mercoledì 21 dicembre 2011

Ma il lavoro dov'è?

Ritengo che sia giusto allungare l'età della pensione anche oltre i termini indicati dalla recente manovra, purché questo venga fatto garantendo lavoro qualificato anche a quell'età. Da anni viceversa si sta incentivando l'allontanamento degli over 50, sia per il loro maggior costo che per la minore capacità di adeguarsi a nuovi strumenti. Questo fenomeno non ha tuttavia favorito l'ingresso di giovani preparati, che anzi sono stati inquadrati in modo improprio, con contratti a termine che hanno prodotto una generazione di precari impossibilitati a programmare il proprio futuro. In questo modo miope di gestire il mercato del lavoro, si sono perse di vista le vere priorità di un Paese moderno, la cui economia non è più basata solo sulla produzione di beni materiali, ma essenzialmente sul terziario avanzato e sulla generazione di know-how. Molte aziende hanno imboccato la scorciatoia della delocalizzazione delle attività produttive, disfacendosi di manodopera qualificata, senza rendersi conto che se a livello tattico tale politica poteva avere dei vantaggi, a livello strategico avrebbe comportato il rischio di sparire dal mercato, per effetto della concorrenza dei Paesi emergenti. Ciò si è puntualmente verificato e l'Italia, da Paese manifatturiero per eccellenza, è diventata sempre meno rilevante, incapace di sostiture con qualcosa di nuovo la perdita di lavoro industriale. Non si può attribuire ai soli industriali la responsabilità di questo risultato, anche se sarebbe difficile non vederne i limiti culturali e la generalizzata mancanza di scrupoli. La mancata programmazione di lungo periodo è innanzi tutto colpa imputabile ad una classe politica concentrata sul consenso immediato, senza il coraggio di attuare politiche coraggiose di lungo respiro. Il nostro Paese ha le capacità e le caratteristiche geografiche per diventare un esempio di civiltà post-industriale, di sviluppo armonico basato su risorse locali e rinnovabili, imboccando un paradigma nuovo, che privilegi qualità e valori umani, invece che quantità e consumo compulsivo.
Nella recente manovra di un governo tecnico dichiaratamente di emergenza non ho visto alcuna inversione di tendenza, rispetto alla miopia del passato. Questo, oltre ai pesanti sacrifici chiesti ai soliti contribuenti noti, non depone a favore dei salvatori della patria. Mi auguro che arrivi presto un segno, se non si vuole affondare definitivamente verso il terzo mondo.

venerdì 16 dicembre 2011

Valutazione dell'uomo della strada

Dopo alcune settimane di continua propaganda da parte dei principali media sull'inelluttabilità di un'ennesima manovra di sacrifici, questa volta distribuiti in modo equo e proporzionale all'effettiva capacità contributiva di ciascuno, abbiamo assistito con sgomento all'enunciazione di un elenco di misure punitive a carico dei soliti che hanno sempre pagato, senza alcun riguardo per l'equità e la decenza. Il pacchetto di misure non fa menzione alcuna dei promessi strumenti di rilancio dell'economia, fatta salva una timida riduzione del costo del lavoro a vantaggio delle aziende, né vi sono enunciate le promesse riforme strutturali, senza le quali anche questo ennesimo salasso sarà del tutto inutile.
La macchina dello Stato è diventata così omnicomprensiva da autoalimentarsi e proteggersi contro tentativi di ridimensionamento, a partire dal sistema legislativo eletto, che non ha saputo esprimere negli ultimi vent'anni un ruolo commisurato ai costi per il Paese. L'impressione è anzi che l'elezione in Parlamento sia per la maggioranza dei parlamentari una sorta di premio dovuto, per riconoscenza, per i servigi prestati: gli eletti si sentono pertanto "giustamente" autorizzati all'inattività ed alla protezione dei propri privilegi.
Le misure originali sono state poi diluite in commissione, alcune in modo positivo, a favore di lavoratori e pensionati, altre a favore dei privilegi che intendevano abolire. Non è un bel segno, che anche i mercati hanno sottolineato con il nuovo aumento dello spread tra i titoli Italiani e quelli Tedeschi.
Mi pare evidente che l'effetto novità della squadra tecnica di Monti sia finito e la dura realtà è che le modifiche strutturali in questo Paese sono difficili da realizzare, persino in un momento tanto grave.
L'uomo qualunque capisce che l'economia mondiale è sbilanciata a favore di attività finanziarie, che nulla hanno a che fare con la produzione di beni e servizi reali, verso le quali negli scorsi anni si sono orientati istituti di credito ed organi istituzionali, con il risultato di aver scoperto che ora servono risorse reali per ripagare debiti virtuali contratti quando sembrava convenisse.
In effetti, mi è sempre sembrato strano che il primo principio della termodinamica non si applichi  anche all'economia. Dal nulla non nasce ricchezza, se non sottraendola a chi la detiene. L'Italia è nel mirino della speculazione, perché ci si è messa contraendo un debito pubblico enorme,  per ripagare il quale ogni anno spende qualche decina di miliardi di €. La ricchezza nelle mani degli Italiani per contro è circa 5 volte il debito pubblico, ed è questo il bottino cui mira la speculazione. Ci hanno raccontato che dobbiamo essere virtuosi, che dobbiamo contribuire, rinunciando ad una parte dei nostri risparmi, frutto in tanti casi di decenni di sacrifici ed ampiamente tassati all'origine, per coprire la voragine dell'inefficienza statale. Saremmo anche disposti a farlo, benché a malincuore, se fosse evidente che si tratta di un processo serio di risanamento, dopo il quale la macchina dello Stato sarà amministrata finalmente in modo efficiente, garantendo servizi essenziali senza che il carico fiscale sia insostenibile. Niente di tutto questo sembra essere in arrivo, mentre appare sempre più chiaro che abbiamo messo la volpe a guardia del pollaio, come al solito. Appare evidente che stiamo sacrificando i nostri risparmi all'ingordigia della speculazione internazionale ed all'insipienza di burocrati europei, lautamente pagati con i nostri soldi. L'uomo della strada dice basta, se non vede prima dei veri cambiamenti, se non vede snellita da subito la macchina dello Stato, se non vede funzionare la giustizia, se non vede il patrimonio immobiliare dello Stato utilizzato per gli scopi necessari, mentre le carceri scoppiano ed i giovani pagano prezzi da usura in nero per una parte di stanza nelle città sedi universitarie.
Al governo Monti porgo sommessamente un consiglio: occupatevi prima di questo, poi chiedete e vi sarà dato, perché l'Italiano avrà tanti difetti, ma anche la qualità della generosità e della solidarietà.

mercoledì 7 dicembre 2011

Lettera aperta al Governo dei Bocconiani

Le recenti norme introdotte in materia previdenziale hanno di colpo allungato la vita attiva di milioni di lavoratori, senza fare alcunché per creare nuove opportunità e rendere il sistema in grado di assorbire questa aumentata offerta. I più fortunati, che un lavoro ce l'hanno e vedono solo allungarsi l'orizzonte al quale potranno concedersi il meritato riposo, sperano che l'azienda per cui lavorano non abbia problemi. I milioni di autonomi, partite IVA per necessità o mancanza di alternative, sono lasciati completemante in balia degli eventi, senza neppure la copertura di cassa intergrazione o qualsiasi altro sostegno al reddito. Dopo aver stipulato un contratto ed aver mantenuto la loro parte dell'accordo, con il versamento del dovuto, si vedono allungare unilateralmente i termini della restituzione del prestito, non di qualche mese, ma di 5-6 anni. Come chiamare una simile pratica se non truffa? Come chiamare chi la sta imponendo e viene dipinto da qualcuno Salvatore della Patria, se non espressione della peggiore stortura di una finanza volta solo al profitto, senza riguardo per la persona? Non bastano certo le lacrime in diretta per cancellare l'ingiustizia di una manovra che ancora una volta individua la strada facile di attigere ad una platea contributiva trasparente e consistente, che ha sempre pagato e perciò stesso nell'impossibilità di creare difficoltà ad un ulteriore prelievo, lasciando invece intangibili le ricchezze accumulate dai molti furbi di questo Paese. Un vero scandalo, che stavolta trova concordi persino coloro che come me non amano la piazza: è necessario farsi sentire forte e chiaro. Nessuno pretende che la realtà sia meno drammatica, ma il peso da portare deve essere distribuito in modo più equo. Dov'è la visione strategica del futuro in un Paese che sistematicamente umilia le sue risorse migliori, costringendo i giovani a cercare altrove una possibilità e gli anziani a rinunciare ai loro sogni di contribuire con idee ed esperienza?  

lunedì 5 dicembre 2011

Che delusione: tasse e poco altro

Volevo aspettare di conoscere la sostanza della manovra, prima di arrischiare un giudizio. Alla luce dei fatti annunciati ieri sera dal governo, devo purtroppo constatare con un pò d'amarezza che i miei timori circa l'impossibilità di un miracolo si sono puntualmente avverati. Per essere credibile verso l'esterno, il governo ha optato per la strada sicura delle entrate, anzichè impugnare la scure decisa dei tagli. Non solo, la scure si abbatte con maggior vigore sulla platea numerosa dei redditi medio-bassi, solo sfiorando quelli alti. Il bene rifugio per eccellenza di tante famiglie italiane, la casa di proprietà, data l'impossibilità di occultamento, viene gravata di nuove imposte, contro la logica del sostegno alla formazione di nuove famiglie. Mi pare una politica miope. Mi pare un'ottima, ennesima occasione sprecata per imboccare una strada sociale virtuosa, dove sono finalmente premiati impegno individuale e onestà. Ancora una volta del tutto ignorate le misure necessarie per inaugurare un modello di sviluppo non basato sul consumismo, con un piano di lungo respiro che restituisca al paese la dignità e ne utilizzi adeguatamente le immense risorse umane. Un peccato per giovani ed anziani.

sabato 3 dicembre 2011

Qualcuno, troppo pochi ancora....

Qui sotto il link ad un'analisi/testamento di Antonio Maria Turiel, che offre amare verità di cui ognuno dovrebbe rendersi consapevole, con la personale ricerca della verità, senza accontentarsi delle favole che una schiera di esperti ci raccontano ogni giorno, né delle profezie di sventura delle altrettanto numerose cassandre mediatiche. Sono valutazioni che condivido e per la cui diffusione mi sto battendo anche attraverso questo modesto strumento di comunicazione. Il messaggio di Turiel offre la speranza che ognuno di noi, facendo la sua parte, può fare in modo che la vita umana su questo guscio di pianeta possa continuare in modo finalmente sostenibile, con un bilancio reale tra consumo e produzione, ma con un guadagno netto in felicità e coesione sociale.
http://ugobardi.blogspot.com/2011/08/messaggio-in-bottiglia.html

Chi lo condivide, lo diffonda. Una goccia nel deserto arido dell'indifferenza, ma che può diventare una pioggia rigeneratrice, se tanti ci credono.

venerdì 2 dicembre 2011

Miopia o puro egoismo?

Da giorni i media ci stanno ricordando con sempre maggiore enfasi e frequenza che le misure da prendere per sanare il dedito pubblico nazionale saranno amare e pesanti, con l'intento palese o velato di generare una sorta di rassegnazione in tutti coloro che, come me, non si sono mai sognati di non fare la propria parte, ma anzi l'hanno fatta oltre il dovuto, per compensare il mancato contributo dei numerosi furbi d'Italia. Per quanto mi riguarda, l'unico sentimento che sta montando è la consapevolezza che sia veramente troppo, che si sia tirata la corda oltre il limite di rottura. Non si può continuare a chiedere ai soliti noti, che già pagano, senza fare equità retroattiva nei confronti dei molti che hanno sempre schivato in tutto o in parte il loro dovere. Sarebbe per costoro una conferma dell'efficacia del loro comportamento ed un invito all'emulazione per molti altri, che hanno finora pagato il dovuto, non per convinzione o senso dello stato, ma semplicemente per paura delle sanzioni. In un sistema che non colpisce i colpevoli, che al peggio versano comunque una frazione del maltolto, l'unica spinta per continuare ad essere virtuosi è una dirittura morale quasi eroica. Ma non è di eroi che l'Italia ha bisogno, bensì di cittadini degni di tale nome. Vedremo lunedì se le misure del governo invertono finalmente il costume di premiare i disonesti.

domenica 27 novembre 2011

Per coloro che credono ai miracoli...

