venerdì 22 luglio 2011

La casalinga di Voghera ed altre cose: appunti sparsi di un ostinato libero pensatore

Incipit
Molto di quanto la politica espressa dai partiti fa nel nostro Paese mostra un'evidente scollatura, spesso clamorosa, con il sentire della gente comune, in nome della quale essi asseriscono sempre di agire.
La differenza più macroscopica si evidenzia nella contraddizione tra il dire ed il fare. A fronte di ideali sempre sbandierati, l'azione politica è improntata spesso solo al tornaconto personale o, al più, del piccolo gruppo di appartenenza. Da ciò deriva inevitabilmente che, pur avendo bisogno della massa critica dei sostenitori, questi professionisti della politica li vogliono capaci solo di votare alla bisogna, senza attribuire loro alcuna responsabilità nell'elaborazione o scelta delle politiche da perseguire. Gli apparati di partito sono diventati sempre più un efficace filtro multistrato per evitare che i dirigenti siano "importunati" dalle idee poco ortodosse della base.
Senza sfociare nel populismo, i mezzi attuali ci consentirebbero invece di consultare il parere di molti ed implementare direttamente il volere popolare, senza filtri interpretativi e conseguenti equivoci.

La casalinga di Voghera
Il buon senso popolare è prerogativa femminile, perché femmina è molto spesso colei che amministra le finanze della famiglia e ne rappresenta l'elemento di raccordo tra i membri. Sarebbe quindi la migliore candidata ad amministrare la famiglia sociale ed a costituirne il collante, senza il quale anche la famiglia tradizionale ha mostrato di non poter sopravvivere.
Mi riferisco non tanto al genere femminile, quanto al modo di porsi nei confronti della società, mettendone al primo posto le esigenze, con un altruismo che storicamente e geneticamente è (o era) tipico della donna.
L'intera storia del genere umano e numerosi esempi nella grande famiglia dei mammiferi mostrano infatti quanto il compito genetico di portare dentro di sé una nuova vita renda la femmina attenta ad ascoltarne e soddisfarne le esigenze, a volte persino a danno del proprio benessere. Il maschio viceversa non ha quest'obbligo di natura, per lui si può trattare solo di una scelta consapevole, che è stata compiuta raramente da individui eccezionali e mai da istituzioni sociali.
A parole ed in linea di principio, vengono professate uguaglianza di genere, solidarietà intra ed intergenerazionale, ma in pratica gran parte delle pratiche private e pubbliche mirano al tornaconto individuale, anche a scapito del bene collettivo. Tutt'al più, vi si può vedere a volte la coincidenza tra vantaggio individuale e collettivo, ma sempre con una sproporzione quantitativa a favore del primo. Un bilancio che diventa inaccettabile, quando si privilegia un modesto vantaggio privato anche a fronte di un danno consistente per la collettività, trasgredendo alla prima regola che il buon amministratore dovrebbe sempre seguire.
Sviluppo sostenibile
Molti teorici del secolo scorso e di quello precedente hanno contribuito a dare una veste pseudo-scientifica al fondamentale ed istintivo egoismo dell'individuo, facendone un paradigma di sviluppo illimitato. Inutile dire che le loro teorie erano e sono pie illusioni, in quanto abitiamo un sistema sostanzialmente chiuso e di risorse finite, che stiamo consumando a ritmi 40 volte più elevati di quanto sarebbe ragionevole per rispettare l'equilibrio della natura. Solo da qualche decennio altri teorici e scienziati hanno cominciato a segnalare il rischio che la strada intrapresa sia arrivata molto vicina al punto di non ritorno, ma gli scettici più o meno in buona fede sono ancora la stragrande maggioranza, per lo meno tra coloro che possono decidere. Nella gente comune si va invece diffondendo, anche ad opera di media alla spasmodica ricerca dello scoop, l'idea molto ingenua, che ci sia un sistema alternativo di sviluppo, che permetta l'attuale tenore di benessere, senza pagare dazio con la rovina del pianeta che ci ospita.
Quest'idea è non solo errata, ma costituisce pericoloso ostacolo ad una presa di coscienza realistica, basata su fondamenti scientifici e capace di vedere con un orizzonte temporale un poco più ampio della irrisoria durata di vita individuale.
Alcuni profeti di questo nuovo testamento non hanno il minimo senso delle proporzioni, né conoscono i fondamentali principi di termodinamica alla base della vita sul nostro pianeta e nell'intero universo.
