mercoledì 27 marzo 2013

Che aspettate?

I primi giorni di legislatura, con la novità dei Parlamentari M5S ad animare l'asfittica e deprimente classe politica nazionale, hanno purtroppo generato in molti delle false speranze di cambiamento. L'ennesimo no di stamane al tentativo, per molti versi velleitario, ma lodevole, di Bersani di formare un governo di scopo, che serva a prendere alcune decisioni non più rinviabili, pena il definitivo tracollo del Paese, mi sembra un brutto segno. Seguendo l'esempio del loro leader, gli eletti del movimento non si vogliono impegnare, se non a far le pulci agli altri, arrogandosi, non si sa bene per quale investitura, il diritto di controllare l'altrui operato, ma rifiutandosi di fare in prima persona. Appare quindi chiaro che lo scopo è di arrivare a nuove elezioni senza macchia, per conquistare possibilmente la maggioranza relativa dei consensi. Un calcolo errato per almeno due ragioni. La prima è che gli Italiani non sono stupidi, anche se vengono dipinti come tali e probabilmente punirebbero nelle urne, non premierebbero, un movimento politico che si limita alle chiacchiere e non ha il coraggio di agire, anche a rischio di sbagliare, come succede a tutti.
La seconda è che questo comportamento è cinico e di parte, non tenendo conto delle disastrose condizioni in cui versa il Paese, in totale spregio del programma sbandierato in campagna elettorale. Come potranno alla prossima tornata pensare di essere credibili con lo stesso programma, quando non hanno neppure provato ad iniziarlo in questa legislatura? Forse nel loro movimento quello che manca è proprio il principio su cui si basa la convivenza civile: la tolleranza verso le opinioni altrui e la faticosa formazione del consenso attraverso la democrazia, un sistema imperfetto, ma l'unico che ci pone al riparo dall'assolutismo dei proclami, vuoi quelli dal balcone di palazzo Venezia, vuoi quelli dal blog di Beppe Grillo.

domenica 17 marzo 2013

Toh, i 5S hanno una loro testa...

Chi si chiedeva cosa sarebbe successo agli eletti in Parlamento per il M5S, ha avuto un'eloquente risposta ieri, con l'elezione di Grasso, anche con i voti di alcuni di loro. Io me ne rallegro, perché è coerente con quanto hanno affermato in campagna elettorale, cioè che avrebbero votato secondo coscienza sui singoli provvedimenti. Forse a qualcuno, Grillo in primis, non sarà piaciuto, ma temo che ci sia poco da fare, persino per lui. Non è con le minaccie di espulsione che si convince, anzi. Il suo atteggiamento dittatoriale potrebbe innescare la prima frattura nel movimento, con una parte consistente di sostenitori che si schierano apertamente per un coinvolgimento diretto nella vita politica, contro i veti, spesso ridicoli, del capo e del suo guru.
Se questo sia anche un buon auspicio per le chance di Bersani di formare un governo, sarei invece più cauto. Temo che l'unica opzione a lui ancora aperta sia di presentarsi in Parlamento con un programma perfettamente definito, di pochi punti essenziali e chiedere sui provvedimenti già pronti la fiducia fino alla loro conversione in legge. La riforma della legge elettorale è uno di questi provvedimenti urgenti. Un secondo, irrinunciabile, è la riforma radicale della rappresentanza parlamentare e dei costi della connessa politica. A mio avviso poi, ma qui diventa più complesso, è necessario un completo ripensamento della politica economica, fiscale e sociale, con il riequilibrio delle risorse disponibili ed il rilancio dell'economia su obiettivi strategici, completamente ignorati finora. La sostenibilità a lungo termine del livello di benessere raggiunto non si può certo attuare giocando a difendere i posti di lavoro a tutti i costi, bensì immaginando nuove attività e settori da sviluppare, in sostanza un nuovo modello di società post-industriale, che sia in grado di proiettarsi in modo sostenibile nei prossimi decenni, non mesi.

