mercoledì 26 ottobre 2011

L'orgoglio di essere Italiani

Mi è successo di frequente di viaggiare per lavoro all'estero. Ho sempre riscontrato nei miei confronti una sorta di complesso di inferiorità, certo soggettivamente immeritato, ma che ho scoperto motivato dalla convizione da parte dei miei interlocutori che l'Italiano sia un cittadino diverso, con millenni di storia alle spalle, i cui antenati già vivevano ad un livello di civiltà paragonabile a quello attuale, quando i loro erano ancora cacciatori e prede. Questo nonostante molti esempi di inciviltà da parte di connazionali emigrati nei secoli in tutto il mondo o presenti nelle cronache odierne. D'altro canto, noi raramente ci rendiamo conto del retaggio e della responsabilità che comporta il nostro essere nati nella culla della civiltà occidentale.
Anche l'attualità purtroppo non offre al mondo da parte nostra esempi da seguire per il resto del mondo: almeno questo è ciò che viene trasmesso all'estero dai media tradizionali. Tuttavia esistono altri canali di comunicazione che funzionano e trasmettono un messaggio diverso: il messaggio portato dai numerosi scienziati e tecnici Italiani, apprezzati per competenza e genialità. Il messaggio dello stile di vita Italiano, che non è solo quello che si possono permettere i ricchi, ma viceversa trova sempre più conferme nella semplicità e serenità della vita di tutti i giorni di milioni di Italiani comuni, che amano il loro Paese e lavorano con sobrietà per il benessere personale e collettivo, senza perdere di vista che si lavora per vivere, non viceversa. Il modello economico Italiano, per molti economisti inspiegabile, è basato su dimensioni a misura d'uomo, su rapporti interpersonali, sulla solidarietà nei confronti del prossimo. Questo modello funziona e va apprezzato, non certo deriso dai "virtuosi" partner politici Europei, che predicano bene e razzolano peggio dei nostri. Forse è un modello che ancora purtroppo tollera la furbizia dei disonesti, che vivono alle spalle degli altri, ma basterebbe un pò di senso dello Stato per rimediare alla maggior parte dei nostri guai e costituire di nuovo un faro di civiltà per il resto del mondo, che ha smarrito il senso della vita nella dissennata corsa al profitto, senza rendersi conto che non è quanto si ha a fare la felicità, ma come la si vive.

lunedì 17 ottobre 2011

Facile profeta

L'uso della violenza da parte dei soliti "infiltrati" nel corteo "pacifico" di sabato mette in evidenza ancora una volta tutta la mediocrità e l'ipocrisia della nostra classe politica. Da un lato, la maggioranza si mostra ufficialmente indignata per quanto è successo. Tuttavia, ufficiosamente gongola e ne addossa l'intera responsabilità ad alcune parti dell'opposizione, che nei giorni scorsi avevano alluso all'inevitabilità di uno scontro violento. L'opposizione dal canto suo, altrettanto ipocritamente grida allo scempio e dichiara di essere stata danneggiata dall'azione di pochi infiltrati, che hanno rubato la scena alle giuste istanze della maggioranza dei dimostranti. Alcuni specializzati in dietrologia hanno già avanzato l'ipotesi che si sia trattato di un'abile manovra del nemico pubblico n°1, per screditare un'opposizione sempre più agguerrita nei suoi confronti e prossima a riuscire nel suo intento di sconfiggerlo.
Lungi da me l'affermazione che coloro che hanno partecipato alla manifestazione di sabato sia stati complici dei criminali vestiti di nero, ma non posso non notare che costoro hanno marciato insieme agli altri, portando un grande striscione dal messaggio inequivocabile. Il servizio d'ordine della manifestazione ha come minimo sottovalutato il fatto evidente che fossere muniti di casco e di maschere antigas, visto che l'unico impiego che tali mezzi comporta è uno scontro diretto con le forze dell'ordine.
L'accusa a queste ultime di incompetenza è ridicola, o forse nasconde qualche sentimento meno confessabile, perché se avessero reagito con maggior forza, quasi sicuramente oggi saremmo qui a piangere qualche vittima. Le FO hanno dimostrato di avere nervi saldi e competenza, di fronte a provocazioni e vere e proprie imboscate da guerriglia, riuscendo a limitare i danni, a rischio della propria incolumità.
Cosa resta dunque, oltre alle devastazioni nella nostra capitale? Quale insegnamento trarre da questa ennesima dimostrazione di assoluto spregio per il nostro Paese? Cosa fare per evitare che si ripetano simili episodi. Io, sperando di interpretare il pensiero di molti, romani e non, suggerisco con buon senso di vietare d'ora in avanti qualsiasi manifestazione nel centro cittadino. Date loro una bella distesa in aperta campagna, in cui l'unico danno che possono fare equivale a quello di un branco di pecore al pascolo..., con la più completa copertura da parte dei media, sa va sans dir.

giovedì 13 ottobre 2011

Governo a rischio:poi?