Molti Italiani in buona fede sperano che il nuovo governo, libero da condizionamenti politici e dal gravoso fardello di una serie di errori del passato, possa in poco tempo ristabilire quella fiducia dei mercati che appare come il più grande pericolo per la nostra economia. Mi sembra una speranza destinata ad essere disillusa: non esistono strade facili per uscire dalla situazione in cui, non solo per responsabilità di Berlusconi, ci troviamo. Per decenni abbiamo spazzato sotto il tappeto una serie di problemi strutturali, illudendoci che fuori dalla vista essi sparissero anche nella sostanza. Il vezzo di spendere a livello pubblico più di quanto si incassa, inaugurato decenni fa, è diventato talmente frequente da essere percepito come normale, propagandosi ai livelli amministrativi periferici, con esempi eclatanti in alcune regioni del Sud. La stessa cattiva abitudine si è diffusa persino a livello delle famiglie e sta trasformando lentamente il popolo più risparmiatore del mondo in una società dedita al consumo compulsivo a credito di beni e servizi spazzatura. Le nuove famiglie, persino le poche che si creano in modo formale, non hanno i mezzi economici per dotarsi di un'abitazione, ma non manca certo a nessuno dei componenti l'intera gamma dei gadget alla moda, oltre a buone frequentazioni ed happy hours quotidiani. Sobrietà è una qualità che viene considerata difetto non solo dalla maggior parte dei media, il che sembra ovvio, dal momento che essi vendono un qualche tipo di prodotto, ma spesso anche da molti maitre a penser ed economisti alla moda, che da anni vanno concionando di sviluppo infinito e di benessere personale perseguito ad ogni costo. La percezione che tutti possiamo avere la qualità di vita dei ricchi, sottilmente propagata attraverso i messaggi pubblicitari,  non significa che automaticamente ciascuno di noi ottiene i mezzi per farlo in pratica. Chi non ha abbastanza senso critico, ci crede e spende in beni superflui gran  parte del suo reddito, per ritrovarsi a terra alla prima difficoltà. Vivere modestamente non è più di moda, nemmeno per necessità. Così si assiste all'aumento esplosivo del gioco d'azzardo e delle lotterie, illusioni su cui lucra anche lo Stato, per cambiare con un colpo di fortuna la mediocrità in successo. Una favola che per quasi tutti è infinita illusione. Che fare allora? L'Italia è destinata a scivolare nel terzo mondo? Non ci rendiamo conto di quanto meglio siamo messi rispetto a situazioni economiche veramente disagiate, anche per il continuo sensazionalismo dei media, che danno voce all'eccessivo, al tragico, al sogno, ma mai al buon senso, alla normalità di una vita operosa, alla solidarietà quotidiana di milioni di persone: troppo banale, troppo scontato. Mi piacerebbe qualche volta invece sentire una proposta originale per imboccare una strada nuova, un nuovo modo di porsi nei confronti dei valori della vita e del ruolo che l'uomo deve assumere nel contesto più grande dell'ecosistema, senza inutili forzature ideologiche, con approccio ad un tempo pragmatico e scientifico, con la "prudenza del buon padre di famiglia", formula il cui significato si è perso sulla strada del consumo felice e facile ad ogni costo.
Dovremmo farlo spontaneamente e per tempo, prima che siano le circostanze a costrigerci con l'acqua alla gola. Questo sì, farebbe sensazione, ma richiederebbe comunque tempo e duro lavoro da parte di tutti, non l'intervento del solito colpo di fortuna che salva l'Italia in extremis.

sabato 19 novembre 2011

L'Europa che non c'è

Confesso che ho sempre provato una sorta di antipatia di pelle nei confronti dei Francesi, in gran parte a causa della loro ostentata superiorità, non giustificata dai fatti. Me ne vergogno, ma tant'è, mi sento più affine allo spirito nordico, alla solidità  e concretezza di Tedeschi e Scandinavi. Ultimamente ho purtroppo visto al lavoro una conferma ed una delusione. La conferma da parte del presidente francese della capacità di mostrare, molto meglio di quanto non sia in realtà, l'economia, la decisione nell'intervento, l'incisività dell'azione in campo internazionale. Ha approfittato della comprensibile ritrosia del cancelliere tedesco a scontentare il suo elettorato, convincendola a procrastinare la soluzione una volta per tutte del problema di un'Europa unita solo nelle intenzioni, mentre nei fatti ogni Paese pensa al proprio ristretto e miope interesse, con il varo deciso di una moneta europea, governata da una Banca in grado di sostenerla. Mesi e mesi di tentennamenti per la soluzione della crisi finanziaria di un paese, la Grecia, che rappresenta il 2% dell'economia europea, hanno mostrato al mondo che non siamo ancora un'unione vera, dove il problema di uno è il problema di tutti, dove ci sono inevitabilmente primi ed ultimi, ma tutti viaggiano insieme. L'assenza di un grande Paese come l'Italia a fornire un diverso punto di vista ha contribuito a peggiorare il risultato. La speculazione internazionale ha fatto il resto, avendo l'occasione di attaccare i paesi europei uno alla volta. Il presidente e la cancelliera si sono illusi per mesi di essere al di sopra del rischio, l'uno con presunzione eccessiva, l'altra con un calcolo tattico e semplicistico. Spero che i fatti di questi ultimi giorni servano ad entrambi per riflettere, se non è già troppo tardi. La loro miopia politica è costata parecchio e potrebbe ancora costare un prezzo insostenibile alla decrepita economia europea, se non si imboccherà con decisione la strada di un Bond europeo, suggerita oltre un anno fa da Tremonti e sempre snobbata.  Il presidente ha confermato di essere ottimo epigone della presunzione gallica, la cancelliera ha deluso per miopia ed ingenuità. L'idea di un Europa di nuovo faro di civiltà e portatrice di un modello di sviluppo per il futuro resta una pia illusione, a meno di improbabili miracoli.

mercoledì 16 novembre 2011

Governo Monti

Un augurio sincero al nuovo PM ed alla sua squadra. Purtroppo i problemi che sono chiamati ad affrontare non sono meno difficili di ieri, anche se l'atteggiamento di ciascuno di noi può facilitarne la soluzione o almeno mitigarne la percezione. L'approccio professionale e la scelta delle persone che compongono il gabinetto sono sicuramente dati di fatto che dovrebbero rassicurare i mercati, sempre dichiaratamente alla ricerca di stabilità, mentre di fatto provocano instabilità per lucrare. Vedremo tra qualche giorno e soprattutto giudicheremo il programma, che deve essere l'unico metro di giudizio per la valutazione. Oggi viene comunque sconfitta la politica, intesa come il compito di gestire la polis e le sue necessità pubbliche. In questo senso, coloro tra i politici di professione che plaudono alla soluzione odierna dovrebbero avere la decenza di tacere, dimostrando di avere almeno compreso che si è arrivati qui per la loro incapacità, protagonismo, mancanza di senso dello stato. L'unico a potersi guardare allo specchio senza vergogna è un anziano signore napoletano che risiede al Quirinale e che ha conservato, nonostante decenni di militanza politica attiva nella sinistra Italiana, la capacità di essere il presidente di tutti. Il suo comportamento degli ultimi mesi ha anche mostrato la necessità di modificare la costituzione Italiana, attribuendo un vero potere esecutivo ad una carica elettiva, sia essa il PM o il Presidente, per evitare la paralisi dei veti incrociati che si  produce in Parlamento. E' anche questa l'occasione di approfittare di una classe politica miope e mediocre, ridimensionandone numericamente la consistenza ed il costo, a tutto favore della restaurazione di un autentico spirito di servizio, che dovrebbe motivare chi si mette a disposizione dello Stato, ma che si è perso da decenni.
Spero che insieme con i problemi economici che rappresentano la sfida immediata, il governo Monti ponga mano anche a questi nodi strutturali, senza la cui soluzione le misure che verranno prese non saranno altro che un successo tattico di breve durata.

lunedì 14 novembre 2011

Le chiacchiere non bastano

A qualcuno faceva comodo pensare che con le dimissioni dell'odiato Berlusconi, magicamente i guai dell'Italia sarebbero scomparsi. L'effetto annuncio è durato solo poche ore. Abbiamo fama, non da poco, di essere ottimi affabulatori, ma di mantenere raramente quanto promesso. Ora si assisterà ad alcuni giorni di melina, in cui da un lato il Presidente incaricato cercherà di coinvolgere nel suo governo i politici, dal momento che le sue decisioni, che si annunciano dolorose, debbono passare il vaglio del Parlamento, dall'altro i partiti politici più populisti se ne staranno alla finestra, in cerca di un consenso elettorale prossimo venturo. Sta già succedendo in queste ore, con buona pace del senso dello stato sollecitato dal Presidente della Repubblica. I mercati lo avvertono e non si fidano, mi pare ovvio.

mercoledì 26 ottobre 2011

L'orgoglio di essere Italiani

Mi è successo di frequente di viaggiare per lavoro all'estero. Ho sempre riscontrato nei miei confronti una sorta di complesso di inferiorità, certo soggettivamente immeritato, ma che ho scoperto motivato dalla convizione da parte dei miei interlocutori che l'Italiano sia un cittadino diverso, con millenni di storia alle spalle, i cui antenati già vivevano ad un livello di civiltà paragonabile a quello attuale, quando i loro erano ancora cacciatori e prede. Questo nonostante molti esempi di inciviltà da parte di connazionali emigrati nei secoli in tutto il mondo o presenti nelle cronache odierne. D'altro canto, noi raramente ci rendiamo conto del retaggio e della responsabilità che comporta il nostro essere nati nella culla della civiltà occidentale.
Anche l'attualità purtroppo non offre al mondo da parte nostra esempi da seguire per il resto del mondo: almeno questo è ciò che viene trasmesso all'estero dai media tradizionali. Tuttavia esistono altri canali di comunicazione che funzionano e trasmettono un messaggio diverso: il messaggio portato dai numerosi scienziati e tecnici Italiani, apprezzati per competenza e genialità. Il messaggio dello stile di vita Italiano, che non è solo quello che si possono permettere i ricchi, ma viceversa trova sempre più conferme nella semplicità e serenità della vita di tutti i giorni di milioni di Italiani comuni, che amano il loro Paese e lavorano con sobrietà per il benessere personale e collettivo, senza perdere di vista che si lavora per vivere, non viceversa. Il modello economico Italiano, per molti economisti inspiegabile, è basato su dimensioni a misura d'uomo, su rapporti interpersonali, sulla solidarietà nei confronti del prossimo. Questo modello funziona e va apprezzato, non certo deriso dai "virtuosi" partner politici Europei, che predicano bene e razzolano peggio dei nostri. Forse è un modello che ancora purtroppo tollera la furbizia dei disonesti, che vivono alle spalle degli altri, ma basterebbe un pò di senso dello Stato per rimediare alla maggior parte dei nostri guai e costituire di nuovo un faro di civiltà per il resto del mondo, che ha smarrito il senso della vita nella dissennata corsa al profitto, senza rendersi conto che non è quanto si ha a fare la felicità, ma come la si vive.