sabato 9 marzo 2013

Paura di volare

Mi sembra ovvio che i risultati delle elezioni possano aver spaventato soprattutto coloro che nel M5S non se ne aspettavano la portata e le implicazioni. Comprendo anche la ritrosia a trarre da essi la conseguenza di un impegno diretto, la paura di "sporcarsi le mani" con la politica reale, entrando e mescolandosi nell'immaginario collettivo con "gli altri". Tuttavia, l'Italia ha bisogno di un governo e glielo dovete dare, con i compromessi accettabili e necessari in democrazia. I vostri elettori non vi perdonerebbero mai il rischio di anarchia o di nuovo governo dei "professori tecnici". A meno che tutto il movimento non sia un colossale bluff mediatico, abilmente orchestrato da pochi abili registi, senza contenuti dietro le quinte dell'apparenza. I tanti eletti del M5S sono sicuramente in buona fede, molti genuinamente convinti di poter fare la differenza. Spero per loro e per l'Italia che non rinuncino a crederci ed a ragionare con la propria testa, senza farsi manovrare dai burattinai, né farsi tirare per la giacca dalle sirene dei palazzi.

lunedì 4 marzo 2013

Cinque Stelle, un'opportunità

Propongo un'analisi critica del programma del M5S, così come appariva sul sito di Grillo prima delle elezioni, nella speranza di contribuire a dargli sostanza, perché allora come ora ritengo che esso sia evanescente e privo di riscontri realistici, oltre che di rigore. Ho aggiunto le mie proposte, che potranno apparire radicali, ma, anche alla luce dei risultati e delle posizioni dei protagonisti politici, mi sembrano del tutto proponibili. Mi scuso per la lunghezza del post.

Commenti al Programma Movimento 5Stelle

La parola “abolizione” è la più (ab)usata nell'intero documento: mentre sono d'accordo sul fatto che vada drasticamente ridimensionato il corpus legale ormai ingestibile, frutto dell'accumulazione per strati successivi di un un sistema legislativo (centrale e locale) bulimico, non ritengo che lo si possa fare a spot, abbattendo qua e là quelle leggi e riforme che sembrano essere controverse. Non è possibile, pena ulteriore confusione interpretativa, riformare la legislazione in vigore: molto meglio scriverne una daccapo, in 6 mesi, mettendo al lavoro non già stuoli di giuristi ed avvocati, ma persone di buon senso e di provata onestà, per ottenere una normativa finalmente a misura di cittadino, che non richieda la mediazione interpretativa delle centinaia di miglia di professionisti/esperti che ognuno di noi è costretto a pagare e che in ultima analisi sono all'origine della lentezza e dell'ingiustizia dell'amministrazione civile e penale nazionale (carceri sovraffollate, milioni di cause civili pendenti, danni economici e sociali incalcolabili, ecc.)


Stato e Cittadini

Sei mesi di lavoro con una commissione di non oltre 100 persone potrebbe svolgere il compito della completa revisione del diritto civile e penale e della revisione parziale della Carta costituzionale nei punti che sono ormai non più all'altezza dei tempi. La composizione di questa nuova Costituente dovrebbe essere rappresentativa dell'intero tessuto sociale ed economico nazionale e potrebbe essere così composta:
  • 10 membri espressione delle forze politiche parlamentari attuali
  • 20 membri dalle organizzazioni dei lavoratori (in proporzione alla loro effettiva consistenza)
  • 10 membri dalle organizzazioni imprenditoriali
  • 10 membri dalle organizzazioni artigianali e professionali
  • 10 membri dalle associazioni commerciali
  • 10 membri dalle associazioni ONLUS
  • 30 membri espressione delle realtà regionali in proporzione agli abitanti
Il frutto del lavoro della commissione, illustrato per un mese dal servizio pubblico, dovrebbe essere oggetto di modifiche/integrazioni, con suggerimenti da parte dei cittadini, ed essere approvato con referendum.
La ridefinizione dei compiti e della consistenza del Parlamento è la prima e più urgente riforma della Carta, insieme con una radicale revisione dei criteri di espressione del voto dei cittadini.
Risulta del tutto evidente che con gli attuali mezzi di comunicazione sarebbe possibile la consultazione diretta dei cittadini su gran parte degli argomenti inerenti la vita della Repubblica, sottraendo la materia alla discrezionalità della “rappresentanza” parlamentare attuale e delle molte commissioni che ad essa si affiancano senza alcuna possibilità di controllo.
Dopo l'approvazione delle modifiche costituzionali e della legge elettorale, si procederà alle elezioni contestuali di Governo e Parlamento, composto da rappresentanti delle Regioni (un ramo, con compiti di coordinamento tra il centro a la periferia) e da quelli della società (l'altro ramo, con compiti legislativi).
Tutti gli aspetti tecnici della complessa macchina dello Stato faranno capo ai rispettivi Ministeri, con la compagine governativa eletta direttamente mediante mandato quinquennale ed il Primo Ministro quale responsabile dell'attuazione del programma per il quale è stato votato. Sei mesi prima della scadenza del mandato, verranno presentati più programmi ed i relativi gabinetti ministeriali che intendono attuarli nel quinquennio successivo: debitamente illustrati ai cittadini dal servizio pubblico, essi saranno oggetto della votazione popolare. Il gabinetto eletto si insedierà immediatamente e co-governerà con quello in scadenza per 6 mesi, per consentire un corretto passaggio delle consegne. Il Primo Ministro ed i membri del gabinetto dovranno essere incensurati e rispondere civilmente di eventuali abusi nell'esercizio del loro mandato.
Garante del rispetto della Costituzione resterà il Presidente della Repubblica, il quale non avrà alcun potere di indirizzo della politica economica del Governo.
I cittadini avranno il diritto di proporre un referendum contro il gabinetto governativo, solo dopo metà del suo mandato, raccogliendo un numero congruo (almeno 1 ml) di firme (anche in forma digitale).

