giovedì 31 maggio 2018

Dopo un lungo silenzio

Sono rimasto a lungo inattivo su questo blog, non per mancanza di argomenti, ma perché credo non sia  mai diventato un mezzo di comunicazione delle mie idee, che negli ultimi anni ho sempre maggior difficoltà a considerare interessanti per altri.
E' significativo che questo post per caso segua l'ultimo di augurio per l'elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica, proprio perché in questi giorni si è reso protagonista di una decisione a mio parere molto discutibile, benché comprensibile, date le circostanze e le immaginabili forti pressioni cui è stato sottoposto.
L'aver impedito la nascita di un governo, espressione del voto del Paese, è un fatto grave in sé, che diventa ancora peggiore se, come temo, è stato provocato dalla pavidità. Siamo un popolo di pavidi e ci meritiamo un primo cittadino alla Don Abbondio.
Tornando all'argomento del giorno, l'Italia non ha un governo.  Molti si augurano, dentro e fuori, che si torni a vivacchiare, senza dare fastidio ai capitani che guidano la nave dell'economia.
Peccato che costoro ed i loro portaborse non abbiano alcuna capacità di guardare oltre il proprio tornaconto immediato, massimizzando i profitti economici di pochi, sfruttando senza pietà le risorse del pianeta ed il lavoro di tutti gli altri.
Il populismo, termine dispregiativo per la maggior parte dei media, nasce dalla sensazione che la gente comune ha di essere truffata, derubata, spremuta da gente che si nasconde e contro la quale non si riesce neanche a combattere.
Com'è possibile che a livello globale un esiguo 1% di persone detenga quanto il 50% più povero?
Com'è possibile che non si ritenga corretto redistribuire, non con l'elemosina, ma con scuole, opportunità di lavoro, abitazioni dignitose, una parte di queste risorse, frutto in molti casi di rendite finanziarie, a chi non ha speranza, a chi è costretto ad accettare qualsiasi compenso, pur di sopravvivere?
Che mondo stiamo preparando per i nostri figli e nipoti?
C'è bisogno di arrivare ad un conflitto generalizzato tra quelli che non hanno nulla e quelli che ingordamente ammassano e depredano?
Anche i partiti cosiddetti populisti, in Italia Lega e 5Stelle, non rappresentano certo la soluzione, ma sono sorti e prosperano grazie alla capacità di parlare alla pancia, più che al cervello della gente.
L'idea stessa che un problema tanto generalizzato, quale quello di una maggiore equità, di un nuovo paradigma economico a livello globale, possa essere affrontato con un partito politico nazionale è ridicola.
Sarebbe tempo di pensare a superare le barriere del nazionalismo, di unire gli sforzi, di aggregare scienza ed umanesimo per affrontare un futuro irto di difficoltà, frutto in gran parte delle nostre azioni.
Per farlo, bisogna svestirsi della presunzione di avere soluzioni, ascoltare gli altri, vedere ed imparare anche dalle esperienze dei Paesi più poveri.
C'è sul pianeta a sufficienza per tutti, se ognuno pretende per sé solo il necessario.
Qualsiasi altra ripartizione, come i polli di Trilussa, invita al conflitto sociale, che oggi non si combatte più sui campi di battaglia, ma nelle nostre città, dove convive la ricchezza ostentata e la disperata povertà, dove sempre più frequentemente un povero disgraziato impugnerà un coltello e cercherà di avere il suo minuto di gloria.