mercoledì 30 gennaio 2013

NEST-casa


Descrizione generale del progetto NEST-casa di Armido Cremaschi

Premessa

Mi occupo da alcuni anni dello sviluppo di idee e progetti che hanno lo scopo di consentire il passaggio dall'attuale sistema centralizzato di produzione-distribuzione di energia a un modello distribuito, flessibile, integrato nella struttura abitativa. In questo mio tentativo non vi è nulla di originale, visto che da tempo numerosi e ben più autorevoli studiosi del problema segnalano l'impossibilità di perpetuare nel resto del mondo il modello di sviluppo dei Paesi industrializzati, che
già tanti danni ha prodotto all'ecosistema globale.

La novità del mio approccio consiste nel concetto di complementarità ed ntegrazione di più apporti energetici in un unico sistema-casa a misura d'uomo e sotto la diretta responsabilità del cittadino. Questo approccio, della cui bontà sono profondamente convinto, mi ha portato a sviluppare diversi progetti che si inseriscono nel disegno generale e lo rendono tecnicamente praticabile, ancorché adattabile alle differenti situazioni geografiche, abitative e sociali.

Non pretendo di aver trovato una risposta a tutto: la mia esperienza manageriale in svariati settori industriali mi ha tuttavia dimostrato che spesso le risposte ci sono davanti agli occhi, ma raramente siamo disposti ad assumerci qualche rischio o a pensare fuori dagli schemi.
Molto più semplice premere un interruttore per accendere la luce quando fa buio, dimenticando che cosa sta dietro questo gesto banale, oppure, ancor peggio, sperare in improbabili miracoli, che si rivelano spesso truffe, senza un serio piano strategico.

Poiché nel prossimo futuro servizi essenziali, quali la fornitura di energia elettrica ed acqua potabile, saranno sempre meno scontati e sempre più costosi, ci si dovrebbe chiedere con attenzione cosa fare per garantirci l'attuale qualità di vita, in gran parte dipendente da quei servizi, che da noi occidentali vengono dati per scontati, mentre non lo sono affatto per buona parte del genere umano.

Preparare le nostre case ad un probabile difficile futuro non è certo indice di pessimismo, quanto un modo ragionevole di porre noi ed i nostri figli al riparo dagli effetti peggiori dell'inevitabile scarsità futura di energia e di beni essenziali.

La speranza di scoperte miracolose in questo settore non deve distoglierci dal provare soluzioni alternative già alla nostra portata.
A livello di nazione, un piano energetico serio dovrebbe comprendere un mix di opzioni, per ovvie ragioni di sicurezza. Questo è ancora più vero a livello individuale, anche se l'attuazione pratica della diversificazione può sembrare improponibile e dispendiosa.
Si tratta semplicemente di cominciare, tenendo ben presente il disegno complessivo di un nucleo abitativo sostanzialmente autosufficiente ed a impatto quasi nullo.

Coloro che crederanno in questa visione e possono anticiparne gli effetti, saranno anche i maggiori beneficiari.

Caratteristiche principali ed elementi di innovazione

La principale caratteristica distintiva del progetto è la soluzione del maggior problema che ostacola la diffusione della tecnologia solare a livello capillare, ovvero la non contemporaneità tra la disponibilità della fonte energetica ed il suo utilizzo. La produzione di energia elettrica attraverso un impianto solare fotovoltaico, ad esempio, è massima nelle ore centrali diurne estive, mentre la richiesta di energia
elettrica è minima nelle stesse ore, per aumentare nella fascia di prima mattina e di sera. La disponibilità di una rete di distribuzione in grado di assorbire l'eccesso di produzione diurna e restituirlo all'utenza quando serve è solo un ripiego, tra l'altro non applicabile in zone o Paesi non serviti dalla rete e per utenze che possono essere autosufficienti (ad isola). Infatti non esiste un modo economico di stoccare grandi quantità di energia elettrica e persino il servizio di vettoriamento fornito dal GSE (Gestore Servizi Energetici) non è privo di perdite di trasporto, abbassando quindi ulteriormente il già modesto rendimento della trasformazione da combustibile fossile ad energia elettrica in centrale.