Lo spettacolo desolante di un Parlamento semivuoto e prima ancora di una maggioranza sbracata ed arruffona, sono l'ennesimo insulto al popolo italiano, a ciascuno di noi, che non si sente più rappresentato da coloro che siedono nelle istituzioni. Che fare? Augurarsi che il govenno non ottenga la fiducia non è certo una soluzione, vista la mancanza di alternative serie e non velleitarie. Una crisi di governo in questo momento alimenterebbe di nuovo la fame degli speculatori finanziari e rimetterebbe in gioco personaggi politici che sono alla radice dell'ingovernabilità di questo Paese. Dobbiamo allora augurarci che per l'ennesima volta Berlusconi con minacce e lusinghe riesca a rattoppare la sua maggioranza per andare avanti ancora qualche giorno o mese? Nel frattempo ci sono decisioni impopolari da prendere, programmi e riforme serie da attuare, che hanno bisogno di concertazione tra maggioranza ed opposizione, impossibile ora più che mai, in gran parte per responsabilità di quest'ultima parte. Essa non può rinunciare all'unico collante che tiene insieme anime politiche tanto diverse, l'avversione verso Berlusconi. Ben pochi tra i nostri politici si pongono il problema di che succede dopo. Non ho ancora visto un programma concreto, solo sentito dichiarazioni d'intenti, equivalenti alle promesse di un cambio di passo della maggioranza, vale a dire aria fritta.
Penso sia arrivato il momento che ciscuno di noi si impegni in prima persona, mettendo a disposizione le proprie prerogative di cittadini, con i mezzi che abbiamo a disposizione, esclusa ogni foma di violenza. Io ci sono, se posso essere utile.

mercoledì 5 ottobre 2011

Crescita-Benessere: alternative ad un concetto aberrante

Il binomio crescita=benessere, ancora oggi dato per scontato dalla maggior parte degli attori e decisori pubblici, mostra ogni giorno di più che la conseguenza finale del ciclo ad esso legato non può che essere il completo esaurimneto delle limitate risorse disponibili nel sistema Terra, con la conseguente estinzione di gran parte della  vita come noi la conosciamo.
L'unico modo di evitare una simile conclusione è quello di inaugurare quanto prima un sistema alternativo, che sia in grado di assicurare alla vita una possibilità di sviluppo in armonia con quanto disponibile, interrompendo la catena perversa di creazione di bisogni artificiali e di produzione di beni spazzatura per soddisfarli. Un possibile modello alternativo è già potenzialmente presente nella realtà economica e sociale Italiana, composta da micro-imprese, spesso a carattere familiare, che operano in un ambito locale, producendo prodotti di alta qualità. Perché tale potenzialità evolva in un sistema autosufficiente è necessario un chiaro disegno strategico e politico, che non può certo essere proposto dalle forze economiche e politiche attuali, le quali non hanno alcun interesse a cambiare lo status quo, perché da esso traggono profitti a spese di tutto il resto della società. L'iniziativa deve dunque essere presa dal cittadino, con i mezzi di cui dispone e rifuggendo dalla violenza, che già è apparsa in alcune manifestazioni  di rottura con il presente. Non so se abbiamo i mezzi di farci sentire, ma qualcuno deve cominciare. Ognuno di noi può intanto lavorare per ridurre lo spreco di beni e servizi nel suo ambito familiare e lavorativo, perché la riduzione dei consumi è in assoluto l'azione che costa meno realizzare.
 

lunedì 3 ottobre 2011

La terza via tra indifferenza e violenza

Di certo, non riesco più a restare indifferente, sotto la gragnuola di cattive notizie e di comportamenti inconseguenti che si verificano ormai con regolarità. Per restare ai problemi nazionali, l'inerzia e l'insipienza della nostra intera classe dirigente, politica ed economica, provoca e perpetua il sostanziale  stallo del sistema-Paese di fronte a ciò che avviene a livello globale. Subiamo passivamente le conseguenze socio-economiche, senza la benché minima idea o proposta per governarle con efficacia.