Un semplice esempio per chiarire questo concetto: un viaggio in macchina in città di 50 km per vedere un film consuma tanta energia quanta è a disposizione di un abitante del terzo mondo in un mese. Non si tratta infatti solo del consumo specifico, pur significativo, di 3 kg di carburante, usando irreversibilmente un prodotto che la natura ha impiegato millenni a fabbricare. La stessa automobile ha richiesto per la sua fabbricazione una quantità di risorse ed energia equivalente al lavoro che poteva essere compiuto qualche secolo fa da diverse persone nella loro intera vita. Il solo contenuto di energia del carburante impiegato nel viaggio rappresenta il lavoro potenziale di oltre 7 mesi di un nostro antenato del medioevo, quando la comune energia disponibile era il lavoro dell'uomo.
In occidente ogni abitante consuma l'equivalente di 5000 kg di petrolio all'anno, in alcuni Paesi del terzo mondo gli abitanti ne hanno a disposizione meno di 50 kg.
Un altro esempio è costituito dagli incentivi a favore del fotovoltaico, che falsano completamente le dinamiche di mercato, rendendo di fatto impossibile lo sviluppo di tecnologie alternative in molti casi caratterizzate da una minore impronta ecologica complessiva.
Non si deve infatti dimenticare che la fabbricazione e l'installazione di un impianto fotovoltaico comporta un uso di energia primaria circa corrispondente, alle nostre latitudini, alla produzione di almeno la metà della sua vita utile. Senza la sopravvalutazione incentivata dell'energia prodotta, gli attuali impianti sarebbero del tutto antieconomici e nessuno penserebbe di installarli, se non in zone dove l'insolazione ne giustifichi i costi reali.
Una risorsa invece purtroppo trascurata è quella idraulica: essa potrebbe essere sfruttata capillarmente con impianti piccoli, ad uso domestico, da tutti coloro che abitano nelle vicinanze di un qualsiasi corso d'acqua.
Il suo sfruttamento a fini energetici è soggetto ancora oggi ad una serie di pastoie burocratiche in grado di scoraggiare chiunque vi si accosti. Non essendovi possibilità di grossi guadagni, questa possibilità viene dunque del tutto ignorata, a favore di investimenti in impianti di grossa taglia, ad esempio le pale eoliche, anch'esse scarsamente giustificabili nella stragrande maggioranza dei siti nazionali in cui sono o verranno installate, o forse giustificate solo dalle laute tangenti elargite per ottenere la concessione dei siti.
Gli esempi precedenti servono a far emergere il concetto che è profondamente sbagliato immaginare una soluzione energetica universale, che magicamente risolva i problemi del mondo. La strada da percorrere a mio parere è invece quella dell'auto-produzione a livello domestico, usando un mix di tecnologie e solo quelle più adatte alle caratteristiche ambientali e di consumo. Ciò significa non sposare acriticamente un'unica tecnologia, ma adottare di volta in volta quelle che rappresentano il miglior rapporto energia resa/energia impiegata per l'intera vita dell'impianto.
Un nuovo paradigma di sviluppo
Produrre energia in modo autonomo è passo indispensabile verso un modello economico sempre più basato su lavoro personalizzato, compiuto da casa o dovunque convenga di più al singolo o al piccolo gruppo, un lavoro che assumerà variabilità inimmaginabili oggi, ma servirà a riempire il vuoto lasciato dalla migrazione del tradizionale lavoro di produzione industriale, effettuato temporaneamente in Asia ed in Sud America, ma destinato ad essere compiuto in gran parte da macchine.
Le società post industriali dell'Occidente dovranno ritagliarsi un modello di sviluppo profondamente diverso e diversificato, con mille sfumature e poca somiglianza con la programmazione economica centralizzata, paradossalmente qualcosa di simile all'economia sommersa, da sempre guardata come un handicap, presente in alcuni Paesi dell'area mediterranea, tra cui l'Italia. Le piccole comunità, diventando quasi autosufficienti per energia e alimentazione, potranno svincolarsi sempre più dalle forniture di servizi centralizzate e dalle relative imposizioni fiscali, avendo bisogno di minori infrastrutture per svolgere la loro attività, limitata fisicamente al territorio, ma in grado di far arrivare il loro prodotto, prettamente intellettuale, dovunque nel mondo.
