua tavola.
Mi chiedo anche come sia possibile e quanto miope che gli avversari politici si facciano di nuovo trascinare nella polemica e nella sceneggiata, dove lui ha dimostrato di eccellere, anzichè ignorarlo e presentarsi agli elettori con un programma concreto, che dia una speranza a questo Paese scoraggiato.
Mi auguro che prima della fine della campagna elettorale si levi qualche voce di autorevole buon senso ad offrire una visione di futuro di largo respiro, a proporre una direzione di marcia comune, ad unire, anziché cercare solo le differenze. Me lo auguro per tutti noi, ma soprattutto lo auguro ai nostri figli e nipoti, verso i quali stiamo miseramente fallendo nel nostro compito di preparare una prospettiva di vita accettabile.

mercoledì 30 gennaio 2013

NEST-casa


Descrizione generale del progetto NEST-casa di Armido Cremaschi

Premessa

Mi occupo da alcuni anni dello sviluppo di idee e progetti che hanno lo scopo di consentire il passaggio dall'attuale sistema centralizzato di produzione-distribuzione di energia a un modello distribuito, flessibile, integrato nella struttura abitativa. In questo mio tentativo non vi è nulla di originale, visto che da tempo numerosi e ben più autorevoli studiosi del problema segnalano l'impossibilità di perpetuare nel resto del mondo il modello di sviluppo dei Paesi industrializzati, che
già tanti danni ha prodotto all'ecosistema globale.

La novità del mio approccio consiste nel concetto di complementarità ed ntegrazione di più apporti energetici in un unico sistema-casa a misura d'uomo e sotto la diretta responsabilità del cittadino. Questo approccio, della cui bontà sono profondamente convinto, mi ha portato a sviluppare diversi progetti che si inseriscono nel disegno generale e lo rendono tecnicamente praticabile, ancorché adattabile alle differenti situazioni geografiche, abitative e sociali.

Non pretendo di aver trovato una risposta a tutto: la mia esperienza manageriale in svariati settori industriali mi ha tuttavia dimostrato che spesso le risposte ci sono davanti agli occhi, ma raramente siamo disposti ad assumerci qualche rischio o a pensare fuori dagli schemi.
Molto più semplice premere un interruttore per accendere la luce quando fa buio, dimenticando che cosa sta dietro questo gesto banale, oppure, ancor peggio, sperare in improbabili miracoli, che si rivelano spesso truffe, senza un serio piano strategico.

Poiché nel prossimo futuro servizi essenziali, quali la fornitura di energia elettrica ed acqua potabile, saranno sempre meno scontati e sempre più costosi, ci si dovrebbe chiedere con attenzione cosa fare per garantirci l'attuale qualità di vita, in gran parte dipendente da quei servizi, che da noi occidentali vengono dati per scontati, mentre non lo sono affatto per buona parte del genere umano.

Preparare le nostre case ad un probabile difficile futuro non è certo indice di pessimismo, quanto un modo ragionevole di porre noi ed i nostri figli al riparo dagli effetti peggiori dell'inevitabile scarsità futura di energia e di beni essenziali.

La speranza di scoperte miracolose in questo settore non deve distoglierci dal provare soluzioni alternative già alla nostra portata.
A livello di nazione, un piano energetico serio dovrebbe comprendere un mix di opzioni, per ovvie ragioni di sicurezza. Questo è ancora più vero a livello individuale, anche se l'attuazione pratica della diversificazione può sembrare improponibile e dispendiosa.
Si tratta semplicemente di cominciare, tenendo ben presente il disegno complessivo di un nucleo abitativo sostanzialmente autosufficiente ed a impatto quasi nullo.

Coloro che crederanno in questa visione e possono anticiparne gli effetti, saranno anche i maggiori beneficiari.

