martedì 14 gennaio 2014

La sentenza (non) salomonica della Corte

Dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale in merito all'attuale legge elettorale, si rimescolano di nuovo carte che sembravano destinate a produrre un qualche sia pur minimo risultato nell'immediato.
Il governo non teme più una fine prematura, perché in effetti la Corte conferma la legittimità ad operare delle attuali istituzioni parlamentari, anche se nate da una legge elettorale non congrua. Sarebbe forse il caso di interpretare la sentenza come un invito ad occuparsi dell'assetto complessivo dell'apparato statale, di cui la legge elettorale è solo un aspetto secondario, rispetto alle funzioni vere o presunte degli organi istituzionali attuali (le due componenti parlamentari, la presidenza della Repubblica, il Governo). Purtroppo, mi viene lo sconforto pensare a chi sono quelli attualmente legittimati a farlo, dopo che hanno dimostrato la propria inconcludenza per decenni. Né ho più fiducia nel sindaco dalla parola facile, fino a che non lo veda concretizzare (Firenze non è certo un Eden). All'opposizione, Grillo caparbiamente (stupidamente, a questo punto) impedisce ai suoi parlamentari di contare e determinare un esito, magari non perfetto, ma comunque auspicabile sulle molte questioni aperte. Temo ci si debba affidare al senso dello Stato di un vecchio un po' rimbambito, che ne ha combinate più di Bertoldo, e di una altro vecchio, che sta sul colle e si chiede ogni giorno se ha preso la decisione giusta, quando ha accettato di continuare il mestiere ingrato di Presidente di un grande Paese, nonostante i suoi abitanti.