Energia

Manca oramai da decenni una politica energetica che da un lato tenga conto della realtà nazionale, dall'altro abbia visione strategica per un futuro possibile, basato essenzialmente su RES (Fonti Energetiche Rinnovabili), per le quali il nostro Paese può e deve essere d'esempio al resto del mondo, non potendo in alcun modo continuare a pagare una bolletta energetica che pone la nostra industria in posizione di svantaggio nei confronti dei suoi concorrenti.
L'esempio deve necessariamente partire dagli edifici/attività pubblici (edilizia, trasporti), che devono consentire di definire gli standard da seguire per i privati sia nella costruzione di nuove abitazioni/veicoli, sia nella ristrutturazione dell'esistente.
Ci dobbiamo porre obiettivi di medio e lungo periodo, per ottenere entro il 2050 la completa trasformazione dei nostri consumi energetici. La filiera di produzione delle attrezzature e dei servizi necessari a raggiungere tale obiettivo potrebbe più che compensare l'erosione di lavoro qualificato degli ultimi vent'anni, specie se si considerano le potenzialità di esportazione di beni e tecnologia.
A regime i fossili dovrebbero essere usati solo come materie prime per l'industria di trasformazione e residuali usi energetici di nicchia.
La chiave di volta della trasformazione è la possibilità per il singolo di produrre localmente buona parte o tutta l'energia di cui ha bisogno, stoccando l'eccedenza diurna per una fruizione integrale e trasformandola eventualmente in combustibile per la mobilità locale e per la stagione più fredda.
L'eventuale energia in eccesso potrà essere liberamente scambiata tra privati, senza alcun limite normativo e fiscale. Lo stato si farà esclusivamente carico di controllare la sicurezza degli impianti e di garantire la distribuzione su lunga distanza.
Non serviranno quindi altre centrali né sarà necessario potenziare la rete distributiva ad alta tensione, salvo un probabile rafforzamento della dorsale Sud-Nord. Sarà ancora invece necessario interconnettere a livello locale tutti i piccoli impianti di produzione.
L'obiettivo di ridurre la nostra dipendenza da combustibili fossili d'importazione fino a livelli fisiologici potrà essere raggiunto solo se si adotterà un modello di sviluppo delle infrastrutture distribuito e aderente alle caratteristiche climatologiche ed orografiche specifiche. E' del tutto evidente che le soluzioni RES adottate, anche in combinazione tra loro, saranno differenziate in funzione della loro relativa sostenibilità e convenienza locale.
Informazione
Se bastasse la disponibilità della conoscenza e l'accesso all'informazione per garantirne l'efficacia a la fruizione da parte di ciascun cittadino, sarebbero sufficienti le soluzioni proposte. Purtroppo il problema è invece l'approccio culturale alla lettura/comprensione della mole di informazione oggi disponibile: essa è tale che senza un'adeguata preparazione e scolarizzazione, rischiano di passare solo i messaggi di più basso livello e di facile appeal, con grave danno nel processo di formazione del consenso e possibili derive di plagio. L'informazione diverrà sempre più onnipresente nelle nostre vite, ma proprio per questo ognuno di noi dovrà essere in grado di definire i propri personali filtri culturali per ignorare la mole enorme di spam e di partecipare alla creazione di informazione utile e pertinente ai propri interessi, utilizzando strumenti tecnici adeguati a condividere la propria opinione con gli altri, nel tentativo di raccogliere attorno ad un'idea o proposta un consenso utile. Ritengo che ci si debba quindi concentrare nel fornire ai cittadini i mezzi culturali, oltre che tecnici, già per altro abbondanti, per raggiungere un'informata opinione sui problemi che li riguardano nel loro ruolo e sulle scelte necessarie in un sistema democratico che funzioni. Ecco perché va rivisto per l'ennesima volta l'intero sistema educativo, non necessariamente dedicandogli maggiori risorse finanziarie, che risultano spesso eccessive rispetto alla media dei Paesi europei, ma dedicandole finalmente ai contenuti, non in gran parte al pagamento di stipendi miserabili ad un numero enorme di cattivi maestri (circa 80% del totale).
Il rischio della concentrazione di proprietà dei media sarebbe vanificato da una capacità critica dei fruitori e diverrebbe inutile definire norme di limitazione, per altro aggirabili dai nostrani azzeccagarbugli. Meno regole, più contenuti e criteri di valutazione oggettivi dei risultati, con le scuole eccellenti in grado di attrarre maggiormente di quelle scadenti, com'è giusto che sia, indipendentemente dal loro status giuridico.
Lo Stato deve poter disporre di canali di comunicazione indipendenti ed efficaci per raggiungere l'intera popolazione in tempi brevi, sia per la consultazione permanente che per gli avvisi di pubblica utilità. Questi canali di comunicazione sono rigorosamente apolitici, indipendenti dal Governo e pagati con la fiscalità generale (senza pubblicità).