L'idea innovativa alla base del progetto è quella di attuare uno stoccaggio locale di energia nella forma ed al livello termico più conveniente per la successiva trasformazione nelle forme richieste. Il livello individuato come ideale è quello di calore a circa 300 °C, che permette di produrre energia elettrica con un rendimento sufficiente, per mezzo di motori a combustione esterna (Stirling) di nuova generazione, di piccola potenza e modulari, il cui sottoprodotto (calore a temperatura inferiore) può essere vantaggiosamente usato a cascata per le utenze termiche dell'abitazione. Tale serbatoio termico deve essere abbastanza capace da garantire un'autonomia di almeno 48 ore, poco costoso e sicuro. Il progetto prevede la fabbricazione di un prototipo innovativo di questo serbatoio, che può essere posizionato sia all'interno dell'abitazione, nel locale dei servizi, oppure interrato in giardino. E' previsto il deposito di un brevetto. Il suo costo industriale sarà molto contenuto e le perdite previste saranno limitate ad alcuni punti percentuali al giorno, un buon compromesso tra costo e benefici.

Con la disponibilità di abbondante energia elettrica, anche limitatamente a periodi della giornata o stagionalmente, può essere conveniente valutare la possibilità di produrre per elettrolisi una modesta quantità di Idrogeno, da usarsi per la mobilità locale in un piccolo mezzo dotato di celle a combustibile. Il pericolo potenziale dell'Idrogeno viene risolto stoccandolo in piccoli serbatoi, molto simili a cartucce, della capacità di circa 1.5 litri ad una pressione di 300-600 bar, che possono essere inseriti nel mezzo in numero di volta in volta sufficiente al bisogno, superando quindi la necessità di grandi serbatoi e garantendo la modularità e l'efficienza. Anche per questo tipo di stoccaggio è probabile la possibilità di deposito di alcuni brevetti. Complessivamente i componenti innovativi che fanno parte del progetto di ricerca sono 5 ed è previsto il deposito di almeno 7 brevetti internazionali, alla cui stesura ho dedicato gli ultimi mesi.

Motivazioni e obiettivi che hanno portato alla decisione di attuazione del Progetto

Usare fantasia per pensare il futuro

Cent’anni fa assistendo al primo volo umano pochi avrebbero creduto possibile che nel giro di alcuni decenni milioni di individui sarebbero stati in grado di spostarsi da un continente all’altro in poche ore: i libri di fantascienza dell’epoca sono stati ampiamente superati da una realtà che permette a ciascuno di noi di godere di una ampia libertà e comfort sia nell’abitazione che nei mezzi di trasporto.
All’epoca pochissime persone privilegiate potevano permettersi acqua potabile e riscaldamento domestico.

Oggi nei paesi industrializzati tutto questo è considerato normale e viene spesso dato per scontato che sia possibile continuare a sostenere a tempo indeterminato lo standard di vita cui ci siamo abituati.

Non è così, sostanzialmente per 2 ragioni:

· Lo sviluppo del terzo mondo con modalità simili alle nostre esaurirà la capacità della terra di sostenere e metabolizzare i sottoprodotti della produzione di energia e cibo

· La tendenza all’urbanizzazione costringerà alla realizzazione di impianti di taglia sempre più grande, con rischi incalcolabili in caso di incidente fortuito o provocato

La spinta all’indipendenza individuale è la motivazione più forte allo sviluppo di gran parte delle moderne commodities, di cui non potremmo più fare a meno, ma che ancora sono un miraggio per miliardi di persone.
Questa spinta paradossalmente non ha ancora interessato la produzione di energia, il nucleo di ogni processo di industrializzazione: essa è da sempre affidata ad aziende di servizio, che la producono in impianti di grande taglia e scarsa efficienza e la distribuiscono alle singole utenze, attraverso un network complesso e vulnerabile, oltre che fonte di spreco.
Quando accendiamo una lampada o ci fermiamo per il pieno, pochi di noi riflettono su cosa comporta la disponibilità di energia elettrica e carburante: ci rendiamo conto di quanto dipendenti e vulnerabili siamo solo in occasione di black-out o scioperi, per dimenticare subito appena torna la normalità”.

Ebbene, la normalità non sarà garantita per il futuro, come non lo è ora per miliardi di persone meno fortunate di noi, fino a quando non sapremo dotarci di un modello di produzione di energia distribuito a livello della singola utenza, su impianti di piccola taglia, con l’apporto di fonti diverse integrate tra loro e soprattutto sotto il nostro individuale controllo.

