lunedì 9 settembre 2013

Perché la storia non insegna

Di nuovo, si prospetta un intervento armato, che nelle intenzioni di chi lo vuole ad ogni costo, dovrebbe porre rimedio alla situazione drammatica in Siria. Come se le vicende in Iraq, Afganistan, Libia ed Egitto, per citare solo gli esempi più recenti, non fossero mai accadute e non avessero inequivocabilmente dimostrato che la forza delle armi, per quanto sofisticate, nulla può contro la determinazione della gente, sia a farsi male che a resistere all'oppressione. Senza entrare nel dettaglio del travaglio attraverso cui sta passando il mondo Islamico, travaglio che dovrebbe in ogni caso avere l'effetto di separare la religione (l'Islam) dalle conseguenze politiche e sociali della sua espressione temporale attuale, che alcuni (fondamentalisti) vorrebbero discendere come conseguenza dall'insegnamento del Profeta, giova considerare che l'apparente idealismo degli interventisti occidentali e medio-orientali può nascondere interessi meno confessabili, tanto più che situazioni di repressione altrettanto drammatiche in altre parti del mondo vengono ignorate sia dai media che da questi stessi paladini della democrazia.
La delusione rappresentata dal primo presidente USA nero è ancor più acuita dal fatto che gli sia stato attribuito il Nobel per la pace sulla fiducia che la sua politica estera fosse finalmente orientata al raggiungimento di una stabilità globale, con la diplomazia e con il dialogo. Purtroppo, gli intenti suoi e dei tanti che hanno creduto in lui si sono persi  per strada, sacrificati alla logica degli interessi commerciali e strategici. La voce di Papa Francesco, anche per chi non crede, è l'unica ragionevole speranza per salvare il mondo da uno scenario che potrebbe assumere tinte molto più drammatiche di quanto ci vanno spiegando gli esperti di guerra lampo tecnologica.
Anche solo basandosi sulla fisica, non è possibile che la distruzione possa arricchire l'umanità, ma solo un piccola parte di privilegiati e cinici, mentre per tutti gli altri c'è impoverimento. Lo sa anche uno studente delle superiori.
Meglio quindi leggere dietro le righe dell'indignazione di coloro che gridano allo scandalo dell'uso di armi di distruzione di massa, per giustificare l'uso di mezzi altrettanto distruttivi, se non nelle intenzioni, nelle reali conseguenze. Per non parlare dell'incognita di quel che succede dopo aver distrutto un regime (Iraq, Libia ed Egitto docent).

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