Caratteristiche principali ed elementi di innovazione

La principale caratteristica distintiva del progetto è la soluzione del maggior problema che ostacola la diffusione della tecnologia solare a livello capillare, ovvero la non contemporaneità tra la disponibilità della fonte energetica ed il suo utilizzo. La produzione di energia elettrica attraverso un impianto solare fotovoltaico, ad esempio, è massima nelle ore centrali diurne estive, mentre la richiesta di energia
elettrica è minima nelle stesse ore, per aumentare nella fascia di prima mattina e di sera. La disponibilità di una rete di distribuzione in grado di assorbire l'eccesso di produzione diurna e restituirlo all'utenza quando serve è solo un ripiego, tra l'altro non applicabile in zone o Paesi non serviti dalla rete e per utenze che possono essere autosufficienti (ad isola). Infatti non esiste un modo economico di stoccare grandi quantità di energia elettrica e persino il servizio di vettoriamento fornito dal GSE (Gestore Servizi Energetici) non è privo di perdite di trasporto, abbassando quindi ulteriormente il già modesto rendimento della trasformazione da combustibile fossile ad energia elettrica in centrale.

L'idea innovativa alla base del progetto è quella di attuare uno stoccaggio locale di energia nella forma ed al livello termico più conveniente per la successiva trasformazione nelle forme richieste. Il livello individuato come ideale è quello di calore a circa 300 °C, che permette di produrre energia elettrica con un rendimento sufficiente, per mezzo di motori a combustione esterna (Stirling) di nuova generazione, di piccola potenza e modulari, il cui sottoprodotto (calore a temperatura inferiore) può essere vantaggiosamente usato a cascata per le utenze termiche dell'abitazione. Tale serbatoio termico deve essere abbastanza capace da garantire un'autonomia di almeno 48 ore, poco costoso e sicuro. Il progetto prevede la fabbricazione di un prototipo innovativo di questo serbatoio, che può essere posizionato sia all'interno dell'abitazione, nel locale dei servizi, oppure interrato in giardino. E' previsto il deposito di un brevetto. Il suo costo industriale sarà molto contenuto e le perdite previste saranno limitate ad alcuni punti percentuali al giorno, un buon compromesso tra costo e benefici.

Con la disponibilità di abbondante energia elettrica, anche limitatamente a periodi della giornata o stagionalmente, può essere conveniente valutare la possibilità di produrre per elettrolisi una modesta quantità di Idrogeno, da usarsi per la mobilità locale in un piccolo mezzo dotato di celle a combustibile. Il pericolo potenziale dell'Idrogeno viene risolto stoccandolo in piccoli serbatoi, molto simili a cartucce, della capacità di circa 1.5 litri ad una pressione di 300-600 bar, che possono essere inseriti nel mezzo in numero di volta in volta sufficiente al bisogno, superando quindi la necessità di grandi serbatoi e garantendo la modularità e l'efficienza. Anche per questo tipo di stoccaggio è probabile la possibilità di deposito di alcuni brevetti. Complessivamente i componenti innovativi che fanno parte del progetto di ricerca sono 5 ed è previsto il deposito di almeno 7 brevetti internazionali, alla cui stesura ho dedicato gli ultimi mesi.

Motivazioni e obiettivi che hanno portato alla decisione di attuazione del Progetto

Usare fantasia per pensare il futuro

Cent’anni fa assistendo al primo volo umano pochi avrebbero creduto possibile che nel giro di alcuni decenni milioni di individui sarebbero stati in grado di spostarsi da un continente all’altro in poche ore: i libri di fantascienza dell’epoca sono stati ampiamente superati da una realtà che permette a ciascuno di noi di godere di una ampia libertà e comfort sia nell’abitazione che nei mezzi di trasporto.
All’epoca pochissime persone privilegiate potevano permettersi acqua potabile e riscaldamento domestico.

Oggi nei paesi industrializzati tutto questo è considerato normale e viene spesso dato per scontato che sia possibile continuare a sostenere a tempo indeterminato lo standard di vita cui ci siamo abituati.

Non è così, sostanzialmente per 2 ragioni:

· Lo sviluppo del terzo mondo con modalità simili alle nostre esaurirà la capacità della terra di sostenere e metabolizzare i sottoprodotti della produzione di energia e cibo

· La tendenza all’urbanizzazione costringerà alla realizzazione di impianti di taglia sempre più grande, con rischi incalcolabili in caso di incidente fortuito o provocato

La spinta all’indipendenza individuale è la motivazione più forte allo sviluppo di gran parte delle moderne commodities, di cui non potremmo più fare a meno, ma che ancora sono un miraggio per miliardi di persone.
Questa spinta paradossalmente non ha ancora interessato la produzione di energia, il nucleo di ogni processo di industrializzazione: essa è da sempre affidata ad aziende di servizio, che la producono in impianti di grande taglia e scarsa efficienza e la distribuiscono alle singole utenze, attraverso un network complesso e vulnerabile, oltre che fonte di spreco.
Quando accendiamo una lampada o ci fermiamo per il pieno, pochi di noi riflettono su cosa comporta la disponibilità di energia elettrica e carburante: ci rendiamo conto di quanto dipendenti e vulnerabili siamo solo in occasione di black-out o scioperi, per dimenticare subito appena torna la normalità”.