Tale modello deve prevedere tecnologie poco sofisticate, per essere semplice e sicuro da gestire ed applicabile sia nei paesi postindustriali che in quelli in via di sviluppo.

L’energia elettrica, insieme con tutti i vantaggi che offre all’utilizzo, presenta uno svantaggio intrinsecamente insuperabile: non può essere immagazzinata in quantità significative. Questo costringe a produrne in quantità variabile, per la variabilità di utilizzo, ed a farla arrivare in tempo reale in ogni singolo punto di impiego.
Se si disponesse di un “serbatoio” di energia a livello della singola abitazione e fosse possibile produrne nelle vicinanze, l’efficienza del processo nella sua globalità verrebbe più che raddoppiata.
Se inoltre il media di stoccaggio di energia fosse economico, pratico e sicuro, verrebbe superato, oltre al problema della sua rapida diffusione, anche quello della non contemporaneità della domanda ed offerta di energia, che ora costringe ad avere una potenzialità pari alla potenza di picco richiesta.

Le soluzioni prospettate nel mio progetto di ricerca tengono conto della facilità di fabbricazione e d'impiego di componenti in gran parte di origine commerciale e dal costo contenuto, tali da poter essere impiegati su vasta scala, usando tecnologie collaudate e semplici.

Descrizione dei bisogni

La motivazione che mi ha spinto ad immaginare e progettare un impianto di questa complessità è legata al bisogno di dare una risposta ragionevole a tre tipi di istanze:

· Il bisogno delle popolazioni del terzo mondo di disporre di servizi essenziali, quali energia elettrica, termica e per la mobilità, senza i quali il loro sviluppo non potrebbe avvenire, se non a prezzo di un ulteriore gravissimo deterioramento delle condizioni ambientali e probabili sanguinosi conflitti per il controllo delle materie prime, tra cui l'acqua potabile assumerà un ruolo sempre più importante. La disponibilità di calore a basso costo, attraverso tecnologie passive e semplici, quali il solare termico a concentrazione, consentirà a chiunque di potabilizzare l'acqua per uso umano. Per quanto riguarda la disponibilità di energia elettrica, comunque prodotta, è superfluo ripetere che senza di essa non vi può essere alcuno sviluppo.

· Il bisogno di un Paese post-industriale come l'Italia, di trovare sbocchi nuovi di impiego per i suoi giovani e di inaugurare un modello di sviluppo non devolutivo, che tenga finalmente conto della finitezza delle risorse disponibili sul pianeta e soprattutto dei costi diretti ed occulti di cui la società si deve fare carico per il loro impiego. Tra i costi occulti, la salute di milioni di persone e le spese sanitarie che la collettività sostiene per effetto dei problemi connessi all'estrazione, trasporto ed utilizzo delle risorse energetiche fossili.

· Il bisogno personale di incidere direttamente sul problema, senza aspettare che siano altri a fare.
Purtroppo l'inerzia dello status quo è tale che strategie di portata temporale superiore alla vita del singolo raramente vengono prese in considerazione dalle politiche nazionali ed internazionali.
L'effetto secondario della presa di responsabilità dei cittadini rispetto al problema dell'energia e dell'acqua potabile sarà una maggiore coscienza civica ed un minor rischio che la concentrazione di questi beni essenziali nelle mani di pochi porti ad aberrazioni corporative ed alla corruzione della politica.

Armido Cremaschi

Verolanuova, 29/01/2013



giovedì 24 gennaio 2013

Confindustria: miopia o malafede?