lunedì 17 ottobre 2011

Facile profeta

L'uso della violenza da parte dei soliti "infiltrati" nel corteo "pacifico" di sabato mette in evidenza ancora una volta tutta la mediocrità e l'ipocrisia della nostra classe politica. Da un lato, la maggioranza si mostra ufficialmente indignata per quanto è successo. Tuttavia, ufficiosamente gongola e ne addossa l'intera responsabilità ad alcune parti dell'opposizione, che nei giorni scorsi avevano alluso all'inevitabilità di uno scontro violento. L'opposizione dal canto suo, altrettanto ipocritamente grida allo scempio e dichiara di essere stata danneggiata dall'azione di pochi infiltrati, che hanno rubato la scena alle giuste istanze della maggioranza dei dimostranti. Alcuni specializzati in dietrologia hanno già avanzato l'ipotesi che si sia trattato di un'abile manovra del nemico pubblico n°1, per screditare un'opposizione sempre più agguerrita nei suoi confronti e prossima a riuscire nel suo intento di sconfiggerlo.
Lungi da me l'affermazione che coloro che hanno partecipato alla manifestazione di sabato sia stati complici dei criminali vestiti di nero, ma non posso non notare che costoro hanno marciato insieme agli altri, portando un grande striscione dal messaggio inequivocabile. Il servizio d'ordine della manifestazione ha come minimo sottovalutato il fatto evidente che fossere muniti di casco e di maschere antigas, visto che l'unico impiego che tali mezzi comporta è uno scontro diretto con le forze dell'ordine.
L'accusa a queste ultime di incompetenza è ridicola, o forse nasconde qualche sentimento meno confessabile, perché se avessero reagito con maggior forza, quasi sicuramente oggi saremmo qui a piangere qualche vittima. Le FO hanno dimostrato di avere nervi saldi e competenza, di fronte a provocazioni e vere e proprie imboscate da guerriglia, riuscendo a limitare i danni, a rischio della propria incolumità.
Cosa resta dunque, oltre alle devastazioni nella nostra capitale? Quale insegnamento trarre da questa ennesima dimostrazione di assoluto spregio per il nostro Paese? Cosa fare per evitare che si ripetano simili episodi. Io, sperando di interpretare il pensiero di molti, romani e non, suggerisco con buon senso di vietare d'ora in avanti qualsiasi manifestazione nel centro cittadino. Date loro una bella distesa in aperta campagna, in cui l'unico danno che possono fare equivale a quello di un branco di pecore al pascolo..., con la più completa copertura da parte dei media, sa va sans dir.

giovedì 13 ottobre 2011

Governo a rischio:poi?

Lo spettacolo desolante di un Parlamento semivuoto e prima ancora di una maggioranza sbracata ed arruffona, sono l'ennesimo insulto al popolo italiano, a ciascuno di noi, che non si sente più rappresentato da coloro che siedono nelle istituzioni. Che fare? Augurarsi che il govenno non ottenga la fiducia non è certo una soluzione, vista la mancanza di alternative serie e non velleitarie. Una crisi di governo in questo momento alimenterebbe di nuovo la fame degli speculatori finanziari e rimetterebbe in gioco personaggi politici che sono alla radice dell'ingovernabilità di questo Paese. Dobbiamo allora augurarci che per l'ennesima volta Berlusconi con minacce e lusinghe riesca a rattoppare la sua maggioranza per andare avanti ancora qualche giorno o mese? Nel frattempo ci sono decisioni impopolari da prendere, programmi e riforme serie da attuare, che hanno bisogno di concertazione tra maggioranza ed opposizione, impossibile ora più che mai, in gran parte per responsabilità di quest'ultima parte. Essa non può rinunciare all'unico collante che tiene insieme anime politiche tanto diverse, l'avversione verso Berlusconi. Ben pochi tra i nostri politici si pongono il problema di che succede dopo. Non ho ancora visto un programma concreto, solo sentito dichiarazioni d'intenti, equivalenti alle promesse di un cambio di passo della maggioranza, vale a dire aria fritta.
Penso sia arrivato il momento che ciscuno di noi si impegni in prima persona, mettendo a disposizione le proprie prerogative di cittadini, con i mezzi che abbiamo a disposizione, esclusa ogni foma di violenza. Io ci sono, se posso essere utile.

mercoledì 5 ottobre 2011

Crescita-Benessere: alternative ad un concetto aberrante

Il binomio crescita=benessere, ancora oggi dato per scontato dalla maggior parte degli attori e decisori pubblici, mostra ogni giorno di più che la conseguenza finale del ciclo ad esso legato non può che essere il completo esaurimneto delle limitate risorse disponibili nel sistema Terra, con la conseguente estinzione di gran parte della  vita come noi la conosciamo.
L'unico modo di evitare una simile conclusione è quello di inaugurare quanto prima un sistema alternativo, che sia in grado di assicurare alla vita una possibilità di sviluppo in armonia con quanto disponibile, interrompendo la catena perversa di creazione di bisogni artificiali e di produzione di beni spazzatura per soddisfarli. Un possibile modello alternativo è già potenzialmente presente nella realtà economica e sociale Italiana, composta da micro-imprese, spesso a carattere familiare, che operano in un ambito locale, producendo prodotti di alta qualità. Perché tale potenzialità evolva in un sistema autosufficiente è necessario un chiaro disegno strategico e politico, che non può certo essere proposto dalle forze economiche e politiche attuali, le quali non hanno alcun interesse a cambiare lo status quo, perché da esso traggono profitti a spese di tutto il resto della società. L'iniziativa deve dunque essere presa dal cittadino, con i mezzi di cui dispone e rifuggendo dalla violenza, che già è apparsa in alcune manifestazioni  di rottura con il presente. Non so se abbiamo i mezzi di farci sentire, ma qualcuno deve cominciare. Ognuno di noi può intanto lavorare per ridurre lo spreco di beni e servizi nel suo ambito familiare e lavorativo, perché la riduzione dei consumi è in assoluto l'azione che costa meno realizzare.
 

lunedì 3 ottobre 2011

La terza via tra indifferenza e violenza

Di certo, non riesco più a restare indifferente, sotto la gragnuola di cattive notizie e di comportamenti inconseguenti che si verificano ormai con regolarità. Per restare ai problemi nazionali, l'inerzia e l'insipienza della nostra intera classe dirigente, politica ed economica, provoca e perpetua il sostanziale  stallo del sistema-Paese di fronte a ciò che avviene a livello globale. Subiamo passivamente le conseguenze socio-economiche, senza la benché minima idea o proposta per governarle con efficacia.

   Ad esempio, i flussi migratori verso il nostro Paese, anziché essere utilizzati come occasione di rimedio alla scarsa natalità interna, vengono demonizzati e considerati come un pericolo per il nostro benessere, impedendo in tal modo di integrare, con l'insegnamento in primis della lingua Italiana e dell'educazione civica, come si fa in molti Paesi occidentali, immigrati che hanno molta più voglia di mettersi in gioco di noi. Come dire, abbiamo solo i costi di mantenimento di una massa di persone molte delle quali clandestine, senza avere alcun vantaggio dal lavoro che potenzialmente esse potrebbero svolgere alla luce del sole, se fossero integrate nella legalità. Un progetto serio di alfabetizzazione ed istruzione primaria a questa gente fornirebbe lavoro ad alcune decine di migliaia di insegnanti e sono convinto che molti pensionati sarebbero più che disposti a fornire gratuitamente la propria opera per un simile progetto. Non si tratta quindi di scarsità di risorse, bensì di miopia, di non sapere guardare oltre un limitatissimo orizzonte temporale, dell'incapacità cronica di disegno strategico,  tipicamente Italiana.

   Oggi si discute di un sistema elettorale che ha consentito di mandare in Parlamento una classe politica corrotta ed incapace, si sono raccolte oltre un milione di firmi per abrogare una legge elettorale da tutti considerata indegna di un Paese civile, ma si dimentica di dire che l'abrogazione della legge attuale ripristina la precedente, che per anni non ha permesso al Paese di essere governato da maggioranze stabili, ponendo la sopravvivenza del governo nelle mani di minoranze marginali, ma determinanti.
Una legge elettorale sulla quale tutte le forze politiche siano d'accordo è oggi impossibile da approvare, data la contrapposizione tra maggioranza ed opposizione. Non ci possiamo aspettare che i nostri politici pensino al bene del Paese, dopo le innumerevoli dimostrazioni del contrario.
Il buonsenso vorrebbe che si decida prima quale Parlamento e quali funzioni esso debba svolgere, attraverso un plebiscito generale, da cui esca una nuova costituente, adatta ai tempi, che spazzi via le stratificazioni di potere e sottopotere che si sono accumulate in 60 anni di vita repubblicana. Un simile processo potrebbe essere attuato utilizzando i mezzi di informazione bidirezionali già presenti e diffusi nel Paese. Non ho sentito neanche i partiti più radicali proporre qualcosa del genere, perché evidentemente sta bene a tutti lo status quo. L'iniziativa non può che essere presa dalla gente.

  Mi indignano anche le recenti prese di posizione di Confindustria e di alcuni suoi epitomi, pronti a predicare bene, ma dediti a razzolare male, arraffando a piene mani aiuti di Stato e finanziamenti, che non producono se non risultati marginali e spesso di brevissimo periodo, o tanto patrioti da aver spostato, per profitti spesso solo apparentemente più alti, la maggior parte delle loro operazioni in altri Paesi.  Nessuno di costoro riesce a compiere una seria analisi di sistema, da cui emergerebbe in modo chiaro che il modello economico su cui si è basato finora il loro benessere, più consumo e più produzione, è aberrante e non sostenibile, ma va sostituito quanto prima da un modello di vita basato sulla qualità, sull'equilibrio con l'ambiente, sulla gioia di vivere della gente. Ciò comporterebbe minori profitti per loro e maggiore egualglianza, quindi non è da quella parte che un simile modello verrà proposto.

Chi dunque può modificare lo status quo, se non la gente comune, trovando forme di aggregazione dinamiche, lontane dalla logica dei partiti e delle fedi politiche, fondate sulla coincidenza di intenti per singole iniziative? Ognuno di noi può fare molto in questa direzione, non avendo timore di manifestare, condividere e contribuire con idee ed opere concrete in seno alla comunità, evitando sia indifferenza che violenza, entrambe così diffuse nella vita di tutti i giorni ed in alcuni casi, così incomprensibili per ferocia e mancanza di limiti morali.

venerdì 23 settembre 2011

Lettera aperta a Berlusconi

Presidente, leggo sui giornali di oggi che si è creata tra lei e Tremonti una frattura che appare sempre più insanabile. Il Ministro dell'economia non è mai stato la persona più simpatica del mondo, ma della sua competenza e capacità d'analisi sono testimonianza innumerevoli fatti, mentre le chiacchiere di alcuni dei suoi denigratori sono appunto chiacchiere. Non si lasci tentare dalla pericolosa illusione di poter fare a meno della sua competenza. Di nani adulatori alla sua corte ne ha già troppi. Semmai ha bisogno di qualcun altro che abbia il coraggio di dirle di no e di dipingerle un quadro più realistico della situazione economica e sociale del Paese. Il tanto promesso e mai attuato cambio di passo può essere compiuto solo se ci si rende conto che il modello economico seguito fino ad oggi non funziona più, perché costringe ad un avvitamento sempre più stretto tra produzione e consumo, un binomio insostenibile ed aberrante, non solo in Italia, ricca solo di ingegno, ma anche nel resto del pianeta, che possiede risorse limitate, già sull'orlo dell'esaurimento, quando ancora oltre 1/3 del genere umano non dispone dei beni essenziali ad una vita dignitosa. La futura economia del nostro Paese può solo basarsi sull'indipendenza energetica da fonti rinnovabili, sulla qualità di una vita che richiede meno beni di consumo e più tempo libero, meno spostamenti e più contatti umani, meno supermercati e più musei. Il turismo evoluto, l'offerta di servizi di alta qualità, la valorizzazione delle innumerevoli bellezze sparse in abbondanza sul territorio sono altrettante occasioni che attendono di essere colte. Soprattutto, non si lasci tentare dall'economia virtuale che Tremonti con anni di anticipo su tutti aveva individuato come un pericolo gravissimo per l'economia reale. I fatti gli hanno dato ampiamente ragione. Se vuole bene all'Italia, cosa che non dubito, perché sarebbe stato un folle a rischiare come ha fatto se non amasse profondamente questo Paese, prenda la decisione giusta e metta il governo in condizione di funzionare, senza dover annacquare per ragioni politiche i provvedimenti dolorosi che è necessario prendere. I mercati e le procure non sono l'unico giudice del suo operato, anzi è di fronte alla sua gente che deve apparire in giudizio, a quelli che hanno creduto in lei e sperato che il cambiamento di forma del modo di governare corrispondesse ad un cambiamento di sostanza.  In questi anni abbiamo visto affievolirsi questa speranza, ma non è troppo tardi per un colpo d'ala o per un onesto riconoscimento del fallimento politico del suo sogno. Ce lo deve e lo deve al suo Paese.

lunedì 19 settembre 2011

Il tempo per agire è quasi finito

Sono già passati due anni dalla confereza di Copenaghen sui cambiamenti climatici: da allora poco o nulla è stato fatto, anche per effetto della crisi globale che ha contratto la maggior parte delle economie evolute, con evidenti ricadute sulla disponibilità di risorse publiche e private. Tuttavia non abbiamo altre scelte se non quella di imboccare con decisione un modello di sviluppo compatibile con la finitezza del sistema sul quale viviamo.
Riporto l'introduzione di Alan Simpson ad un report che veniva discusso in quella sede, in originale e tradotto da me in italiano.