Economia

Vietare, abolire, impedire non vanno d'accordo con l'economia. Favorire, incoraggiare, indirizzare l'intraprendenza, senza distinzione di età, perché le buona idee, per trovare applicazione pratica devono ora passare attraverso una serie infinità di ostacoli, in grado di scoraggiare chiunque non faccia di essi la propria occupazione e la propria fonte di reddito. Anche in economia, la semplificazione normativa è la condizione preliminare perché nascano nuove imprese, perché dall'estero si investa in Italia, perché i nostri operatori economici non gettino la spugna e vadano altrove.
Personalmente ritengo che il nostro Paese abbia di fronte a sé un'opportunità unica di farsi promotore ed esempio di un nuovo paradigma di sviluppo economico, basato sulla qualità, in antitesi con la quantità, sul bisogno effettivo, in antitesi con il consumo compulsivo di beni spazzatura, sulla cultura del riutilizzo, dell'uso compatibile con le risorse disponibili, dell'economia del cibo e della mobilità realizzate in gran parte con risorse locali, usando in modo antico e nuovissimo le opportunità che il nostro meraviglioso territorio ci offre (clima, terreno, energia idroelettrica, solare, eolica, geotermica).
Mi piacerebbe qualche volta sentire una proposta originale per imboccare una strada nuova, un nuovo modo di porsi nei confronti dei valori della vita e del ruolo che l'uomo deve assumere nel contesto più grande dell'ecosistema, senza inutili forzature ideologiche, con approccio ad un tempo pragmatico e scientifico, con la "prudenza del buon padre di famiglia", formula il cui significato si è perso sulla strada del consumo felice e facile ad ogni costo.
Dovremmo farlo spontaneamente e per tempo, prima che siano le circostanze a costringerci con l'acqua alla gola. Questo sì, farebbe sensazione, non certo le sparate tipicamente elettorali di questi ultimi giorni, ma richiederebbe comunque tempo e duro lavoro da parte di tutti, non certo l'intervento del solito colpo di fortuna che salva l'Italia in extremis.
Il binomio crescita=benessere, ancora oggi dato per scontato dalla maggior parte degli attori e decisori pubblici e privati, mostra ogni giorno di più che la conseguenza finale del ciclo ad esso legato non può che essere il completo esaurimento delle limitate risorse disponibili nel sistema Terra, con la conseguente estinzione di gran parte della vita come noi la conosciamo.
L'unico modo di evitare una simile conclusione è quello di inaugurare quanto prima un sistema alternativo, che sia in grado di assicurare alla vita una possibilità di sviluppo in armonia con quanto disponibile, interrompendo la catena perversa di creazione di bisogni artificiali e di produzione di nuovi beni per soddisfarli. Un possibile modello alternativo è già potenzialmente presente nella realtà economica e sociale italiana, composta da micro-imprese, spesso a carattere familiare, che operano in ambito locale, producendo beni di alta qualità. Perché tale potenzialità evolva in un sistema autosufficiente è necessario un chiaro disegno strategico e politico, che non può certo essere proposto dalle forze economiche e politiche attuali, le quali non hanno alcun interesse a cambiare lo status quo, perché da esso traggono profitti a spese di tutto il resto della società.
Serve dunque una visione di lungo periodo, con la promessa di un nuovo paradigma di sostenibilità, che parte dal basso, con la riduzione, non l’aumento, dei consumi personali inutili, con la scelta volontaria di optare per qualità, non quantità, valore, non denaro, solidarietà, non egoismo, locale più che centralizzato. Un modello che parte dalla famiglia e dalla scuola e che richiede tempo per essere efficacemente applicato. Un modello che potrebbe più che compensare la costante erosione di lavoro qualificato ed offrire finalmente un'opportunità onorevole alla moltitudine di giovani in cerca di lavoro.
Un modello che può essere esportato con i necessari adattamenti alle realtà locali anche verso i Paesi in via di sviluppo, per offrire anche a quelle popolazioni un'alternativa alla conquista, anche con la violenza, dei benefici veri o presunti delle nostre civiltà opulente. E' del tutto evidente a chi abbia un minimo di cultura tecnica che lo sviluppo di un terzo dell'umanità con le stesse modalità con cui è avvenuto il nostro porterebbe l'ecosistema Terra oltre il punto di non ritorno, non tra secoli, ma tra pochi decenni.
In questo disegno il terzo settore delle innumerevoli associazioni no-profit, tanto diffuse nella nostra società, può e deve giocare un ruolo essenziale, essere il biblico lievito che trasforma dal basso la società, senza velleità, con pragmatismo e solide basi scientifiche.