Ebbene, la normalità non sarà garantita per il futuro, come non lo è ora per miliardi di persone meno fortunate di noi, fino a quando non sapremo dotarci di un modello di produzione di energia distribuito a livello della singola utenza, su impianti di piccola taglia, con l’apporto di fonti diverse integrate tra loro e soprattutto sotto il nostro individuale controllo.

Tale modello deve prevedere tecnologie poco sofisticate, per essere semplice e sicuro da gestire ed applicabile sia nei paesi postindustriali che in quelli in via di sviluppo.

L’energia elettrica, insieme con tutti i vantaggi che offre all’utilizzo, presenta uno svantaggio intrinsecamente insuperabile: non può essere immagazzinata in quantità significative. Questo costringe a produrne in quantità variabile, per la variabilità di utilizzo, ed a farla arrivare in tempo reale in ogni singolo punto di impiego.
Se si disponesse di un “serbatoio” di energia a livello della singola abitazione e fosse possibile produrne nelle vicinanze, l’efficienza del processo nella sua globalità verrebbe più che raddoppiata.
Se inoltre il media di stoccaggio di energia fosse economico, pratico e sicuro, verrebbe superato, oltre al problema della sua rapida diffusione, anche quello della non contemporaneità della domanda ed offerta di energia, che ora costringe ad avere una potenzialità pari alla potenza di picco richiesta.

Le soluzioni prospettate nel mio progetto di ricerca tengono conto della facilità di fabbricazione e d'impiego di componenti in gran parte di origine commerciale e dal costo contenuto, tali da poter essere impiegati su vasta scala, usando tecnologie collaudate e semplici.

Descrizione dei bisogni

La motivazione che mi ha spinto ad immaginare e progettare un impianto di questa complessità è legata al bisogno di dare una risposta ragionevole a tre tipi di istanze:

· Il bisogno delle popolazioni del terzo mondo di disporre di servizi essenziali, quali energia elettrica, termica e per la mobilità, senza i quali il loro sviluppo non potrebbe avvenire, se non a prezzo di un ulteriore gravissimo deterioramento delle condizioni ambientali e probabili sanguinosi conflitti per il controllo delle materie prime, tra cui l'acqua potabile assumerà un ruolo sempre più importante. La disponibilità di calore a basso costo, attraverso tecnologie passive e semplici, quali il solare termico a concentrazione, consentirà a chiunque di potabilizzare l'acqua per uso umano. Per quanto riguarda la disponibilità di energia elettrica, comunque prodotta, è superfluo ripetere che senza di essa non vi può essere alcuno sviluppo.

· Il bisogno di un Paese post-industriale come l'Italia, di trovare sbocchi nuovi di impiego per i suoi giovani e di inaugurare un modello di sviluppo non devolutivo, che tenga finalmente conto della finitezza delle risorse disponibili sul pianeta e soprattutto dei costi diretti ed occulti di cui la società si deve fare carico per il loro impiego. Tra i costi occulti, la salute di milioni di persone e le spese sanitarie che la collettività sostiene per effetto dei problemi connessi all'estrazione, trasporto ed utilizzo delle risorse energetiche fossili.

· Il bisogno personale di incidere direttamente sul problema, senza aspettare che siano altri a fare.
Purtroppo l'inerzia dello status quo è tale che strategie di portata temporale superiore alla vita del singolo raramente vengono prese in considerazione dalle politiche nazionali ed internazionali.
L'effetto secondario della presa di responsabilità dei cittadini rispetto al problema dell'energia e dell'acqua potabile sarà una maggiore coscienza civica ed un minor rischio che la concentrazione di questi beni essenziali nelle mani di pochi porti ad aberrazioni corporative ed alla corruzione della politica.

Armido Cremaschi

Verolanuova, 29/01/2013