Alan Simpson MP
UK Government Special Advisor on Renewable Energy and Feed-in Tariffs
Introduzione al Report GREEN ENERGIES 100%RENEWABLES BY 2050
di Mae-Wan Ho, Brett Cherry Sam Burcher Peter Saunders

"Let no one be in any doubt about the importance of this report. Take it seriously and this could be the ‘get out of jail’card that Britain, and many other countries, will need to play in avoiding the drift into climate chaos.
The time for transformation is astonishingly short. There is no point in having 2050 targets without a programme that races into this transformation now. Rajendra Pachauri, the head of the International Panel on Climate Change, gives us three years in which to make dramatic switches in the whole way in which we think about energy systems.
Global leaders gathering in Copenhagen will haggle about a 2050 plan that can keep atmospheric carbon dioxide levels within a maximum of 450ppm. They hope it is not a bridge too far for the world’s politicians. The difference between the politics and the science is that the real survival threshold is around 350ppm. We are already beyond this level. Tomorrow’s agenda is not about the slowing down of carbon emissions, it is about how we row back form where we are now.
Many of the renewable energy choices set out in this report are already with us. Some require little more than a hop, skip and a jump to reach them. The trouble is that this leap has to be in a different direction from where we are currently heading. It involves some fundamental breaks from ‘big energy’, big pollution and the waste making society. Treading more lightly on the planet involves a shift into holistic economics which puts back as much - if not
more - than we take out.
The report is a road map for survival. It sets out the science, the technology and the choices for a different future. All it requires is the political will… and that’s where we’re stuck. It invites changes that are as much about power as energy. Most of the choices touched on in the report work best where there is local and public ownership to ensure that the energy system supports sustainable communities rather than global shareholders.
It is not just about empowering the scientists to spell out what can be done. It is about empowering the public to become the drivers of change we can all live with. If we have the sense to act on this report may be we will."

Trad.: Nessuno può mettere in dubbio l'importanza di questo report. Prenderlo seriamente può essere il biglietto della lotteria, per l'Inghilterra e per molte altre nazioni, che dobbiamo giocare per evitare la deriva verso il caos climatico.
Il tempo disponibile per un cambiamento è incredibilmente breve. Non vi è alcun senso nello stabilire degli obiettivi per il 2050, senza avere un programma che persegue questa trasformazione da subito. Rajendra Pachauri, il capo dell' IPCC, ci concede tre anni nei quali fare un completo ripensamento di paradigma del concetto attuale di sistema energetico.
I leaders mondiali che si incontrano a Copenaghen litigheranno sugli obiettivi del 2050 per raggiungere il risultato di limitare il livello di CO2 atmosferica a 450 ppm. Essi sperano che non sia un risultato troppo irrealistico per i politici. La differenza tra politica e scienza è che il vero livello di sopravvivenza climatica sta a 350 ppm. L'abbiamo già superato. L'agenda dell'incontro non riguarda rallentare le emissioni, bensì come fare a remare controcorrente da dove siamo già arrivati.
Molte delle scelte di energia rinnovabile descritte in questo report sono già note. Alcune richiedono solo poco più di un piccolo sforzo per realizzarle. Il problema è che la direzione di questo sforzo è opposta a quella in cui stiamo andando. Ciò comporta un cambiamento radicale dal sistema ad energia/inquinamento/produzione di rifiuti centralizzata. Essere meno invasivi sull'ecosistema comporta un cambiamento verso forme olistiche di economia che ricrea almeno altrettanto, se non di più, di quel che consuma.
Questo report è una strada maestra per la sopravvivenza. Vi viene descritta la scienza, la tecnologia e le scelte per un futuro diverso. Tutto ciò che richiede è la volontà politica...ed è lì che siamo nei guai. Il report raccomanda cambiamenti che hanno a che fare con il potere quanto con l'energia. Molte delle opportunità descritte nel report funzionano meglio dove il controllo è locale e pubblico, in modo da assicurare che il sistema energetico sia compatibile con gli interessi di comunità sostenibili piuttosto che di azionisti globali.
Non si tratta solo di dare agli scienziati la possibilità di spiegare ciò che si può fare. Si tratta di attribuire alla gente la possibilità di diventare essi stessi i fattori di cambiamento per sopravvivere tutti. Se abbiamo il buon senso di agire in questa direzione, forse ce la faremo.

Non si può aggiungere altro...

lunedì 12 settembre 2011

Altra settimana di passione?

Mi pare evidente che la posizione intransigente della Germania, pur comprensibile, sia destinata a portare l'UE al sostanziale fallimento, anziché ad una maggiore integrazione monetaria e politica. Questo fa il gioco delle monete alternative all'Euro, che iniziava a dare fastidio a livello mondiale. A Londra ed a New York, pur mostrando volti preoccupati, si fregano le mani di nascosto. Angela Merkel è chiaramente incapace di comprendere le complessità di interazione dei mercati. L'Italia sarà probabilmente costretta ad un'ulteriore manovra punitiva, poi toccherà alla Francia, che comincia ora, troppo tardi, a rendersi conto di non essere su un altro pianeta. Tra qualche mese il progetto politico di un Europa unita nella diversità delle sue componenti potrebbe miseramente naufragare nei veti e nel populismo, che sempre più determina le decisioni dei singoli stati. Una prospettiva disastrosa per tutti. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di varare un nuovo modello di sviluppo economico, in parte già imboccato dai Paesi del nord (in particolare Norvegia, Svezia ed Islanda). L'Europa diventerebbe di nuovo il precursore di un modello di civiltà finalmente capace di guardare al futuro, senza l'incognita della sotenibilità di lungo periodo. Dobbiamo purtroppo soffrire ancora, prima che questa strada appaia a tutti l'unica possibile.

lunedì 5 settembre 2011

La fiducia che non c'è

Anche oggi assistiamo all'ennesimo balletto autolesionistico delle dichiarazioni di sfiducia, da parte dell'opposizione, come è sua consuetudine, anche se in momenti tanto drammatici mi piacerebbe vedere maggior senso di responsabilità. Le dichiarazioni odierne di Draghi poi, ancorché formalmente e tecnicamente ineccepibili, sembrano gettare altra benzina sul fuoco, non si capisce a che scopo. Il prossimo presidente della BCE non ha bisogno di mettere le mani avanti o di crearsi una reputazione. Ne ha già una molto buona, che rischia di sporcare prima di iniziare il suo incarico europeo. Ovvio che la speculazione si butta su ogni occasione di guadagnare, sia in rialzo che ancor più odiosamente in perdita. Le nostre istituzioni sembrano del tutto impotenti ad arginare il fenomeno. Eppure il buon senso spingerebbe a prendere una misura drastica, ma efficace: limitare la variazione giornaliera negativa o positiva di qualsiasi titolo ad una percentuale compatibile con l'efficace eliminzione di chi gioca sul panico. Se un titolo ha un valore realistico, esso non può cambiare molto da un momento all'altro. Perché non lo si fa e si continua a piangere sui soldi di capitalizzazione bruciati? Evidentemente, quando il valore aumenta in modo altrettanto anomalo, fa comodo a tutti. Il particolare odioso della storia è che il piccolo risparmiatore quasi mai partecipa ai vantaggi del rialzo, ma subisce gran parte del danno delle perdite.

sabato 3 settembre 2011

Sostenibilità

Un'ottimo filmato (in Inglese con slang USA) di come e perchè abbiamo adottato un modello economico chiaramente insostenibile, che non solo non ci rende più felici, ma ci avvelena anima e corpo. Si può immaginare un sistema alternativo, ognuno facendo la sua parte, prima di tutto rifiutando di obbedire ai canoni del consumismo, poi creando un modello economico basato su risorse locali, sfruttate in modo sostenibile, con energia da fonti rinnovabili e sostanziale redistribuzione del benessere all'intera umanità.
Capitalismo e mercatismo hanno clamorosamente fallito, pur avendo vinto la guerra contro il socialismo reale. Si deve aprire una nuova era, prima che sia troppo tardi o che ci si scanni per l'ultimo goccio di petrolio. Un modello di sviluppo non devolutivo può essere adottato solo se le coscienze della gente cambiano. Sta a noi contribuire a questo cambiamento.

 http://www.youtube.com/storyofstuffproject#p/u/22/9GorqroigqM

martedì 30 agosto 2011

Siamo alle solite

Dal vertice di ieri ad Arcore si conferma il solito modo di fare politica, fuori dalle sedi istituzionali ed al riparo da sguardi indiscreti. Molto squallido che all'uscita tutti si siano dichiarati soddisfatti. Le poche novità strutturali contenute fino alla vigilia (abolizione delle province ed accorpamento dei piccoli comuni, dimezzamento dei parlamentari) sono state di fatto eliminate, in attesa di un percorso parlamentare tutt'altro che scontato. Allo stesso modo è stato eliminato il contributo straordinario di solidarietà da parte dei redditi medio-alti. Mi chiedo perché non si sia pensato ad una forma di adesione volontaria, attivando una gara al rialzo tra i veramente ricchi. Possibile che si debba sempre solo parlare dei misfatti, mentre le azioni meritorie non fanno notizia? E' chiaro che nel nostro Paese esistono centinaia di migliaia di persone fisiche e società con patrimoni plurimilionari, anche se al Fisco molte non risultano tali. Buon senso vorrebbe che la stima dei redditi fosse compiuta in modo realistico, non in base alle carte dei commercialisti, che sono considerati tanto più bravi quanto meno riescono a far pagare il cliente. Tutto questo è reso possibile da un intrico di norme la cui applicazione è tanto complessa da rendere possibile una sostanziale elusione. La riforma strutturale necessaria per stroncare un'evasione fiscale al 20% del PIL non può che passare dall'eliminazione in un sol colpo del sistema di norme attuale, con il varo di un testo unico semplice, senza scappatoie ed eccezioni, in cui vengano finalmente introdotti reali strumenti di correttezza da parte di tutti. Affidarsi al senso civico dei cittadini è chiaramente insufficiente, mentre renderli partecipi di vantaggi immediati può essere l'unica strada.