Trasporti

I trasporti assorbono circa un terzo dell'energia oggi utilizzata in Italia. E' dunque evidente che il settore rappresenta una sfida formidabile per chiunque voglia trasformare la società verso un modello di sostenibilità a lungo termine. La mobilità individuale è da circa un secolo diventata il simbolo stesso della civiltà. Oggi diamo per scontata la possibilità di viaggiare tra continenti diversi in poche ore, senza neppure chiederci quante risorse insostituibili bruciamo per un semplice capriccio, solo perché è conveniente. Il conto del biglietto low-cost lo paga il resto dell'umanità, presente e futura.
La mobilità locale, che rappresenta comunque una percentuale importante del settore, può essere trasformata radicalmente con il ricorso a mezzi di peso contenuto, di autonomia e potenza limitate, ma adatte allo scopo, che utilizzano energia da RES, quali energia elettrica ed Idrogeno. La possibilità di auto-produrre in tutto o in parte questa energia è oggi realistica, così come alcune tecnologie sono ad un punto sufficiente di sviluppo per consentirne un'adozione economicamente conveniente in tempi brevi. Quella che manca ancora una volta è la visione strategica dei nostri decisori, sia a livello nazionale che locale, con alcune, purtroppo rare, eccezioni.
L'Italia ha l'invidiabile mix giusto di condizioni ambientali e sociali per fare per prima la scelta di transizione verso una civiltà che non brucia un bene insostituibile come il petrolio per permettere alla signora di andare in centro guidando un mezzo che pesa 60 volte quanto trasporta. Tanto più che non si tratta di rinunciare ad alcuna comodità, quanto di riconsiderare le proprie priorità ed avere chiaro il significato delle nostre scelte individuali, cosa esse comportano in termini di costi diretti ed occulti. Se venissero correttamente contabilizzati i veri costi della civiltà energetica basata sui combustibili fossili (costi sanitari, sociali, ambientali, ecc.), di colpo diventerebbero già convenienti senza alcun incentivo tecnologie oggi ritenute ancora fuori mercato e per questo incapaci di conquistarne rapidamente quote significative.
Anche qui giova ricordare che la presa di coscienza non può essere imposta, ma deve partire dal basso, diffondersi dal locale al centrale, non viceversa, per effetto e per la tenace azione di individui che decidono di fare, anziché aspettare di ricevere. L'unica azione richiesta alla politica è di non impedirglielo, rimuovendo i mille ostacoli normativi che ora impediscono, ad esempio, di sfruttare a fini energetici, il flusso idrico che ti passa sotto casa.
La mobilità di lungo percorso diventa risolvibile con i mezzi pubblici, un volta che a livello locale il problema del trasporto individuale è garantito e sostenibile.