   Ad esempio, i flussi migratori verso il nostro Paese, anziché essere utilizzati come occasione di rimedio alla scarsa natalità interna, vengono demonizzati e considerati come un pericolo per il nostro benessere, impedendo in tal modo di integrare, con l'insegnamento in primis della lingua Italiana e dell'educazione civica, come si fa in molti Paesi occidentali, immigrati che hanno molta più voglia di mettersi in gioco di noi. Come dire, abbiamo solo i costi di mantenimento di una massa di persone molte delle quali clandestine, senza avere alcun vantaggio dal lavoro che potenzialmente esse potrebbero svolgere alla luce del sole, se fossero integrate nella legalità. Un progetto serio di alfabetizzazione ed istruzione primaria a questa gente fornirebbe lavoro ad alcune decine di migliaia di insegnanti e sono convinto che molti pensionati sarebbero più che disposti a fornire gratuitamente la propria opera per un simile progetto. Non si tratta quindi di scarsità di risorse, bensì di miopia, di non sapere guardare oltre un limitatissimo orizzonte temporale, dell'incapacità cronica di disegno strategico,  tipicamente Italiana.

   Oggi si discute di un sistema elettorale che ha consentito di mandare in Parlamento una classe politica corrotta ed incapace, si sono raccolte oltre un milione di firmi per abrogare una legge elettorale da tutti considerata indegna di un Paese civile, ma si dimentica di dire che l'abrogazione della legge attuale ripristina la precedente, che per anni non ha permesso al Paese di essere governato da maggioranze stabili, ponendo la sopravvivenza del governo nelle mani di minoranze marginali, ma determinanti.
Una legge elettorale sulla quale tutte le forze politiche siano d'accordo è oggi impossibile da approvare, data la contrapposizione tra maggioranza ed opposizione. Non ci possiamo aspettare che i nostri politici pensino al bene del Paese, dopo le innumerevoli dimostrazioni del contrario.
Il buonsenso vorrebbe che si decida prima quale Parlamento e quali funzioni esso debba svolgere, attraverso un plebiscito generale, da cui esca una nuova costituente, adatta ai tempi, che spazzi via le stratificazioni di potere e sottopotere che si sono accumulate in 60 anni di vita repubblicana. Un simile processo potrebbe essere attuato utilizzando i mezzi di informazione bidirezionali già presenti e diffusi nel Paese. Non ho sentito neanche i partiti più radicali proporre qualcosa del genere, perché evidentemente sta bene a tutti lo status quo. L'iniziativa non può che essere presa dalla gente.

  Mi indignano anche le recenti prese di posizione di Confindustria e di alcuni suoi epitomi, pronti a predicare bene, ma dediti a razzolare male, arraffando a piene mani aiuti di Stato e finanziamenti, che non producono se non risultati marginali e spesso di brevissimo periodo, o tanto patrioti da aver spostato, per profitti spesso solo apparentemente più alti, la maggior parte delle loro operazioni in altri Paesi.  Nessuno di costoro riesce a compiere una seria analisi di sistema, da cui emergerebbe in modo chiaro che il modello economico su cui si è basato finora il loro benessere, più consumo e più produzione, è aberrante e non sostenibile, ma va sostituito quanto prima da un modello di vita basato sulla qualità, sull'equilibrio con l'ambiente, sulla gioia di vivere della gente. Ciò comporterebbe minori profitti per loro e maggiore egualglianza, quindi non è da quella parte che un simile modello verrà proposto.

Chi dunque può modificare lo status quo, se non la gente comune, trovando forme di aggregazione dinamiche, lontane dalla logica dei partiti e delle fedi politiche, fondate sulla coincidenza di intenti per singole iniziative? Ognuno di noi può fare molto in questa direzione, non avendo timore di manifestare, condividere e contribuire con idee ed opere concrete in seno alla comunità, evitando sia indifferenza che violenza, entrambe così diffuse nella vita di tutti i giorni ed in alcuni casi, così incomprensibili per ferocia e mancanza di limiti morali.