martedì 23 agosto 2011

Populismo e gattopardesca viltà

Chi è arrivato in Parlamento, con qualunque schieramento, non rinuncerà facilmente ai privilegi che la posizione comporta. Essi chiederanno altri sacrifici a tutti noi, pur di non scontentare se stessi ed i propri associati a livello locale. La Lega dimostra ancora una volta la rozza demagogia di un movimento popolare. Solo che usare il linguaggio del popolo per il popolo ha una contropartita: si rischia di dover dire anche ciò che non si pensa, perché alla gente non piace sentirsi negare quel che desidera. Oggi oggettivamente Bossi non può dare ai suoi quel che ha sempre promesso, andando al governo a Roma ladrona, per salvaguardare i diritti del popolo padano. Che non ci sia riuscito è ormai evidente, così come ora il no puntiglioso a qualsiasi modifica del sistema pensionistico è folklore, dopo che sembra approvare che i tagli agli enti locali di fatto svuotino di significato il raggiunto federalismo fiscale. Mi aspettavo almeno un po' di coraggio, ma è evidente che la malattia e la vecchiaia lasciano il segno. Purtroppo anche la Lega soffre del culto di personalità come il PDL e nessuno dei suoi collaboratori ha la stoffa per prendere l'iniziativa politica di essere impopolare ma costruttivo. Si vivacchia in maggioranza così come all'opposizione, dove proposte serie ancora latitano, nonostante da mesi si promettano contromanovre. Al di là di una generica lotta all'evasione, su cui per altro tutti gli onesti non possono che essere d'accordo, e la proposta di una patrimoniale, odiosa di per sé, nessuno ha il coraggio di battersi perché si passi da un sistema fiscale che tassa i redditi ad uno che tassa i consumi, l'unico che finalmente incentiverebbe un modo di vita intelligente e compatibile con le scarse risorse a disposizione. Un prelievo inesistente su un paniere di beni di prima necessità e una tariffa molto più alta dell'attuale su tutto il resto. Un fisco snello con poche norme e poche occasioni di evadere: chi non lo vuole? Ovviamente coloro che prosperano in un sistema complesso  come l'attuale, compresi gran parte dei nostri Parlamentari (Avvocati, Fiscalisti, ecc.).

venerdì 19 agosto 2011

La temperatura aumenta

L'estate assume ogni giorno di più il suo carattere, purtroppo anche sui mercati. L'Italia in ferie rischia di trovare al rientro una situazione ancor più deteriorata, con ulteriore perdita di fiducia nella possibilità di miglioramento di una sistema-Paese che non ha saputo per tempo dotarsi di mezzi strategici efficaci, per provvedere al benessere dei suoi cittadini, ricorrendo invece per decenni a piccoli aggiustamenti tattici, che hanno rivelato i propri limiti strutturali in varie occasioni, compresa la presente.
Leggo le ennesime buone intenzioni della presidente di Confindustria, la quale dà consigli come se la sua categoria non avesse nulla da rimproverarsi. Leggo le dichiarazioni bellicose e risibili di un'opposizione capace solo di sostenere il monotono tentativo di scalzare il governo e sostituirvisi, per prendere il posto alla greppia di coloro che vi si trovano attualmente. Leggo le dichiarazioni contraddittorie di una maggioranza disunita e preoccupata di difendere il proprio orticello elettorale, incapace di volare alto, perché non coesa su un programma condiviso, ma già con il pensiero alle prossime elezioni. In tutto questo, nessuno sembra preoccuparsi del bene del Paese, offrire una visione di lungo respiro, alternativa al semplice binomio consumo-sviluppo, che sempre di più si rivela falso ed autolesionistico. Il nostro Paese ha la fortuna di essere geograficamente, culturalmente e socialmente nella posizione ottimale per inaugurare un modello di sviluppo nuovo, da offrire al mondo come possibile alternativa alla dissennata corsa verso la distruzione. Esiste da noi la possibilità di vivere bene, senza rinunciare alla qualità, ma solo ai bisogni artificiali di una società consumistica, che muove un mezzo da 1500 chili per spostare un corpo da 60, che usa una risorsa preziosa come l'acqua potabile per innaffiare un pò d'erba davanti casa, mentre milioni di donne e bambini ogni giorno camminano per decine di chilometri per trasportarne a casa pochi litri. Potrei fare altri mille esempi di uso dissennato di risorse insostituibili, ma mi limito a citare ancora solo l'abuso di combustibili fossili come fonte di energia, con gli effetti climatici globali di cui ormai tutti stiamo vedendo gli effetti.
Se nessuna istituzione nazionale e sovranazionale sembra farcela, lo deve fare ognuno di noi, con le nostre scelte quotidiane, con una visione di lungo respiro che dia speranza ai nostri figli e nipoti. Possiamo abbandonare il benessre artificiale dato dal possesso e consumo di quantità enormi di beni e servizi di qualità sempre più scadente, per inaugurare la sostenibilità a livello individuale, di piccola comunità, di nazione. Senza rinunciare alla qualità della vita, anzi con un netto miglioramento dell'ambiente, che si riflette in maggior salute mentale e fisica, con il lavoro concepito come contributo all'autosuffienza energetica ed alimentare, non come mezzo per accumulare ricchezza fine a sé stessa.
Una cultura nuova, che non propone utopie, ma affronta le sfide pratiche con un approccio basato su scienza e coscienza, senza più dicotomie tra le due. Si può, se ognuno di noi comincia a fare la sua parte.

mercoledì 17 agosto 2011

Un caldo che dà alla testa...

Alcune delle decisioni prese in questi giorni in campo economico e molti dei commenti ad esse riflettono a mio parere una confusione totale (forse indotta dall'ondata di caldo estivo) tra causa ed effetto. Si dice che il debito pubblico Italiano sia enorme, rispetto al PIL e che quindi esso vada ridotto, innanzitutto con l'obbligo di gestione in pareggio, mentre dall'altro lato si invita il cittadino a tornare a consumare, a spendere di più per far ripartire l'economia. Due concetti in palese contraddizione, se è vero che per ridurre le spese di gestione è necessario risparmiare, non spendere di più. Da qualcun altro viene puntualizzato che oltre il 70% del debito pubblico nazionale è nelle mani dei risparmiatori Italiani, come se questo fosse una consolazione o rendesse tale debito meno esigibile. La manovra va a colpire in prima battuta coloro che per correttezza o per mancanza di scelta pagano il dovuto al fisco, coloro che rappresentano i quadri ed i dirigenti delle nostre aziende. Nulla di più si fa per stanare i molti che ancora sottraggono la maggior parte dei propri redditi al fisco e vivono alle spalle di ciascuno di noi, spesso ostentando la propria furbizia. Sarebbe serio se prima di chiedere sacrifici ai soliti, si stroncasse alla fonte il malcostume di  evadere: basterebbe tassare i consumi , non i redditi, veri o presunti, a vantaggio di chi vive con poco. L'economia non ha bisogno di spreconi, la qualità della vita neppure.  

sabato 13 agosto 2011

Le regole elettorali

Di fronte a quanto sta succedendo, viene da chiedersi se non sia il caso di tagliare decisamente con il passato e ritirare l'assegno in bianco dato ai partiti in campo elettorale. Dovremmo immaginare un nuovo sistema nel quale sia finalmente possibile, per chi se la sente ed ha competenza dimostrata, candidarsi a ricoprire un ruolo di rappresentanza parlamentare e governativa. Se si lascia anche questa volta l'iniziativa ai partiti, il rischio di una rivolta popolare disordinata e violenta è più che probabile. Siccome le rivoluzioni sono spesso prodromo di peggioramento persino del già drammatico status quo, sarebbe opportuno evitare di arrivarci. La modifica delle regole elettorali non può certo avvenire per iniziativa dei nostri attuali politici di professione, i quali in gran parte vedono il loro ruolo come un comodo punto di arrivo, con annessi potere e privilegi. Lo spirito di servizio per il bene del Paese è diventato merce rara, tanto che chi ancora lo professa viene deriso dai colleghi e tacciato di ingenuità politica. L'iniziativa di cambiare le regole del gioco deve dunque essere di origine popolare, attraverso un referendum propositivo, con poche chiare opzioni. Se un Paese ha bisogno delle migliori competenze per uscire da una situazione difficile, buon senso vorrebbe che si affidasse il compito a chi ha dimostrato nella propria vita di avere già affrontato con successo difficoltà analoghe e sia disponibile a farlo. Dunque il primo passaggio potrebbe essere una sorta di auto-candidatura, con presentazione di un Curriculum Vitae, in cui il candidato illustri le sue esperienze pregresse ed il suo pensiero. Tra tutte le candidature si potrebbe poi procedere ad un primo screening, basato su criteri oggettivi, attraverso uno specifico SW, che sia in grado di accoppiare ruoli e caratteristiche. La scelta finale sarebbe poi effettuata da un comitato elettorale di saggi, estratti a sorte in tutte le regioni con una procedura casuale tra tutti i cittadini maggiorenni, noti al fisco, senza procedure civili o penali pregresse o in corso. Tale comitato verrebbe insediato ad hoc, per un periodo non superiore a 30 gg ed ai partecipanti verrebbe corrisposta una diaria di entità congrua. Una volta effettuata la scelta di 600 candidati al Parlamento (due camere con ruoli diversi, una in rappresentanza degli enti locali ed una legislativa federale, per un numero complessivo non superiore a 300), si procederebbe alla votazione per scelta diretta da parte dei cittadini. Ogni candidato avrebbe a disposizione mezz'ora di tempo  su un medium scelto allo scopo, per illustrare i suoi programmi e le sue idee. La campagna elettorale potrebbe dunque durare non oltre 50 gg. La scelta dell'ordine di presentazione dei candidati sarebbe a sorteggio. Gli interventi di ciascun candidato potrebbero restare a disposizione su un portale dedicato. Le votazioni si potrebbero svolgere in un'unica giornata, con un sistema elettronico di scelta  con touch screen, con contabilizzazione immediata dei risultati di preferenza. I primi 320 candidati verrebbero eletti in Parlamento, i primi 20 verrebbero incaricati di formare il governo, scegliendo competenze anche al di fuori degli eletti in Parlamento. Essi sceglierebbero al loro interno il primo Ministro ed i titolari dei ministeri.
I membri eletti del Governo avrebbero 15 giorni di tempo per presentare un programma per l'intera legislatura, di durata non superiore a 5 anni, programma che verrebbe portato in assemblea congiunta e discusso/modificato/approvato in non oltre una settimana.
Questo in nuce quanto mi piacerebbe vedere nel mio Paese, anche se non so se definirlo un sogno o se vi siano proposte diverse, migliori. Suggerisco quindi di bandire un conscorso di idee in proposito, tra cui effettuare una sintesi. Il sistema elettorale dovrebbe comunque essere tanto semplice da essere comprensibile al cittadino medio. Lo stesso dovrebbe essere tutto ciò che viene deliberato in sede legislativa. Basta burocratese, basta freseologie contorte e fumose, da cui siano possibili diverse interpretazioni. La casalinga di Voghera deve capire!