Salute

L'attribuzione del presunto sfacelo della sanità pubblica alla regionalizzazione dimostra quanto sia ipocrita l'atteggiamento di chi scrive dell'argomento, senza neppure preoccuparsi di controllare i dati. La sanità da decenni è terreno fertile di clientele ed inefficienze, diffuse ma differenziate, ben prima che la delocalizzazione della funzione rendesse evidente la disparità di qualità tra i servizi eccellenti in alcune regioni e quelli da terzo mondo in altre, senza per altro apprezzabili differenze di costi, anzi spesso paradossalmente con costi maggiori laddove il servizio è peggiore. Anche nelle regioni che spendono di più a fronte di una qualità insufficiente esistono punte di eccellenza, il che sta a significare che ancora una volta la differenza la fanno le persone e che è possibile far bene anche in condizioni socio-ambientali avverse. Sarebbe ovvio cercare di uniformare le prestazioni ed i relativi costi al livello più favorevole per la collettività, ma è altrettanto ovvio che interessi privati di vario genere si intrecciano e si auto-rinforzano, a tutto danno del costo e della qualità del servizio. La clientela nelle assunzioni e nelle nomine ai vertici delle strutture sanitarie, pur minuziosamente regolamentate per legge, è ancora pratica tanto diffusa da essere percepita e subita come normale, stante la pratica diffusa di scambio dei ruoli tra valutatore e valutato, qui come in altri ambiti (ad esempio la ricerca), che vanifica ogni concetto di merito oggettivo dei candidati.
La commistione di interessi, tra le società farmaceutiche ed i produttori di attrezzature mediche da un lato ed i medici/manager della sanità dall'altro, è un problema diffuso su scala planetaria ed è al centro di aspri dibattiti anche in altri Paesi (ad esempio in USA), dove il codice etico degli operatori sanitari è ben più seguito che da noi. Mentre risulta oggettivamente difficile garantire un'assoluta obiettività nell'attribuzione di appalti ed incarichi, può essere utile avere un tariffario di riferimento a livello europeo, in modo da cercare almeno di conformarsi ai costi medi per prestazione, ovvero modalità di concorso per incarichi di responsabilità completamente online e pubbliche, per dar modo alla peer-review di svolgere correttamente il suo compito.
La ricerca in ambito medico è un esempio emblematico del conflitto di interessi tra pubblico e privato, che molto spesso non viene neppure percepito come tale o al limite considerato inevitabile, con conseguenze a volte drammatiche per medici, ricercatori e pazienti.
Particolare enfasi sulla prevenzione significa inoltre che lo Stato dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze di comportamenti e consumi ora non solo tollerati, ma sui quali il fisco lucra laute entrate (monopolio tabacchi ed alcolici, giochi e scommesse). I costi sociali e sanitari, che questo comportamento schizofrenico dello Stato comporta, non vengono analizzati se non in modo generico e senza quantificarne l'entità.
Un cambio di paradigma si impone anche nella presentazione di un modello di stile di vita che sia veramente salubre, non per necessità, ma per scelta, perché è del tutto evidente che, a differenza di un secolo fa, sono ora le fasce più povere della popolazione ad avere i maggiori problemi sanitari, specie quelli legati ad un'alimentazione non equilibrata, con apporto eccessivo di carboidrati, grassi e proteine, o ad uno stile di vita sedentario. E' dunque un problema innanzi tutto culturale, di educazione alla sana e corretta alimentazione, alla cura della salute mentale e fisica: una sfida che deve essere affrontata a livello capillare, con esempi virtuosi e con possibilità concrete e realistiche per tutti di imitarli.
Le associazioni Onlus ed i GAS possono in questo ambito svolgere un ruolo importante, se viene loro data la possibilità di diffondere le buone pratiche di cui sono promotori, senza gli infiniti vincoli normativi che di fatto le rendono impossibili al di fuori di ambiti ristretti e familiari.
La nostra società è inevitabilmente destinata a subire un progressivo invecchiamento: se il fenomeno si traduce in proporzionale aumento dei costi sanitari, la sanità pubblica è destinata al collasso. Se invece l'aumento medio della vita si traduce in un netto miglioramento della sua qualità in età avanzata, reso possibile da uno stile di vita salutare, la sanità pubblica potrà, pur con inevitabili adattamenti, continuare ad essere il modello di assistenza pubblica ed universale di cui anche la futura società potrà beneficiare appieno.