La responsabilità di produrre energia, disporre dei rifiuti, coltivare il cibo sarà tanto importante da riuscire a responsabilizzare verso il rispetto della natura, verso la comprensione dell'interdipendenza di tutte le forme di vita sul pianeta, verso il compito di preservare per i nostri eredi un posto in cui essi possano vivere. Un esempio illuminante è rappresentato dal progetto "vertical farm", un sistema di coltivazione sperimentale in grado di rendere autosufficiente, dal punto di vista alimentare ed in qualche misura anche energetico, una piccola comunità urbana, con la coltivazione in loco di tutto quanto richiesto, senza più trasporti da e per la città.
L'evoluzione non può partire con le dichiarazioni dei grandi, che hanno già mostrato tutta la loro vacuità, ma con il lavoro di milioni di individui, ognuno con la sua soluzione su misura, adatta alla sua piccola comunità, con il governo centrale a fornire solo servizi di base.
Questo rappresenta una minaccia intollerabile per tutti coloro che attualmente hanno in mano le leve del potere politico ed economico. Per questo motivo essi stanno mettendo in atto, e lo faranno ancor più in futuro, tutte le misure necessarie per opporvisi, facendo largo uso dei media. Per la prima volta nella sua storia tuttavia il singolo ha la possibilità di scegliere cosa guardare, dove informarsi, a chi credere. Di conseguenza non è più possibile per alcuno imporre una visione o un'ideologia a senso unico.
Mi auguro che l'inevitabile crisi delle ideologie sia propedeutica alla presa di coscienza individuale che il destino comune della terra è letteralmente nelle mani di ciascuno ed è preciso dovere di tutti contribuire con il proprio lavoro al raggiungimento dell'equilibrio tra quanto consumato e quanto rigenerato.

Caso Italia, il Paese più bello del mondo, se non fosse per i suoi abitanti...
Le riforme
Una parola vuota con cui da decenni i politici illudono la gente, la cui pazienza ora potrebbe essere arrivata ad un punto critico.
Il sistema fiscale mi sembra quello che maggiormente esaspera per la sua iniquità, riassumibile nella constatazione che pagano troppo gli onesti e quelli che non possono evadere perché tassati alla fonte, mentre i furbetti continuano imperterriti a vivere alle spalle dei primi, non rinunciando neppure all'ostentazione del proprio evidente benessere. Il federalismo fiscale forse servirebbe a conoscere meglio questi signori ladri dei soldi di tutti, ma viene da chiedersi come mai in una società dove con un minimo di applicazione si può conoscere fino al dettaglio il tenore di vita di chiunque, la GdF non sia riuscita finora a fare controlli mirati almeno sui casi più eclatanti. Forse che, oltre allo stipendio, lo stato dovrebbe fornire loro anche una percentuale sul credito recuperato? Allora tanto vale rivolgersi ad agenzie di recupero crediti, come fanno da anni molte amministrazioni locali. Salvo poi trovarci a discutere di casi pietosi di gente gettata sul lastrico ed aziende fallite. Una soluzione dunque non esiste? Io credo che in questo caso sia un preciso dovere civico individuale comportarsi correttamente, anche denunciando chi non lo fa, come se stesse rubando a ciascuno, cosa che è vera alla lettera. Non è delazione, ma semplice difesa dei propri diritti. Ogni volta che si accetta o si cerca lo sconto di una prestazione pagando in nero, si perpetua la disonestà, con la conseguenza di un maggior carico fiscale a danno di tutti quelli che si comportano con rigorosa onestà. Perché dunque pochissimi di noi si indignano di fronte a tante frodi compiute alla luce del sole? La spiegazione sta forse nel fatto che senza una consistente fetta di reddito in nero, specie al Sud, molte famiglie non potrebbero vivere. E' un dato di fatto ben documentato, che a tutti i livelli viene considerato quasi fisiologico. Ma allora se ne traggano le conseguenze, tassando solo i consumi e non i redditi, che per chi non li dichiara onestamente costituiscono ghiotta occasione di vantaggi e benefici sociali a spese di tutti.