mercoledì 10 agosto 2011

Attualità: egoismo ed evoluzione


Stiamo da tempo assistendo alla seconda puntata di una truffa planetaria a spese dei piccoli risparmiatori da parte di speculatori istituzionali e privati. La prima ha coinciso con l'implosione della bolla dei derivati nel 2008.
Nel frattempo la comunità internazionale ha agito in modo debole ed in ordine sparso, spesso con interventi che hanno premiato proprio i maggiori responsabili dello sfacelo, penalizzando ulteriormente i piccoli risparmiatori, ovvero la stragrande maggioranza dei cittadini, con nuove tasse, palesi o mascherate.
Dopo due anni, abbiamo dimenticato quanto possa essere rischioso dare corda a, e cercare facili guadagni con, una finanza virtuale, le cui dimensioni superano di molte volte in valore quella reale, basata su beni e servizi veri. Per questo, ora si stanno bruciando ogni giorno centinaia di miliardi di € di capitalizzazione, senza che alcuno possa avere l'autorevolezza per fermare il massacro.
Che sia un problema di leadership o di governance (com'è di moda ora), appare evidente, che sia un problema planetario è altrettanto evidente, anche se i politici nostrani d'opposizione ed i media loro sodali continuano ad attribuirne l'intera responsabilità al nemico pubblico numero uno. Il nostro B. sarebbe sempre più simile al padreterno, con ulteriore gratificazione del suo già notevole ego. Purtroppo le cose non stanno così e sono certo che nessuno in pieno possesso di un minimo di facoltà mentali possa negare che il modello di società che si è venuto a creare rischia seriamente di non essere più in grado di garantire una sopravvivenza a lungo termine al genere umano.
In un mondo dove le notizie viaggiano istantaneamente e universalmente, sussistono situazioni politiche, economiche e sociali tanto diverse da essere incompatibili, con l'inevitabile sorgere di tensioni insanabili tra chi è visto come privilegiato (la minoranza) e chi vorrebbe ambire a diventarlo (la maggioranza). Questo si verifica a tutte le scale di osservazione, dalla famiglia alla nazione, all'intero genere umano. Le conseguenze sono parimenti osservabili ad ogni livello di dettaglio, con l'aumento esponenziale di separazioni familiari, con la faziosità politica e sociale divenuta routine, con la miope tentazione isolazionista da parte di alcuni Stati. Il tutto è motivato dall'egoismo, un tratto tipicamente umano che millenni di evoluzione hanno contribuito a rafforzare. Ovvero, sono forse venuti meno i necessari contrappesi della solidarietà, che ha permesso al genere umano di sopravvivere in ambienti ostili, con la collaborazione e la condivisione sociale dello stesso destino. Una delle caratteristiche comuni a tutte le religioni è per l'appunto il senso di appartenenza ad una comunità, la speranza di una salvezza trascendente da raggiungere non individualmente, bensì insieme ad altri con le stesse convinzioni. Da qualche tempo, il progresso ha posto molti di noi in condizione di pensare di poter fare a meno degli altri e questo si è poco alla volta trasformato in aperta ostilità verso chiunque non appartenga alla nostra stretta cerchia. Vedere quanto la litigiosità per futili motivi sia diventata comune fa male al cuore, non solo di chi segue il messaggio cristiano, ma anche di chi, come me, sa che natura, scienza e tecnologia hanno bisogno da parte dell'uomo di un comportamento cooperativo e collaborativo, per continuare a garantirgli quelle eccezionali condizioni di vita di cui ha bisogno. L'insieme straordinario di caratteristiche fisiche del nostro pianeta, così perfetto per la vita come la conosciamo, si sta rivelando anche estremamente fragile, sulla spinta di insulti sempre più massicci dovuti all'attività antropica.
La falsa convinzione che possa esserci un ciclo infinito di progresso e benessere viene ancora oggi propagata come rimedio alla crisi dei mercati. Da più parti ci viene detto: consumate di più, in modo che la nostre aziende possano produrre di più e tutti possiamo diventare più ricchi. Questa è una bugia talmente palese che mi chiedo perché nessuno ancora abbia posto il problema a livello politico.
Nessun sistema, per quanto grande sia, e la nostra terra non lo è, può sopportare all'infinito la spinta al disequilibrio che è insita in ogni attività legata alla vita. Si tratta di una semplice constatazione termodinamica: disporre di energia e materia coerente, caratterizzata da un grado elevato di ordine, ed usarla in quantità sempre più massicce, la rende irreversibilmente più incoerente e disordinata, indisponibile per ulteriori usi, se non a prezzo di ancora maggiori quantità di energia e materia.

L'invito ad un maggior consumo altro non è che la dissennata soluzione di chi non ha la minima conoscenza di questo semplice principio.

giovedì 28 luglio 2011

Altri pensieri in libertà di inizio anno (2011)

Rivedere quanto si affermava tempo fa è un'ottima abitudine, che serve a comprendere la propria pochezza o, al contrario, a rafforzare le proprie convinzioni. Seguono alcune considerazioni che risalgono all'inizio dell'anno in corso. Mi pare di poterle ancora sottoscrivere.

13/01/2011
Si discute in tutto il Paese di referendum alla Fiat, di verdetto della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, sulle alleanze di governo per scongiurare le elezioni anticipate. Problemi importanti, ma di scarsa rilevanza se non per i diretti interessati, ovvero gli operai della Fiat, che non investirebbe in mancanza di un ampio consenso alle condizioni contrattuali proposte. Mi sembra ridicolo, non solo anacronistico, pensare che la proposta di Marchionne venga interpretata dai Landini e dalle Camusso come un ricatto, che lede i diritti fondamentali della classe operaia, di cui si professano paladini, senza rendersi conto che a fianco dei diritti esistono precisi doveri, che raramente questi dirigenti sindacali hanno spiegato alle migliaia di loro iscritti, per i quali l'assenza in concomitanza di un giorno pre o post festivo è del tutto giustificata, per i quali una partita in diretta ha la precedenza sul loro dovere professionale, per i quali la presenza, non dico il lavoro, in un ufficio pubblico è discrezionale e può essere interrotta a piacere per esigenze personali, a patto che qualche collega timbri il cartellino. Non sono sprovveduto al punto da pensare che cose del genere non succedano anche altrove, ma in Italia ed in altri Paesi dell'area mediterranea il fenomeno ha assunto dimensioni tali da risvegliare persino le ire del nostro Brunetta, che ha fatto della campagna contro i fannulloni la sua bandiera politica ed ora vive di rendita. Non so quanto la sua azione sia stata efficace e/o duratura, ma conosco abbastanza la natura umana per capire che senza un sostanziale cambiamento di atteggiamento di ciascuno di noi, il fenomeno a poco a poco tornerà: il nostro non può essere un atteggiamento di rassegnazione, ma dobbiamo denunciare i furbi, perché è un nostro interesse personale, essi rubano a ciascuno di noi tempo e soldi. Bene fa il sindaco di Bari che recluta i cittadini per scoprire i fannulloni tra i dipendenti delle aziende municipali. Anche se solo un ex magistrato può pensare di passarla liscia con un'azione tanto "disdicevole".

La Corte Costituzionale sta decidendo se una legge approvata dal Parlamento sia o meno in linea con la nostra Costituzione, di volta in volta tirata in ballo quando non si vuole cambiare lo status quo, come se essa fosse promanata direttamente da Dio, e non stesa da un gruppo di uomini che avevano vissuto la vicenda tremenda di una guerra e di una sconfitta vergognosa e stavano cercando con la carta costituzionale di scongiurare la possibilità che si potessero verificare di nuovo condizioni favorevoli al ripetersi di quella tragedia. Il considerare la Costituzione perfetta ed immutabile, l'aver bisogno di un consesso di magistrati per interpretarla, l'uso politico che se ne fa spesso, gli ostacoli oggettivi e legislativi al suo cambiamento anche in parti che appaiono chiaramente anacronistiche, la dicono lunga sulla volontà politica di fare il bene del Paese da parte dei nostri rappresentanti parlamentari.

Ad oggi le sorti del governo Berlusconi sono letteralmente nelle mani di un gruppo di 15 giudici, in maggioranza avversari politici della coalizione di governo. L'esito apparirebbe quindi scontato, se non fosse per i condizionamenti politici cui non possono sottrarsi. Gran parte dell'opposizione e della maggioranza infatti non vogliono elezioni anticipate, per motivi diversi. Il verdetto sarà quindi un ennesimo compromesso degno della tradizione, che scontenterà ufficialmente tutti, ma renderà possibile al governo continuare a vivacchiare, alle opposizioni avere altro tempo per cercare un'improbabile unità d'intenti, più sostanziale del semplice odio per Berlusconi, mentre il resto del Paese continuerà a subire il danno dell'immobilismo e dell'insipienza.
Qui sta il problema: della gente, dei problemi economici spiccioli che ciascuno di noi affronta tutti i giorni, o del disegno di lungo respiro di un nuovo possibile modello di sviluppo, nessuno si preoccupa. L'Italia scivola di anno in anno verso la marginalità economica e verso l'irrilevanza internazionale.
Il nostro Paese può e deve invece diventare il precursore di un nuovo approccio al modello di vita dell'uomo sul nostro straordinario pianeta. E' ormai indispensabile un paradigma nuovo che costituisca un patto tra uomo e natura finalmente rispettoso delle leggi della fisica, che non si piegano al capriccio dei nostri desideri, delle leggi della solidarietà verso i meno fortunati, con la messa a disposizione di tecnologie adatte al loro sviluppo armonico, cosa che comunque è nell'interesse delle società più evolute, dei doveri che abbiamo verso le generazioni future, anche contro l'egoismo ed il tatticismo del nostro agire quotidiano.
L'Italia è geograficamente, culturalmente e sociologicamente nelle condizioni ideali per farsi laboratorio di questo nuovo modello di sviluppo, che preveda un bilancio equilibrato tra risorse impiegate e risorse rigenerate, che consenta di guardare con fiducia al futuro, che sia da stimolo per chi si affaccia alla vita ora e non trova motivazioni per impegno e studio.

Il ruolo dei media
Cito il columnist di Time Joe Klein sul settimanale del 10 gennaio 2011, a proposito della sovraesposizione mediatica della nostra società:

"L'effetto di tutto questo rumore è di dare l'impressione che stia accadendo qualcosa di drammatico, anche quando in realtà non accade alcunché. Diventa quasi impossibile per noi renderci conto dello stato della nazione- e diventa del tutto impossibile occuparsi di minacce astratte di lungo periodo, quali il cambiamento climatico, un sistema educativo poco incisivo ed il cancro economico causato dalla speculazione finanziaria. Questo è l'esatto opposto di quel che i media dovrebbero fare. E' di gran lunga un pericolo maggiore per la Nazione del circo di Sarah Palin o dell'anarchia di Julian Assange. Ogni anno che passa diventa peggio, e non ci vedo proprio alcun rimedio."

Si può senza dubbio trasportare qui da noi, solo cambiando gli oggetti del futile dibattito giornalistico che fa "tanto rumore per nulla", evitando accuratamente di affrontare i problemi seri e reali, ancorché poco attraenti, del lavoro che latita, della giustizia che offre infinite garanzie ai delinquenti e non tutela le loro vittime, del sistema scolastico, che per interesse di pochi viene tenuto nello stato miserevole che tutti sappiamo. Argomenti questi non certo glamour come una litigata nella casa del Grande Fratello o una presunta litigata tra Berlusconi e Tremonti.
Il gossip ed il voyeurismo sono atteggiamenti che fanno vendere. Il resto non vale la pena di essere affrontato.
D'altro canto i messaggi articolati possono essere recepiti da sempre meno persone, perché richiedono una preparazione ed una capacità di pensiero razionale in rapida scomparsa. Ed allora, dal punto di vista dei media, è corretto dare al pubblico solo l'informazione che il pubblico vuole e nella forma che il pubblico è in grado di assimilare: quanto sono lontani gli anni in cui un giornalista televisivo da solo insegnò la lingua italiana a milioni di analfabeti.

Un esempio (26-01-2011)
Da un paio di settimane a questa parte è scoppiato il caso del PM Berlusconi indagato per concussione e pedofilia. I fatti possono essere veri o presunti, ma in ogni caso la scelta di indagare e l'abile regia della diffusione ai media dei contenuti delle indagini da parte della Procura di Milano ancora una volta hanno l'effetto di radicalizzare lo scontro tra quanti sono a favore e quanti sono contro Berlusconi. Per gli uni, il capo può essere al massimo tacciato di imprudenza, per gli altri egli è un mostro che abusa di minorenni, invece di occuparsi dei suoi doveri di premier. Un osservatore esterno e spassionato troverebbe grottesco che in presenza di tali e tanti problemi economici e sociali, in Italia non si parli da settimane che di questo. Semmai si chiederebbe se sia possibile che una nazione occidentale sia retta da simili buontemponi, se il sistema della giustizia che usa sistematicamente armi politiche di delegittimazione dell'avversario sia degno di un Paese civile, anche alla luce del fatto evidente che solo pochi cittadini possono permettersi, come Berlusconi, di spendere tanto per difendersi. Esistono milioni di pratiche civili pendenti, che tali rimangono per anni e condizionano pesantemente la vita ed il benessere di milioni di cittadini, esistono centinaia di migliaia di cause penali, alcune di eccezionale gravità, che richiedono anni, a volte decenni per essere portate alla conclusione. Invece di occuparsi di questo, i magistrati sono liberi di scegliere i sospetti (non già le notizie) di reato che potenzialmente daranno maggiore esposizione mediatica, trampolino di lancio già ampiamente usato da altri per l'ingresso in politica, senza minimamente curarsi delle conseguenze sulla vita di persone innocenti coinvolte, del bene del Paese o dell'interesse generale al buon funzionamento della giustizia. Questo è un esempio lampante dell'assoluta dicotomia tra quanto proclamato e quanto compiuto da parte di una categoria di cittadini illustri, investiti del potere di giudicare e perseguire i propri simili e spesso dimentichi della responsabilità che questo comporta.