Istruzione

Si sente spesso dire, specie dagli addetti ai lavori in campo educativo, che il sistema scolastico nazionale è allo sfascio per mancanza di fondi. Da un'analisi obiettiva, come accennato sopra, (http://noisefromamerika.org/articolo/spesa-istruzione-italia), risulta invece che i nostri costi sono spesso superiori rispetto a quelli di Paesi nostri vicini, che vantano un sistema scolastico ben più performante. La differenza più eclatante tra noi e loro è la percentuale di costo che viene impiegata per i salari, da noi oltre il 16% più alta di quella della Finlandia, considerata l'eccellenza europea.
Di converso, i soldi spesi per le strutture ed i contenuti sono in pari proporzione ridotti. Significa dunque che, come per la sanità, si sono nel corso dei decenni stratificate nel sistema educativo pratiche distorte e diritti ritenuti acquisiti, che non solo costano troppo alla fiscalità generale, ma intralciano qualsiasi tentativo di modifica dello status quo e vanificano anche le proposte più ragionevoli, oltre che non preparare adeguatamente i nostri giovani all'ingresso nel mondo produttivo.
Una scuola che è auto-referenzialmente rivolta al suo interno, senza considerazione per ciò che serve alla società che la circonda, condanna il Paese alla marginalizzazione rapida, specie in un mondo dove la competizione tra chi detiene la conoscenza è sempre più serrata, e chi la deve comprare dagli altri deve pagare un prezzo sempre più alto.
L'Italia ha punte di eccellenza e scienziati che molti Paesi ci invidiano e cercano di strapparci, offrendo loro opportunità di carriera impensabili in patria. Teniamoceli stretti, perché è stolto spendere tanto nella loro preparazione e lasciare che siano i nostri concorrenti in campo globale a trarre i vantaggi del loro lavoro.
L'informatizzazione che timidamente si sta affacciando anche nel sistema educativo, fin dai primi anni, può essere una buona occasione di confronto diretto, di possibilità per le eccellenze di raggiungere una platea più vasta (esemplare il caso della Khan Academy, messa in piedi in pochi anni da una sola persona).
I nostri docenti, pur nelle contraddizioni della loro lotta quotidiana per trasmettere la conoscenza, possono oggi avvalersi di strumenti e fonti d'ispirazione che rendono il loro lavoro più interessante per chi lo fa e per chi lo riceve, in una parola più efficace. Certo, hanno essi stessi bisogno di tornare a scuola, prima come atteggiamento mentale, poi per imparare a sfruttare appieno le potenzialità dell'informatica applicata all'insegnamento. Non si può immaginare un docente che ne sa meno del suo discente sui mezzi per trovare informazioni e nozioni pertinenti. Né ci si deve aspettare che i discenti abbiano rispetto e stima di quei docenti che manifestano tanto poco interesse nei confronti del loro compito, da ritenere non valga la pena di spendere del tempo nell'apprendere le conoscenze adatte a trasmettere il loro messaggio.
La società informatizzata è certamente un problema generazionale, ma la scuola potrà ritrovare il suo ruolo di luogo dove la conoscenza viene appresa e codificata, dove avviene la maturazione da bambino a cittadino, solo se essa saprà anticipare, non seguire di malavoglia, l'evoluzione della conoscenza. A che serve infatti una scuola arretrata, avulsa dalla società, se non ad essere di peso per la collettività?
Verolanuova, 11/02/2013     Armido Cremaschi
Qualcuno può pensare che si tratti di sogni, ma io non rinuncio a sperare che tanti altri li condividano, per i nostri figli e nipoti.