La giustizia
Il secondo problema irrisolto è senz'altro quello dell'amministrazione della giustizia, sia civile che penale. Si tratta di abolire un intrico inesplicabile di centinaia di migliaia di leggi, testi unici, regolamenti che si contraddicono di nome e di fatto, norme e cavilli degni della migliore tradizione dell'azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Perché non sia possibile semplificare e razionalizzare il corpus legislativo appare evidente, considerando che coloro che sarebbero deputati a farlo, per l'appunto i nostri rappresentanti in Parlamento, sono in gran parte laureati in giurisprudenza o diritto commerciale, con uno specifico interesse professionale a mantenere la situazione attuale di dipendenza del cittadino dai loro ben ricompensati servigi. Da qui deriva anche la logica conseguenza che anche tutte le nuove norme varate da Enti governativi o locali sono sempre più criptiche ed ambigue, per impedire al cittadino di cultura media di capirle, dare allo stesso tempo agli esperti la discrezionalità interpretativa necessaria per renderle spesso inefficaci ed alimentare in tal modo il contenzioso, con l'ovvio risultato della diffusa illegalità o impunità. La volontà politica di fare una riforma radicale non deve pertanto fermarsi all'enunciazione dei principi, pur necessaria, ma si deve anche assolutamente impedire che il lavoro di stesura delle norme fatto dai burocrati ne vanifichi lo spirito, nascondendolo in eccessiva e criptica fraseologia burocratese.
Di nuovo, la massaia di Voghera dovrebbe essere interpellata prima del varo, ed avere diritto di veto su leggi e norme che non è in grado di comprendere.
Populismo? No, semplice buon senso, per non perdere tempo e soldi su finti problemi, mentre quelli importanti che attengono al benessere, alla qualità della vita, all'armonia sociale vengono solo sfiorati a parole.
La politica
Come accennavo, la stragrande maggioranza dei nostri rappresentanti in Parlamento è costituita da coloro che per interesse personale non attueranno mai riforme necessarie alla gente. Chi continua a mandarceli, allora? Un sistema elettorale ancora una volta fatto da furbi, che sottrae al cittadino il diritto di scegliere direttamente il proprio uomo o di candidarsi personalmente, affidando alle lobby di partito il compito di premiare con le candidature i sodali della classe dirigente politica. Ecco perché solo in casi eccezionali arriva in Parlamento qualcuno in grado di parlare fuori dagli schemi, senza per altro che lo slancio iniziale sia in grado di concretizzarsi, a causa della vischiosità del sistema.
La politica, ovvero l'alto compito di occuparsi del bene della comunità, è diventata autoreferenziale e capace di vita propria, indipendente dal servizio cui è deputata, un peso insostenibile per la società, con l'aggravante di ostentare comportamenti meschini, quando non palesemente truffaldini.
Dunque, l'unica speranza sono i movimenti di piazza alla Grillo? Non mi ci ritrovo, non mi ci sono mai trovato bene nelle manifestazioni di piazza, negli slogan gridati a piena voce, nella masse infiammate ed incontrollabili. Sono un acceso individualista, che non ama sentirsi imporre cosa dire né tanto meno pensare. Credo che siamo in molti, ognuno con la sua specificità, fisiologicamente incapaci di accettare di essere etichettati con una connotazione ideologica e finalmente stufi di sopportare l'ipocrisia di chi si nasconde dietro alti ideali, per occuparsi sotto banco di bassi interessi personali.
Qualunquismo, diranno gli ex rivoluzionari e gli intellettuali da salotto, chiedendosi perché ciclicamente emerga questa tendenza del popolo bue a prendere in mano direttamente le sorti della propria vita, anziché farsi docilmente guidare dal loro illuminato pensiero.
I poverini non si rendono conto che la loro miope insipienza ci ha portato da un lato alla dissoluzione dei valori morali un tempo presenti nella società e nella famiglia, dall'altro ad una crisi economica che ancora una volta si accanisce sui più deboli.
Basta! La "maggioranza silenziosa" non è più tale.
Oggi, forse la prima volta, un singolo ha i mezzi per diffondere il proprio pensiero addirittura a livello planetario, sfruttando il Web e trovandovi informalmente consenso, formando o aggregandosi a gruppi dinamici che si coagulano attorno alle idee, ai progetti, agli scopi specifici, senza per questo perdere la libertà di sostenere altro, di coagulare altro.
Che non sia facile da queste aggregazioni trarre azioni politiche concrete è abbastanza evidente, ma non rinuncio a pensare che ci siano tra noi tantissimi che "sentono" allo stesso modo, cui preme di lasciare ai propri figli un'eredità migliore di quella ricevuta dai nostri padri.
E' ora di muoverci, è ora di agire prima che sia troppo tardi.

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