Buonsenso vorrebbe che Berlusconi facesse un passo indietro e lasciasse ad altri il ruolo di PM, si presentasse di fronte ai giudici e chiarisse i fatti che lo riguardano. Buonsenso vorrebbe che, una volta accertata l'eventuale inconsistenza delle accuse, ai magistrati che hanno promosso e condotto l'indagine, con impiego di ingenti mezzi e risorse, venisse imputato il pagamento di una parte dei costi e li si potesse declassare ad occuparsi di compiti più adatti alla loro scarsa professionalità.
Tutto questo non avverrà, per mancanza di buon senso da una parte e dall'altra: Berlusconi si atteggerà a vittima politica, esigendo dai suoi assoluta fedeltà, i magistrati della procura di Milano continueranno ad insistere, anche contro ogni ragionevole dimostrazione di non imputabilità, sicuri che in caso di totale sconfitta delle loro tesi troveranno comunque aperta la strada della carriera politica tra le file di partiti di opposizione pronti ad accoglierli e candidarli.
Pazzesco!

Di seguito un commento ad un articolo apparso su Time a firma Beppe Severgnini, giornalista che stimo, ma che in questa occasione non ha resistito alla tentazione di praticare lo sport nazionale numero due: quello di dir male dell'Italia, specie all'estero.
 
Comment to the Viewpoint of Beppe Severgnini “ Why Does Italy Put Up with Berlusconi?”

Time, February 7, 2011

Let me please give you a second unbiased viewpoint of the Italian supposed anomaly, Berlusconi.
He is a successful entrepreneur who decided to become a politician almost 20 years ago, at a time when traditional political center parties, that were into power, were all but destroyed by an anti corruption campaign, which curiously left untouched the left wing parties, in spite of the fact that they were similarly corrupted.
The magistrate heading the team of “Mani Pulite” (clean hands) swore to destroy the novel politician Berlusconi, who had just succeeded in snatching a sure victory from the hands of the left, by creating overnight a new party. From that moment onward, it has been a succession of judicial trials, often clearly inconsequential, against the man, who has been depicted by a press close to the left wing intellectual cadre as the number one enemy to fight with every means, even the physical elimination, which last year a disturbed soul really attempted. Over the years he has been vehemently outspoken against the magistrates, who are unaccountable in Italy, even though they spend public money in pursuing political goals. That same magistrate of “Mani Pulite”, DiPietro, is now head of an opposition party, which is far from being a model of honesty and transparency.
As of late, Berlusconi must have had some bouts of senility, since he has gone into a display of incredible foolishness, by indulging privately in lavish dinner parties, where many young and beautiful girls were often invited and rewarded with rich money gifts.
Some months ago a team of magistrates again set out to destroy him politically by investigating with every possible means into his private life, tapping some 300000 telephone calls, spending something like 1 million € in doing so and diverting hundreds of sorely needed personnel from much more important tasks, like fighting against the organized crime and the corruption. Not only this is unusual, but the results and the findings have been leaked regularly to the press close to the left opposition and have become in the last month a monotone campaign of gossip and prudery.
While it is ridiculous that Berlusconi may be convicted for giving away his own money, the opposition is asking him to quit as prime minister, on the ground that he is morally unfit to cover an institutional position. I have always been suspicious about those who publicly preach morality and privately do the worse. The Italian professional politicians more or less are hypocrites, who do not have the interest of the Country as guiding principle, but are intent at grabbing whatever benefits they can for themselves and their companions, especially family.
Moreover, Italy is slowly declining because radical institutional reforms are being opposed on political ground, instead of being discussed in substance. The education, the legislative, the judiciary systems are all in very poor health, while the economic entrepreneurship is being hindered by a legislation that is made for incomprehension, and the many honest people who work and pay their due are laughed at by the many wily dishonest ones, who find every subterfuge for not paying.
A "normal" Country would consider the extravagant behavior of Berlusconi no more than a way of humoring a dull day, while concentrating in tackling all the problems it has.

Beppe Severghini, whom I have always appreciated for his moderation, in this case has joined the group of the professional denigrators, who like to depict their Country in the worse possible way, even though they do not consider for an instant to leave it.
Armido Cremaschi

venerdì 22 luglio 2011

La casalinga di Voghera ed altre cose: appunti sparsi di un ostinato libero pensatore

Incipit
Molto di quanto la politica espressa dai partiti fa nel nostro Paese mostra un'evidente scollatura, spesso clamorosa, con il sentire della gente comune, in nome della quale essi asseriscono sempre di agire.
La differenza più macroscopica si evidenzia nella contraddizione tra il dire ed il fare. A fronte di ideali sempre sbandierati, l'azione politica è improntata spesso solo al tornaconto personale o, al più, del piccolo gruppo di appartenenza. Da ciò deriva inevitabilmente che, pur avendo bisogno della massa critica dei sostenitori, questi professionisti della politica li vogliono capaci solo di votare alla bisogna, senza attribuire loro alcuna responsabilità nell'elaborazione o scelta delle politiche da perseguire. Gli apparati di partito sono diventati sempre più un efficace filtro multistrato per evitare che i dirigenti siano "importunati" dalle idee poco ortodosse della base.
Senza sfociare nel populismo, i mezzi attuali ci consentirebbero invece di consultare il parere di molti ed implementare direttamente il volere popolare, senza filtri interpretativi e conseguenti equivoci.

La casalinga di Voghera
Il buon senso popolare è prerogativa femminile, perché femmina è molto spesso colei che amministra le finanze della famiglia e ne rappresenta l'elemento di raccordo tra i membri. Sarebbe quindi la migliore candidata ad amministrare la famiglia sociale ed a costituirne il collante, senza il quale anche la famiglia tradizionale ha mostrato di non poter sopravvivere.
Mi riferisco non tanto al genere femminile, quanto al modo di porsi nei confronti della società, mettendone al primo posto le esigenze, con un altruismo che storicamente e geneticamente è (o era) tipico della donna.
L'intera storia del genere umano e numerosi esempi nella grande famiglia dei mammiferi mostrano infatti quanto il compito genetico di portare dentro di sé una nuova vita renda la femmina attenta ad ascoltarne e soddisfarne le esigenze, a volte persino a danno del proprio benessere. Il maschio viceversa non ha quest'obbligo di natura, per lui si può trattare solo di una scelta consapevole, che è stata compiuta raramente da individui eccezionali e mai da istituzioni sociali.
A parole ed in linea di principio, vengono professate uguaglianza di genere, solidarietà intra ed intergenerazionale, ma in pratica gran parte delle pratiche private e pubbliche mirano al tornaconto individuale, anche a scapito del bene collettivo. Tutt'al più, vi si può vedere a volte la coincidenza tra vantaggio individuale e collettivo, ma sempre con una sproporzione quantitativa a favore del primo. Un bilancio che diventa inaccettabile, quando si privilegia un modesto vantaggio privato anche a fronte di un danno consistente per la collettività, trasgredendo alla prima regola che il buon amministratore dovrebbe sempre seguire.
Sviluppo sostenibile
Molti teorici del secolo scorso e di quello precedente hanno contribuito a dare una veste pseudo-scientifica al fondamentale ed istintivo egoismo dell'individuo, facendone un paradigma di sviluppo illimitato. Inutile dire che le loro teorie erano e sono pie illusioni, in quanto abitiamo un sistema sostanzialmente chiuso e di risorse finite, che stiamo consumando a ritmi 40 volte più elevati di quanto sarebbe ragionevole per rispettare l'equilibrio della natura. Solo da qualche decennio altri teorici e scienziati hanno cominciato a segnalare il rischio che la strada intrapresa sia arrivata molto vicina al punto di non ritorno, ma gli scettici più o meno in buona fede sono ancora la stragrande maggioranza, per lo meno tra coloro che possono decidere. Nella gente comune si va invece diffondendo, anche ad opera di media alla spasmodica ricerca dello scoop, l'idea molto ingenua, che ci sia un sistema alternativo di sviluppo, che permetta l'attuale tenore di benessere, senza pagare dazio con la rovina del pianeta che ci ospita.
Quest'idea è non solo errata, ma costituisce pericoloso ostacolo ad una presa di coscienza realistica, basata su fondamenti scientifici e capace di vedere con un orizzonte temporale un poco più ampio della irrisoria durata di vita individuale.
Alcuni profeti di questo nuovo testamento non hanno il minimo senso delle proporzioni, né conoscono i fondamentali principi di termodinamica alla base della vita sul nostro pianeta e nell'intero universo.
Un semplice esempio per chiarire questo concetto: un viaggio in macchina in città di 50 km per vedere un film consuma tanta energia quanta è a disposizione di un abitante del terzo mondo in un mese. Non si tratta infatti solo del consumo specifico, pur significativo, di 3 kg di carburante, usando irreversibilmente un prodotto che la natura ha impiegato millenni a fabbricare. La stessa automobile ha richiesto per la sua fabbricazione una quantità di risorse ed energia equivalente al lavoro che poteva essere compiuto qualche secolo fa da diverse persone nella loro intera vita. Il solo contenuto di energia del carburante impiegato nel viaggio rappresenta il lavoro potenziale di oltre 7 mesi di un nostro antenato del medioevo, quando la comune energia disponibile era il lavoro dell'uomo.
In occidente ogni abitante consuma l'equivalente di 5000 kg di petrolio all'anno, in alcuni Paesi del terzo mondo gli abitanti ne hanno a disposizione meno di 50 kg.
Un altro esempio è costituito dagli incentivi a favore del fotovoltaico, che falsano completamente le dinamiche di mercato, rendendo di fatto impossibile lo sviluppo di tecnologie alternative in molti casi caratterizzate da una minore impronta ecologica complessiva.
Non si deve infatti dimenticare che la fabbricazione e l'installazione di un impianto fotovoltaico comporta un uso di energia primaria circa corrispondente, alle nostre latitudini, alla produzione di almeno la metà della sua vita utile. Senza la sopravvalutazione incentivata dell'energia prodotta, gli attuali impianti sarebbero del tutto antieconomici e nessuno penserebbe di installarli, se non in zone dove l'insolazione ne giustifichi i costi reali.
Una risorsa invece purtroppo trascurata è quella idraulica: essa potrebbe essere sfruttata capillarmente con impianti piccoli, ad uso domestico, da tutti coloro che abitano nelle vicinanze di un qualsiasi corso d'acqua.
Il suo sfruttamento a fini energetici è soggetto ancora oggi ad una serie di pastoie burocratiche in grado di scoraggiare chiunque vi si accosti. Non essendovi possibilità di grossi guadagni, questa possibilità viene dunque del tutto ignorata, a favore di investimenti in impianti di grossa taglia, ad esempio le pale eoliche, anch'esse scarsamente giustificabili nella stragrande maggioranza dei siti nazionali in cui sono o verranno installate, o forse giustificate solo dalle laute tangenti elargite per ottenere la concessione dei siti.
Gli esempi precedenti servono a far emergere il concetto che è profondamente sbagliato immaginare una soluzione energetica universale, che magicamente risolva i problemi del mondo. La strada da percorrere a mio parere è invece quella dell'auto-produzione a livello domestico, usando un mix di tecnologie e solo quelle più adatte alle caratteristiche ambientali e di consumo. Ciò significa non sposare acriticamente un'unica tecnologia, ma adottare di volta in volta quelle che rappresentano il miglior rapporto energia resa/energia impiegata per l'intera vita dell'impianto.
Un nuovo paradigma di sviluppo
Produrre energia in modo autonomo è passo indispensabile verso un modello economico sempre più basato su lavoro personalizzato, compiuto da casa o dovunque convenga di più al singolo o al piccolo gruppo, un lavoro che assumerà variabilità inimmaginabili oggi, ma servirà a riempire il vuoto lasciato dalla migrazione del tradizionale lavoro di produzione industriale, effettuato temporaneamente in Asia ed in Sud America, ma destinato ad essere compiuto in gran parte da macchine.
Le società post industriali dell'Occidente dovranno ritagliarsi un modello di sviluppo profondamente diverso e diversificato, con mille sfumature e poca somiglianza con la programmazione economica centralizzata, paradossalmente qualcosa di simile all'economia sommersa, da sempre guardata come un handicap, presente in alcuni Paesi dell'area mediterranea, tra cui l'Italia. Le piccole comunità, diventando quasi autosufficienti per energia e alimentazione, potranno svincolarsi sempre più dalle forniture di servizi centralizzate e dalle relative imposizioni fiscali, avendo bisogno di minori infrastrutture per svolgere la loro attività, limitata fisicamente al territorio, ma in grado di far arrivare il loro prodotto, prettamente intellettuale, dovunque nel mondo.
La responsabilità di produrre energia, disporre dei rifiuti, coltivare il cibo sarà tanto importante da riuscire a responsabilizzare verso il rispetto della natura, verso la comprensione dell'interdipendenza di tutte le forme di vita sul pianeta, verso il compito di preservare per i nostri eredi un posto in cui essi possano vivere. Un esempio illuminante è rappresentato dal progetto "vertical farm", un sistema di coltivazione sperimentale in grado di rendere autosufficiente, dal punto di vista alimentare ed in qualche misura anche energetico, una piccola comunità urbana, con la coltivazione in loco di tutto quanto richiesto, senza più trasporti da e per la città.
L'evoluzione non può partire con le dichiarazioni dei grandi, che hanno già mostrato tutta la loro vacuità, ma con il lavoro di milioni di individui, ognuno con la sua soluzione su misura, adatta alla sua piccola comunità, con il governo centrale a fornire solo servizi di base.
Questo rappresenta una minaccia intollerabile per tutti coloro che attualmente hanno in mano le leve del potere politico ed economico. Per questo motivo essi stanno mettendo in atto, e lo faranno ancor più in futuro, tutte le misure necessarie per opporvisi, facendo largo uso dei media. Per la prima volta nella sua storia tuttavia il singolo ha la possibilità di scegliere cosa guardare, dove informarsi, a chi credere. Di conseguenza non è più possibile per alcuno imporre una visione o un'ideologia a senso unico.
Mi auguro che l'inevitabile crisi delle ideologie sia propedeutica alla presa di coscienza individuale che il destino comune della terra è letteralmente nelle mani di ciascuno ed è preciso dovere di tutti contribuire con il proprio lavoro al raggiungimento dell'equilibrio tra quanto consumato e quanto rigenerato.