Letto il recente documento presentato da Confindustria come ricetta per far uscire l'Italia dalla brutta situazione in cui si trova e condizionare possibilmente l'esito delle prossime elezioni, mi viene spontaneo pensare che coloro che l'hanno redatto siano o in perfetta malafede oppure del tutto miopi ed incapaci. Si tratta della solita enunciazione da libro dei sogni (o degli incubi), con alcuni punti che rendono conto di quanta poca visione strategica abbiano i nostri industriali. In sostanza essi dicono che vorrebbero far lavorare di più, riducendo sensibilmente il costo del lavoro, ottenere più finanziamenti pubblici per la ricerca, che in molti casi non ha avuto alcun ritorno in termini di occupazione né di penetrazione sui mercati esteri, pagare meno l'energia, semplificare le regole.
Tutto questo per rilanciare la vocazione manifatturiera nazionale, aumentando l'occupazione e conseguentemente i consumi.
Vorrei brevemente ricordare a lor signori che:
  • il tessuto manifatturiero nazionale è stato rimaneggiato da loro negli ultimi vent'anni, spostando all'estero molte attività, per aumentare i loro utili, spesso non reinvestiti, senza alcun riguardo per il bene del Paese
  • l'incidenza sui costi di produzione del costo dell'energia può e deve essere ridotta prima di tutto non sprecando e razionalizzandone l'utilizzo, cosa che, per mancanza di competenze interne, gran parte delle aziende manifatturiere non fa
  • che i finanziamenti pubblici, distribuiti da una pluralità di enti, hanno prodotto ben poco a fronte di cifre ragguardevoli, perché i progetti presentati sono stati spesso paraventi vuoti di contenuto, che nascondevano il tentativo di ottenere soldi a fondo perduto, attraverso i buoni uffici delle molte Società di consulenza e delle Università che forniscono contemporaneamente  supporto scientifico e azione di validazione, in evidente conflitto di interessi
  • che la vocazione di un Paese post-industriale come il nostro non potrebbe certo essere quella di tornare a produrre beni fisici di basso livello tecnologico, bensì beni immateriali del terziario avanzato, che presuppongono un netto innalzamento del livello di conoscenza, che la Scuola nazionale non è sempre in grado di fornire
  • che, infine, il modello di sviluppo possibile per il mondo occidentale non è certamente fatto di maggior produzione= maggior consumo, in una spirale perversa, che solo coloro che non comprendono i limiti della realtà possono immaginare infinita
Il modello di sviluppo alternativo consiste in un rilancio del territorio, delle iniziative di autosufficienza energetica locali, basate sulle energie pulite, del ritorno a stili di vita più salutari, dove si produce solo ciò che serve, non per far girare l'industria, dove il benessere del Paese sia finalmente misurato non dal PIL, ma dalla qualità della vita dei suoi cittadini. In poche parole, lavorare per vivere, non viceversa.

mercoledì 16 gennaio 2013

La riscossa della madre di tre figli

Sentire il comico nazionale invocare al governo una casalinga madre di tre figli, da un lato mi conforta, perché persino nella bizzaria, qualche buona idea riesce a soppravvivere, dall'altro mi rattrista, perché significa che il movimento è immaturo e velleitario, lontano dal realismo di cui il Paese ha bisogno. Troppo facile offrire soluzioni impraticabili, per poter poi dire che ci sono tutti contro. Ciò non significa che il pensiero non mi abbia fatto almeno sorridere, un po' amaramente.

domenica 13 gennaio 2013

Anno nuovo, stessi problemi

L'avvicinarsi delle elezioni politiche ha impresso una brusca accelerazione anche alle manovre di coloro che da decenni occupano i posti di comando del nostro Paese, allo scopo di impedire ancora una volta che sia la gente ad esprimersi ed a trasformare finalmente l'Italia in un posto dove non solo si vive bene individualmente, ma lo si fa come nazione vera.
I teatrini della politica, le dotte dissertazioni degli esperti sui media nazionali ed internazionali, le comparsate televisive hanno lo scopo di confondere elettori reali e potenziali, in modo da rendere il loro voto quanto più aleatorio possibile. Perché quasi nessuno dei protagonisti si guarda bene da divulgare, consigliati in questo dagli esperti di comunicazione, che ritengono la materia barbosa e ininfluente, programmi realistici in politica economica, sociale, energetica, estera . Si tratta ancora una volta di una perfetta azione di cosmesi, per ripulire persino alcuni impresentabili e mostrarceli di nuovo accattivanti, mentre la sostanza viene rimandata a dopo, che quasi sempre significa sine die.
A noi cittadini il compito di vedere dietro le apparenze, di informarci attraverso tutti i mezzi disponibili: non possiamo permetterci di mandare ancora in Parlamento una banda di cialtroni e di ladri, se vogliamo evitare il ricorso alla violenza. La misura è colma.