Caso Italia, il Paese più bello del mondo, se non fosse per i suoi abitanti...
Le riforme
Una parola vuota con cui da decenni i politici illudono la gente, la cui pazienza ora potrebbe essere arrivata ad un punto critico.
Il sistema fiscale mi sembra quello che maggiormente esaspera per la sua iniquità, riassumibile nella constatazione che pagano troppo gli onesti e quelli che non possono evadere perché tassati alla fonte, mentre i furbetti continuano imperterriti a vivere alle spalle dei primi, non rinunciando neppure all'ostentazione del proprio evidente benessere. Il federalismo fiscale forse servirebbe a conoscere meglio questi signori ladri dei soldi di tutti, ma viene da chiedersi come mai in una società dove con un minimo di applicazione si può conoscere fino al dettaglio il tenore di vita di chiunque, la GdF non sia riuscita finora a fare controlli mirati almeno sui casi più eclatanti. Forse che, oltre allo stipendio, lo stato dovrebbe fornire loro anche una percentuale sul credito recuperato? Allora tanto vale rivolgersi ad agenzie di recupero crediti, come fanno da anni molte amministrazioni locali. Salvo poi trovarci a discutere di casi pietosi di gente gettata sul lastrico ed aziende fallite. Una soluzione dunque non esiste? Io credo che in questo caso sia un preciso dovere civico individuale comportarsi correttamente, anche denunciando chi non lo fa, come se stesse rubando a ciascuno, cosa che è vera alla lettera. Non è delazione, ma semplice difesa dei propri diritti. Ogni volta che si accetta o si cerca lo sconto di una prestazione pagando in nero, si perpetua la disonestà, con la conseguenza di un maggior carico fiscale a danno di tutti quelli che si comportano con rigorosa onestà. Perché dunque pochissimi di noi si indignano di fronte a tante frodi compiute alla luce del sole? La spiegazione sta forse nel fatto che senza una consistente fetta di reddito in nero, specie al Sud, molte famiglie non potrebbero vivere. E' un dato di fatto ben documentato, che a tutti i livelli viene considerato quasi fisiologico. Ma allora se ne traggano le conseguenze, tassando solo i consumi e non i redditi, che per chi non li dichiara onestamente costituiscono ghiotta occasione di vantaggi e benefici sociali a spese di tutti.
La giustizia
Il secondo problema irrisolto è senz'altro quello dell'amministrazione della giustizia, sia civile che penale. Si tratta di abolire un intrico inesplicabile di centinaia di migliaia di leggi, testi unici, regolamenti che si contraddicono di nome e di fatto, norme e cavilli degni della migliore tradizione dell'azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Perché non sia possibile semplificare e razionalizzare il corpus legislativo appare evidente, considerando che coloro che sarebbero deputati a farlo, per l'appunto i nostri rappresentanti in Parlamento, sono in gran parte laureati in giurisprudenza o diritto commerciale, con uno specifico interesse professionale a mantenere la situazione attuale di dipendenza del cittadino dai loro ben ricompensati servigi. Da qui deriva anche la logica conseguenza che anche tutte le nuove norme varate da Enti governativi o locali sono sempre più criptiche ed ambigue, per impedire al cittadino di cultura media di capirle, dare allo stesso tempo agli esperti la discrezionalità interpretativa necessaria per renderle spesso inefficaci ed alimentare in tal modo il contenzioso, con l'ovvio risultato della diffusa illegalità o impunità. La volontà politica di fare una riforma radicale non deve pertanto fermarsi all'enunciazione dei principi, pur necessaria, ma si deve anche assolutamente impedire che il lavoro di stesura delle norme fatto dai burocrati ne vanifichi lo spirito, nascondendolo in eccessiva e criptica fraseologia burocratese.
Di nuovo, la massaia di Voghera dovrebbe essere interpellata prima del varo, ed avere diritto di veto su leggi e norme che non è in grado di comprendere.
Populismo? No, semplice buon senso, per non perdere tempo e soldi su finti problemi, mentre quelli importanti che attengono al benessere, alla qualità della vita, all'armonia sociale vengono solo sfiorati a parole.
La politica
Come accennavo, la stragrande maggioranza dei nostri rappresentanti in Parlamento è costituita da coloro che per interesse personale non attueranno mai riforme necessarie alla gente. Chi continua a mandarceli, allora? Un sistema elettorale ancora una volta fatto da furbi, che sottrae al cittadino il diritto di scegliere direttamente il proprio uomo o di candidarsi personalmente, affidando alle lobby di partito il compito di premiare con le candidature i sodali della classe dirigente politica. Ecco perché solo in casi eccezionali arriva in Parlamento qualcuno in grado di parlare fuori dagli schemi, senza per altro che lo slancio iniziale sia in grado di concretizzarsi, a causa della vischiosità del sistema.
La politica, ovvero l'alto compito di occuparsi del bene della comunità, è diventata autoreferenziale e capace di vita propria, indipendente dal servizio cui è deputata, un peso insostenibile per la società, con l'aggravante di ostentare comportamenti meschini, quando non palesemente truffaldini.
Dunque, l'unica speranza sono i movimenti di piazza alla Grillo? Non mi ci ritrovo, non mi ci sono mai trovato bene nelle manifestazioni di piazza, negli slogan gridati a piena voce, nella masse infiammate ed incontrollabili. Sono un acceso individualista, che non ama sentirsi imporre cosa dire né tanto meno pensare. Credo che siamo in molti, ognuno con la sua specificità, fisiologicamente incapaci di accettare di essere etichettati con una connotazione ideologica e finalmente stufi di sopportare l'ipocrisia di chi si nasconde dietro alti ideali, per occuparsi sotto banco di bassi interessi personali.
Qualunquismo, diranno gli ex rivoluzionari e gli intellettuali da salotto, chiedendosi perché ciclicamente emerga questa tendenza del popolo bue a prendere in mano direttamente le sorti della propria vita, anziché farsi docilmente guidare dal loro illuminato pensiero.
I poverini non si rendono conto che la loro miope insipienza ci ha portato da un lato alla dissoluzione dei valori morali un tempo presenti nella società e nella famiglia, dall'altro ad una crisi economica che ancora una volta si accanisce sui più deboli.
Basta! La "maggioranza silenziosa" non è più tale.
Oggi, forse la prima volta, un singolo ha i mezzi per diffondere il proprio pensiero addirittura a livello planetario, sfruttando il Web e trovandovi informalmente consenso, formando o aggregandosi a gruppi dinamici che si coagulano attorno alle idee, ai progetti, agli scopi specifici, senza per questo perdere la libertà di sostenere altro, di coagulare altro.
Che non sia facile da queste aggregazioni trarre azioni politiche concrete è abbastanza evidente, ma non rinuncio a pensare che ci siano tra noi tantissimi che "sentono" allo stesso modo, cui preme di lasciare ai propri figli un'eredità migliore di quella ricevuta dai nostri padri.
E' ora di muoverci, è ora di agire prima che sia troppo tardi.

giovedì 21 luglio 2011

Lo spirito del blog

Carissimo visitatore, benvenuto, anche se casualmente, sul mio blog. Poche righe per illustrare quali argomenti vorrei approfondire con il tuo aiuto.
Dopo diversi decenni passati nel mondo produttivo, sento il bisogno di fare un ultimo tentativo per arginare la deriva di un modello di sviluppo che il genere umano non si può permettere. Coloro che sostengono la crescita all'infinito del benessere per tutti e spingono a consumare sempre di più per sostenerla, mentono sapendo di farlo o non hanno la benché minima nozione di termodinamica. Il nostro pianeta è sotto molti aspetti un sistema chiuso e di dimensioni finite, con l'unica eccezione dell'energia solare in ingresso. Stiamo attualmente consumando in modo irreversibile risorse ad un ritmo parecchio superiore a quanto il sistema sia in grado di sostenere. Perchè la terra come la conosciamo possa continuare ad esistere anche per i nostri figli e nipoti, è necessario che venga raggiunto un equilibrio tra quanto si consuma e quanto viene rigenerato naturalmente o artificialmente. L'uso irreversibile di combustibili fossili per produrre energia è il sistema peggiore che possiamo adottare, oltre che fonte di variazioni planetarie, le cui conseguenze ancora non siamo in grado di valutare appieno. Il buonsenso suggerirebbe di trovare ed adottare alternative migliori, di lungo respiro, anche se al momento più impegnative, invece che sperare in improbabili miracoli della scienza, che risolvano magicamente in futuro i guai che stiamo producendo ora.
Posterò gradualmente documenti miei e di altri di cui condivido il pensiero, nel tentativo di far riflettere chi non si rassegna alla logica del puro profitto, ma crede nella possibilità che l'intelligenza serva anche ad altro. Se vuoi, contribuisci alla discussione con contenuti critici.
Miradoc